Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 ottobre 2020, n. 22993

Licenziamento collettivo, Crediti per lavoro dipendente,
Procedura concorsuale, Riconoscimento del credito per incentivo all’esodo

 

Rilevato che

 

– con decreto del 14 luglio 2016, il Tribunale di
Milano, pronunciando sulla opposizione proposta da U.R. avverso lo stato
passivo del fallimento della società O.M.B. (…) S.r.l. in liquidazione (in
prosieguo O.M.B.), diretta all’insinuazione nella procedura concorsuale di
crediti per lavoro dipendente, rigettava la stessa confermando l’esclusione
parziale del credito vantato, in ordine a indennità sostitutiva del preavviso,
ferie, PAR e tredicesima mensilità per l’anno 2012;

– il provvedimento del giudice delegato motivava
l’esclusione per avere il lavoratore rinunciato alle spettanze per effetto del
“verbale di conciliazione in data 15.1.2012 ed avendo ottenuto il
riconoscimento del credito per incentivo all’esodo in luogo dei predetti
crediti”;

– avverso il decreto ha proposto ricorso U.R.,
affidato a quattro motivi;

– il Fallimento non ha spiegato attività difensiva;

 

Considerato che

 

– con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. violazione
e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale ex artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1367 del codice civile, in relazione alla
interpretazione della conciliazione sindacale del 15.10.2012;

– il ricorrente ha esposto che nell’ambito della
procedura di licenziamento collettivo avviata dalla OMB era stato sottoscritto
in data 31.5.2012 un accordo-quadro con le organizzazioni sindacali, nel quale
venivano individuati i lavoratori oggetto di cessione di ramo d’azienda – con
prosecuzione del rapporto di lavoro con la società affittuaria – ed i criteri
di scelta dei lavoratori che sarebbero stati licenziati, prevedendo in favore
di

questi ultimi un incentivo all’esodo (euro 10.000 ),
previa formalizzazione della intesa individuale con verbale di conciliazione
sindacale;

– a seguito del licenziamento intimato in data 15
ottobre 2012 egli aveva sottoscritto un verbale di conciliazione sindacale, nel
quale, in corrispettivo della rinuncia ad impugnare il licenziamento, gli
veniva attribuito il suddetto incentivo: le competenze chieste in causa non
erano state invece oggetto di rinuncia come erratamente ritenuto dal giudice di
merito in base alla violazione dei criteri interpretativi della volontà
negoziale;

– con il secondo motivo – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 e nr. 5 cod. proc. civ. – si
deduce l’erronea interpretazione delle norme di legge in materia di TFR
maturato in corso di CIG in deroga, nonché violazione e falsa applicazione
delle norme di cui al D.Lgs. 148/2015 di
attuazione della legge 183/2014;

– con il terzo motivo si deduce la contraddittorietà
della motivazione relativamente alla situazione di altri dipendenti ammessi al
passivo;

– con il quarto motivo si deduce l’omessa pronuncia
del Tribunale circa la rilevanza, ai fini della decisione, dei cedolini – paga
prodotti in giudizio, nei quali sarebbero state riportate le somme a titolo di
competenze, preavviso e TFR che erano state ritenute dal Tribunale oggetto di
rinuncia;

– il primo, il terzo ed il quarto motivo, da
esaminarsi congiuntamente per ragioni logicogiuridiche, sono inammissibili;

– costituisce insegnamento costante di questa Corte,
ribadito di recente dalle Sezioni Unite (SU n. 34469 del 27/12/2019) il
principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili,
per violazione dell’art.366, comma 1, n. 6, c.p.c.,
le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il
ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel
ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni
necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello
svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la
Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza
precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la
loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità;

– nel caso di specie, appare evidente che tutte le
censure afferiscono alla conciliazione fra le parti avvenuta in data 15 ottobre
2012, della quale, tuttavia, non v’è traccia nel ricorso né nell’ambito della
documentazione ad esso allegata;

– nell’assenza completa di qualsivoglia allegazione
al riguardo, appare di tutta evidenza l’impossibilità per il Collegio di
valutare il contenuto dell’accordo conciliativo nonché dei cedolini che parte
ricorrente assume di aver prodotto e, pertanto, di statuire circa le voci
retributive asseritamente non oggetto di rinunzia da parte del lavoratore, così
avendo modo di verificare la correttezza dell’iter interpretativo del giudice
di merito;

– il secondo motivo, con cui si deducono l’erronea
interpretazione delle norme di legge in materia di TFR maturato in corso di CIG
in deroga, nonché la violazione e falsa applicazione delle norme di cui al D.Lgs. 148/2015 di attuazione della legge 183/2014, è infondato;

– va rilevato, al riguardo, che correttamente la
Corte richiama, con riguardo al TFR maturato durante il periodo di tempo in cui
il lavoratore è stato in CIGS, l’interpretazione di questa Corte (sul punto,
Cass. n. 15978/2009) secondo cui la quota di trattamento di fine rapporto
maturata durante il periodo di cassa integrazione, erogata ai sensi della legge n. 301 del 1979, grava esclusivamente
sull’INPS che, peraltro, sul proprio sito internet, riconosce il proprio
obbligo di versamento del TFR durante il periodo di CIG straordinaria allorché
dopo la sospensione non vi sia stata ripresa dell’attività lavorativa come,
effettivamente accaduto nel caso del R.;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il
ricorso deve essere respinto;

– nulla per le spese essendo parte controricorrente
rimasta intimata;

– sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato ai sensi del comma
1 – quater dell’art. 13 d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1 – bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 – bis dello stesso articolo 13),
se dovuto.

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