Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 dicembre 2020, n. 28223

Difformità tra la causale apposta al contratto e concrete
esigenze aziendali, Scioglimento del contratto per mutuo consenso,
Riscossione delle competenze di fine rapporto e lo svolgimento di altri
rapporti di lavoro, lnesistenza di concorde volontà di scioglimento, per fatti
concludenti, del vincolo contrattuale

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 232 depositata il 13.7.2015, la
Corte di appello di Venezia, respingendo il gravame di R.M. s.r.l., dichiarava
la illegittimità del contratto di somministrazione a cui aveva fatto ricorso,
ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003, in data 12.2.2007, la società
mediante l’agenzia U. s.p.a. per l’utilizzazione della prestazione lavorativa
di P.S.F., e ciò per difformità tra la causale apposta al contratto
(“incremento dell’attività produttiva”) e le concrete esigenze
aziendali (di avvio di nuova produzione), e – respinta l’eccezione di
scioglimento del contratto per mutuo consenso – dichiarava la costituzione,
dalla stessa data, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
con la suddetta società quale soggetto utilizzatore della prestazione di
lavoro;

2. per la cassazione della sentenza R.M. s.r.l. ha
fatto ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria;

3. la lavoratrice è rimasta intimata.

 

Considerato che

 

4. con il primo motivo, è denunziata violazione e
falsa applicazione degli artt. 1372 e 1375 cod.civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) per
aver ritenuto insufficiente, ai fini dello scioglimento del contratto per mutuo
consenso, il decorso del tempo e, comunque, per aver valutato atomisticamente gli
altri elementi concorrenti, quali l’accettazione di tutti i compensi di fine
rapporto nonché i successivi rapporti di lavoro a tempo determinato
intrattenuti dopo la cessazione del contratto di somministrazione;

5. con il secondo motivo è denunziata violazione
degli artt. 111 Cost. e 132 cod.proc.civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) per
motivazione apparente sia con riguardo alla valutazione della mancanza di
incrementi di produttività (che doveva essere correttamente effettuata non con
riferimento alla precedente struttura produttiva bensì al primo mese di inizio
dell’attività, essendo stata assunta, la F., il successivo secondo mese) sia
con riguardo ai “cali fisiologici” considerati dalla Corte
territoriale (trattandosi più semplicemente dei mesi collegati ai periodi di
ferie dei dipendenti);

6. con il terzo motivo è dedotta nullità del
procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) per
aver, la Corte territoriale, erroneamente valutato la documentazione prodotta
(in specie, i bilanci degli anni 2007, 2008 e 2009 e il prospetto
dell’andamento mensile dei fatturati) che, invece, dimostrava un continuo
progressivo aumento di produzione rispetto al mese di gennaio 2007 nonché
ritenuto irrilevante la prova testimoniale (articolata proprio sulla situazione
di aumento produttivo) dedotta in appello;

7. il primo motivo di ricorso è inammissibile, posto
che – come statuito da questa Corte (cfr Cass. n.1841 del 2016, Cass. n.2732 del 2016; più recentemente, Cass. n.
13660 del 2018) – l’accertamento di una concorde volontà delle parti diretta a
sciogliere un contratto costituisce un giudizio che attiene al merito della
causa (cfr Cass. S.U. n. 21691 del 2016) e, quindi, è demandato ad un accertamento
in fatto, potendosi desumere da comportamenti concludenti, anche attraverso il
ragionamento presuntivo;

8. tale orientamento ha poi recentemente espresso la
Cassazione con la sentenza n. 29781 del 2017 che, sulla scia delle decisioni
prima ricordate, a cui questo collegio ritiene di dare continuità, ha rilevato
come non è conferito al giudice di legittimità di riesaminare gli aspetti in
fatto della vicenda processuale, solo potendosi valutare la coerenza
logico-formale e la correttezza giuridica della decisione assunta dal giudice
di merito, “senza che sia consentito al giudice di legittimità sostituire
una massima di esperienza diversa da quella utilizzata , quando questa non sia
neppure minimamente sorretta o sia addirittura smentita”: in sostanza
l’accertamento dei giudice di merito potrà essere sindacato in questa sede nei
limiti in cui tale accertamento non violi i dettami dell’art.360 c.1 n.5 c.p.c., applicabile ratione
temporis.

9. nel caso in esame, la Corte di merito ha
coerentemente e senza vizi logico giudici considerato non soltanto l’elemento
temporale (ritenuto non significativo in quanto di breve periodo), ma anche la
convergenza di ulteriori elementi in fatto – nello specifico la riscossione
delle competenze di fine rapporto e lo svolgimento di altri rapporti di lavoro
a tempo determinato – pervenendo ad una valutazione complessiva, insindacabile,
che l’ha potata a dichiarare l’inesistenza di una concorde volontà di
scioglimento, per fatti concludenti, del vincolo contrattuale;

10. il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono
inammissibili, posto che il ricorrente, lungi dal prospettare a questa Corte un
vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 nella parte in cui il
giudice del merito ha accertato, alla luce delle risultanze del processo,
l’illegittimità della causale apposta al contratto di somministrazione in
considerazione dell’avvio dell’attività produttiva il mese precedente l’inizio
della collaborazione della F., si induce piuttosto ad invocare una diversa
lettura delle risultanze procedimentali così come accertata e ricostruite dalla
Corte territoriale, muovendo così all’impugnata sentenza censure del tutto
inammissibili, perché la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della
scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
involgono apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di
merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della
propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare
una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente
possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro
tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a
confutare qualsiasi deduzione difensiva.

11. è principio di diritto ormai consolidato quello
per cui l’art. 360 cod.proc.civ., n. 5 non
conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il
potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso,
il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della correttezza
giuridica – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale
soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento valutando le prove, controllandone la logica attendibilità e la
giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla
dimostrazione dei fatti in discussione (eccezion fatta, beninteso, per i casi
di prove cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale
civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una
deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente
(perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del
giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di
risultanze di fatto (cfr. S. U., Sentenza n. 26242 del 2014);

12. del pari, è inammissibile la doglianza,
contenuta nel terzo motivo, di mancata ammissione della prova testimoniale
posto che, secondo consolidato orientamento di questa Corte, l’omessa
ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per
cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione
su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa
ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da
invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia
delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del
giudice di merito (Cass. n. 5654 del 2017, Cass. n. 27415 del 2018, Cass. n.
16214 del 2019);

13. nella specie, la Corte territoriale ha rilevato
che era lo stesso contenuto della causale posta a fondamento del contratto di
somministrazione (“esigenze connesse all’incremento dell’attività
produttiva”) ad escludere l’effettività delle esigenze aziendali (“e
perciò a rendere irrilevanti istanze istruttorie di cui è chiesta l’ammissione
anche in questo grado”) avendo la stessa società dedotto di aver appena
avviato la produzione, comportando l’impossibilità di confrontare le esigenze
con una produzione precedente;

14. in conclusione, il ricorso è inammissibile;
nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione della
controparte;

15. sussistono i presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato previsto dal d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il
ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 -bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

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