Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 marzo 2021, n. 5825

Documento Unico di Regolarità Contributiva senza indicazioni
di irregolarità, Irregolarità contributive a carico dei soci della società
istante, Situazioni estranee alla loro partecipazione nella società,
Attribuzioni del giudice ordinario, Divieto di annullare, modificare o
revocare un provvedimento amministrativo, Proponibilità innanzi al giudice
ordinario di domanda tesa all’accertamento di una situazione di “regolarità
contributiva”, ma non di condanna al rilascio del DURC

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata l’11.12.2014, la Corte
d’appello di Trento ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
ordinato all’INPS di emettere il Documento Unico di Regolarità Contributiva senza
indicazioni di irregolarità a carico di Costruzioni Edili F.lli B. & C.
s.n.c.- La Corte, in particolare, ha condiviso l’assunto del primo giudice
secondo cui eventuali irregolarità contributive a carico dei soci della società
istante, ove relative a situazioni estranee alla loro partecipazione nella
società, non potevano refluire in danno della società stessa e ha confermato la
sentenza anche nella parte recante la statuizione di condanna al facere.

Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per
cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura, successivamente
illustrato con memoria. Costruzioni Edili F.lli B. & C. s.n.c. ha resistito
con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt.
4 e 5, I. n. 2248/1865, all. E, e 4, 5, 6 e 7 c.p.a., per essersi la Corte di merito
sostituita ad esso nella valutazione discrezionale concernente la regolarità
della posizione contributiva dell’impresa odierna controricorrente ed altresì
per avergli ordinato di emanare il Documento Unico di Regolarità Contributiva
senza indicazioni di irregolarità.

Il motivo è solo parzialmente fondato.

Va premesso, al riguardo, che – come correttamente
rilevato dall’Istituto ricorrente – il Documento Unico di Regolarità
Contributiva (c.d. DURC) ha la funzione di certificare il regolare versamento
dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi da parte di imprese e
lavoratori autonomi che partecipino a gare indette per l’affidamento di appalti
pubblici o di concessioni di servizi o ancora che, nel settore dell’edilizia,
realizzino lavori o opere in favore di committenti privati (cfr. in tal senso
già l’art. 3, comma 8, lett. b),
I. n. 494/1996, la cui disciplina è stata prima riscritta dall’art. 2, d.l. n. 210/2002, conv.
con I. n. 
266/2002, poi dall’art.
38, d.lgs. n. 163/2006, e nel frattempo estesa ai committenti privati nel
settore edilizio dall’art. 86,
comma 10, d.lgs. n. 276/2003).

Più in particolare, i contenuti del c.d. DURC sono
individuati dal d.m. 24.10.2007, emanato in
attuazione dell’art. 1, comma
1176, I. n 296/2006, il quale, per quanto qui rileva, nel ribadire che esso
«è richiesto ai datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi
e contributivi in materia di lavoro e legislazione sociale previsti
dall’ordinamento nonché ai fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni
previsti dalla disciplina comunitaria», ed altresì «ai datori di lavoro ed ai
lavoratori autonomi nell’ambito delle procedure di appalto di opere, servizi e
forniture pubblici e nei lavori privati dell’edilizia» (art. 1), stabilisce che
la “regolarità contributiva” sussiste qualora vi sia «correntezza
degli adempimenti mensili o, comunque, periodici», «corrispondenza tra
versamenti effettuati e versamenti accertati dagli Istituti previdenziali come
dovuti» e «inesistenza di inadempienze in atto» (art. 5, comma 1), premurandosi
poi di chiarire, da un lato, che la regolarità contributiva non è compromessa
da eventuali richieste di rateizzazione di pagamenti o da sospensione di essi
che siano previste da disposizioni di legge o ancora da documentate istanze di
compensazione (art. 5, comma
2), e, dall’altro, che non costituiscono cause ostative al rilascio del DURC
talune ipotesi in cui sulla sussistenza o meno del credito sussista contenzioso
amministrativo o giurisdizionale in atto (art. 8, commi 1, 2 e 4) ed altre
in cui vi sia «uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate»,
così intendendosi uno «scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e
quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o,
comunque, uno scostamento inferiore ad euro 100,00, fermo restando l’obbligo di
versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio
del DURC» (art. 8, comma 3).

Tanto premesso, è evidente che il giudizio sulla
sussistenza o meno della “regolarità contributiva” non presenta
affatto quei margini di discrezionalità che invece rivendica l’INPS al fine di
sostenere addirittura che la controversia circa il suo mancato rilascio
sfuggirebbe alla giurisdizione del giudice ordinario: fermo restando che, nella
presente controversia, non è più dato di discorrere circa la spettanza
della  giurisdizione, ostandovi il
vincolo del giudicato interno (così da ult. Cass. S.U. n. 10265 del 2018),
risulta all’opposto dalla normativa dianzi cit. che l’unico presupposto
realmente sotteso all’accertamento della “regolarità contributiva” è
l’adempimento delle obbligazioni concernenti contributi e premi, oltre che di
eventuali versamenti dovuti alle casse edili, e che le stesse ipotesi in cui la
presenza di un inadempimento non è d’ostacolo al rilascio del DURC sono
rigidamente tipizzate dalle fonti primarie e secondarie, per modo che l’ente
previdenziale preposto al suo rilascio non è chiamato ad esercitare, nell’ambito
del relativo procedimento, poteri discrezionali, ma deve esclusivamente
verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti normativamente
previsti nello svolgimento di una attività vincolata, di carattere meramente
ricognitivo, della cui natura partecipa anche il giudizio tecnico concernente
la verifica di cause che non siano ostative al suo rilascio; ed è appena il
caso di soggiungere che contrari argomenti non è dato desumere da Cass. S.U.
nn. 25818 del 2007 e 3169 del 2011, atteso che in tali pronunce la
giurisdizione del giudice amministrativo è stata affermata in ordine al
giudizio (chiaramente incidentale) sulla regolarità del DURC nelle controversie
aventi ad oggetto l’aggiudicazione di appalti pubblici, notoriamente rimesse
alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò chiarito, deve nondimeno escludersi che il
giudice ordinario, chiamato a decidere su una controversia in cui un’impresa o
un lavoratore autonomo lamenti il mancato rilascio del DURC per presunte
irregolarità contributive, possa condannare l’ente previdenziale a rilasciarlo:
osta al riguardo la previsione dell’art.
4, I. n. 2248/1865, all. E, la quale, nel prevedere il divieto, a carico
del giudice ordinario, di condannare la P.A., o un concessionario di un
pubblico servizio, ad un facere, non detta una regola sul riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, ma investe
piuttosto l’individuazione dei limiti interni posti dall’ordinamento alle attribuzioni
del giudice ordinario, che concernono appunto il divieto di annullare,
modificare o revocare il provvedimento amministrativo (così, tra le più
recenti, Cass. S.U. n. 23835 del 2004); ed è affatto consolidato, nella
giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il principio secondo cui la
competenza giurisdizionale del giudice ordinario su una domanda con la quale un
privato insorga contro atti e comportamenti di una pubblica amministrazione che
siano lesivi delle sue posizioni di diritto soggettivo e non trovino fondamento
nell’esercizio di poteri discrezionali idonei a degradarle in meri interessi
legittimi, non viene meno per il fatto che l’attore abbia anche richiesto una
pronuncia che implichi annullamento, modifica o revoca di provvedimento amministrativo
o abbia portata sostitutiva del medesimo, con condanna dell’amministrazione ad
un facere, atteso che ciò implica solo il dovere del giudice adito, nel
rispetto dei limiti interni dei suoi poteri giurisdizionali, di astenersi
dall’emanare la pronuncia richiestagli (cfr. per tutte Cass. S.U. n. 600 del
1979 e innumerevoli successive conformi).

Pertanto, non potendo validamente proporsi davanti
al giudice ordinario alcuna domanda di condanna al rilascio del DURC, ma solo –
e in presenza, beninteso, un interesse ex art. 100
c.p.c. – all’accertamento di una situazione di “regolarità
contributiva”, la sentenza impugnata va cassata in parte qua, ex art. 382, ult. co ., secondo periodo, c.p.c.-
Tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del gravame, si ravvisano giusti
motivi per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Cassa in parte qua la sentenza impugnata e compensa
le spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 marzo 2021, n. 5825
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