In caso di prestazioni elementari e ripetitive non rilevano, ai fini della qualificazione di un rapporto come subordinato, l’assenza di un potere disciplinare e di un potere direttivo esercitati in modo continuativo.

Nota a Cass. 26 novembre 2020, n. 27076

Francesco Belmonte e Sonia Gioia

Al fine di configurare subordinata una prestazione lavorativa, può non risultare significativo il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare, qualora le prestazioni richieste siano elementari e ripetitive.  Occorre infatti fare ricorso a “criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, senza che rilevi, di per sé, l’assenza di un potere disciplinare, né quella di un potere direttivo esercitato in modo continuativo”.

Questa, l’interessante pronunzia della Corte di Cassazione 26 novembre 2020, n. 27076 (v. anche Cass. n. 23846/2017 e Cass. n. 9251/2010), la quale precisa che:

la permanenza nel tempo dell’obbligo del lavoratore di tenersi a disposizione del datore di lavoro non costituisce uno dei tratti caratteristici indefettibili della subordinazione (Cass. n. 58/2009 e Cass. n. 7304/1999). Per cui la scarsità e saltuarietà delle prestazioni rese da un lavoratore non rappresentano elementi idonei a qualificare come autonomo il rapporto di lavoro intercorso tra le parti.

Gli indici che rilevano, invece, sono: “l’assenza di rischio economico per il lavoratore, l’osservanza di un orario e l’inserimento nell’altrui organizzazione produttiva, specie in relazione al coordinamento con l’attività degli altri lavoratori”. In particolare, “la prestazione di attività lavorativa onerosa all’interno dei locali dell’azienda, con materiali ed attrezzature proprie della stessa e con modalità tipologiche proprie di un lavoratore subordinato, in relazione alle caratteristiche delle mansioni svolte, comporta una presunzione di subordinazione, che è onere del datore di lavoro vincere” (Cass. n. 18692/2007).

Peculiare la fattispecie quale emerge dall’accertamento della Corte territoriale, la quale aveva evidenziato che le prestazioni concretamente svolte, con compiti di magazziniere, si erano discostate in modo considerevole dalla pattuita collaborazione a progetto. Il progetto prevedeva essenzialmente un’attività di archiviazione della documentazione, nonché di ricezione del materiale ed il compimento di pratiche amministrative di vario genere. Tali prestazioni erano state di carattere elementare e ripetitivo (si pensi alle operazioni di carico e scarico ed a quelle di riempimento degli scaffali), sicché non era da considerarsi rilevante:

– il fatto che non vi fosse stata costante sottoposizione al potere direttivo e organizzativo dell’imprenditore” (era però emerso che il collaboratore aveva ricevuto direttive di massima all’inizio della sua attività, e faceva “riferimento, nel corso della medesima, ad un dipendente della società”, il quale, di volta in volta, gli impartiva disposizioni circa la collocazione del materiale);

– l’inesistenza del requisito della continuità della prestazione (l’attività era sostanzialmente a chiamata), “avuto riguardo al pieno inserimento degli stessi nell’organizzazione della società, allo svolgimento dell’attività all’interno dei locali aziendali e mediante l’utilizzo di materiali e di attrezzature appartenenti alla medesima, all’assenza di rischio economico, alla sostanziale riconducibilità della prestazione alle modalità tipologiche proprie del lavoro subordinato”.

Indici della subordinazione e prestazioni elementari
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