Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 aprile 2021, n. 11432

Opposizione cartelle esattoriali Inps, Prescrizione
applicabile, Mancata produzione dei DM 10, Completezza della comunicazione
del curatore circa l’entità e la natura del credito

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d’appello di Torino, in sede di rinvio a
seguito dell’ordinanza di questa Corte n 1066/2012, ha accolto parzialmente
l’opposizione proposta dalla T.I. avverso due cartelle emesse su richiesta
delI’Inps ed ha determinato in Euro 135.321,00 le somme dovute circa la prima
cartella ed in Euro 234.248 per la seconda cartella.

La Corte, per quel che qui rileva, ha ritenuto che
il credito era portato dai DM 10 direttamente compilati dal datore di lavoro;
che la prescrizione applicabile come accertato dalla sentenza della Corte di
Cassazione era decennale avendo l’istituto interrotto la prescrizione nel 1990
con l’insinuazione al passivo prima della L. n.
335/1995 e che il termine era stato interrotto nel 1997 e nel 1998 con le
diffide inviate al debitore.

La Corte ha ritenuto che fosse applicabile il regime
sanzionatorio relativo all’omissione e non all’evasione posto che il credito
era stato accertato in forza dei DM 10 e che dovesse applicarsi il regime più
favorevole introdotto dalla L. n. 388/2000
anche nella fattispecie in quanto sebbene il credito fosse stato accertato
prima del 30/9/2000 l’attività della società era cessata e non sarebbe stato
più possibile il conguaglio di cui all’art. 116 comma 18.

2. Avverso la sentenza ricorre la soc T. snc di B. e
S. con tre motivi. Resistono Equitalia nord e l’Inps.

 

Ritenuto in diritto

 

3. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 cc per avere la Corte ritenuto provato
il credito dell’Inps, sebbene l’Istituto non avesse mai prodotto i modelli DM
10 e la soc. avesse contestato il credito. Osserva, inoltre, che non avevano
nessun valore probatorio l’ammissione al passivo della società e la successiva
comunicazione del curatore di accoglimento dell’ istanze.

4. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 132 n 4 cpc stante la violazione dell’obbligo
di motivare in ordine alle eccezioni di insufficienza dei documenti prodotti
dall’Inps.

5. Con il terzo motivo la soc. denuncia omesso esame
di un fatto decisivo oggetto di discussione, ovvero l’idoneità della
documentazione prodotta dall’Inps a costituire prova del credito contributivo
pur in presenza di contestazioni.

6. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro
connessione, sono infondati.

7. Va, in primo luogo, rilevato che è censurabile
per cassazione, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3
c.p.c., la violazione dell’art. 2697 cc
soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad
una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione
delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e
non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia
svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n.
13395 del 2018); nella specie chi ricorre critica, in realtà, l’apprezzamento
operato dai giudici del merito circa l’esistenza della prova del credito
dell’Istituto previdenziale opponendo una diversa valutazione del materiale
probatorio, inammissibile in questa sede.

8. Quanto alle altre censure va, altresì, rilevato
che il ricorso, ove denuncia in relazione all’art.
360 n. 5 cpc l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di
discussione tra le parti, è inammissibile non presentando alcuno dei requisiti
richiesti dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod.
proc. civ. nella nuova formulazione (così come interpretato da SU n. 8053 del 07/04/2014) finendo: a) con il lamentare
non l’omesso esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e
quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario
(ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato)
o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria), bensì l’omessa o
carente valutazione di risultanze istruttorie; b) con il criticare la
sufficienza del ragionamento logico posto alla base dell’interpretazione di
determinati atti del processo, e dunque un caratteristico vizio motivazionale,
in quanto tale non più censurabile (si veda la citata Cass., S.U., n. 8053/14 secondo cui il controllo
della motivazione è ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4
dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua
volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui
all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione).

11. Nella fattispecie in esame la Corte ha indicato
le ragioni del proprio convincimento ed ha spiegato, in maniera esaustiva e
niente affatto perplessa, le ragioni della decisione che escludono la fondatezza
delle pretese della ricorrente.

La Corte ha, infatti, rilevato che nelle cartelle
erano indicati i modelli DM 10, ovvero le denunce mensili di versamento dei
contributi previdenziali obbligatori non versati dalla ricorrente, le somme
dovute e i periodi di riferimento e che il credito da DM 10 era credito
denunciato direttamente dal datore di lavoro che afferma e riconosce la propria
qualità di debitore nei confronti dell’Istituto per gli importi denunciati
dalla stesso compilante. Ha esposto, inoltre, che per il credito l’istituto
previdenziale era stato ammesso al passivo del fallimento della società, come
risultava dalla comunicazione dell’avvenuta ammissione al passivo effettuata
dal curatore del fallimento, idonea a provare il credito atteso la completezza
della comunicazione del curatore circa l’entità e la natura del credito ammesso
e dunque l’irrilevanza della mancata produzione dei DM 10.

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del
presente giudizio.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n.
115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare
le spese di lite liquidate in Euro 12.000,00, oltre 15% per spese generali ed
accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi, per ciascuno dei
controricorrenti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

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