Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 febbraio 2021, n. 3181

Licenziamento, Natura discriminatoria, Conoscenza da parte
del datore di lavoro delle nozze programmate dalla dipendente, Accertamento

 

Rilevato che

 

con la sentenza impugnata la Corte d’appello di
Bologna confermava la decisione del giudice di primo grado che aveva accolto la
domanda proposta da C.M., dipendente della Farmacia S.A. s.a.s., volta a
ottenere la declaratoria di illegittimità del recesso intimatole, in ragione
della sua natura discriminatoria; rilevava la Corte territoriale che doveva
ritenersi presunta la conoscenza da parte del datore di lavoro delle nozze
programmate dalla dipendente, risultando edotti della circostanza i colleghi di
lavoro, nell’ambito di una ristretta dimensione occupazionale e alla presenza
costante del socio accomandatario nella farmacia;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso
Farmacia S. A. & C. s.a.s. sulla base di tre motivi;

la lavoratrice ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata
alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio non partecipata;

 

Considerato che

 

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione della legge
n. 108 del 1990, articolo 3, dell’art. 2119 c.c.,
della I n. 300 del 1970 art. 18 in relazione
all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere la
Corte d’appello valutato il carattere discriminatorio del licenziamento e
applicato la tutela reale in luogo di quella obbligatoria, osservando che non
avendo la C. riferito all’accomandatario la sua intenzione di sposarsi non era
ravvisabile la rilevata discriminazione;

con il secondo motivo si deduce l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente
rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione, in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.: si osserva che
sarebbe ravvisabile la mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico in ragione di un salto nel ragionamento a pg. 7, rigo 10, non essendovi
alcuna connessione con il periodo precedente interrotto;

con il terzo motivo deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 2729 c.c. in relazione
all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la
Corte d’appello presunto la conoscenza da parte del dott. D. delle nozze della
dipendente, con conseguente inammissibilità della praesumptio de presumpto su
cui era basata la discriminatorietà del recesso, osservando che la conoscenza
era stata presunta a contrario con ragionamento assiomatico di doppia
negazione, oltrepassando i limiti di cui all’art.
2729 c.c.; il primo motivo è inammissibile, perché investe la valutazione
istruttoria in forza della quale la Corte di merito ha desunto la conoscenza in
capo al datore di lavoro delle nozze programmate dalla dipendente, con ciò
prospettando, sub specie di violazione di legge, una rivalutazione dei fatti
(Cass. n. 8758 del 04/04/2017, Cass. SU 34476 del
27/12/2019);

il secondo motivo è allo stesso modo inammissibile
per quanto attiene alla censura dedotta ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., versandosi in un’ipotesi di
doppia conforme in fatto (cfr. Cass. n. 26774 del 22/12/2016), mentre, per ciò
che riguarda la violazione di legge, pure dedotta, non si ravvisano gli estremi
di una motivazione mancante o meramente apparente, poiché l’iter motivazionale
esiste ed è ben comprensibile, non evidenziandosi profili di manifesta
illogicità e contraddittorietà (Cass. n. 23940 del 12/10/2017);

in ordine al terzo motivo, va rilevato che non è
ravvisabile una presumptio de presunto (che pretende di valorizzare come fatto
noto una presunzione, per derivarne altra presunzione), poiché il ragionamento
poggia su una sola presunzione, fondata su molteplici elementi di fatto (la
circostanza delle programmate nozze era definita dai testi come notoria
nell’ambito di un ristretto ambiente lavorativo e il dott. D. era costantemente
presente in farmacia), mentre, per altro verso, va richiamata la costante
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la prova per presunzione
semplice può anche costituire l’unica fonte del convincimento del giudice, poiché
integra apprezzamento in fatto, insindacabile purché sostenuto, come nel caso
in esame, da congrua motivazione (Cass. 5484 del 26/2/2019);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va
rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi € 4.200,00, di cui
€ 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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