Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2021, n. 12420

Aziende pubbliche, Utilizzo del lavoro autonomo occasionale,
Illegittimità dei contratti a tempo determinato, Sussistenza di un rapporto di
lavoro subordinato, Divieto di assunzione di personale in assenza di procedura
concorsuale

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso ex art. 700
c.p.c. al Tribunale di Bari, L.C. deduceva di aver prestato in Bari
attività lavorativa in favore dell’A. con mansioni di manutenzione interna su
strutture edili di proprietà di quest’ultima, dal gennaio 2007 sino al dicembre
2011, attraverso differenti tipologie contrattuali: un contratto di lavoro
autonomo dal gennaio 2007 al maggio 2008; vari contratti di lavoro a tempo determinato
in regime di somministrazione nei periodi successivi (al maggio 2008) fino
all’ottobre 2011, attività lavorativa proseguita successivamente, senza alcun
tipo di contratto, sino al dicembre 2011 allorquando venne in tesi licenziato
oralmente.

Denunciava il superamento del limite all’utilizzo
del lavoro autonomo occasionale ex artt.
61 e 69 del D. Lgs. n. 2763
e l’illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati, chiedeva che
venisse accertata e dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, quantomeno dall’agosto 2007, con conseguente condanna della
resistente alla sua riammissione in servizio ed al pagamento di tutte le retribuzioni,
medio tempore maturate, come operaio inquadrato nel terzo livello del C.C.N.L.
Gas – Acqua.

Costituitosi il contraddittorio, l’A. contestava
integralmente la domanda e, in considerazione del particolare petitum
giudiziale che involgeva il principio costitutivo di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, chiedeva il rigetto di tutte le avverse domande a causa
principalmente del divieto posto per legge a Province, Comuni ed aziende
pubbliche, di convertire in rapporti a tempo indeterminato le assunzioni
temporanee effettuate da essi in difetto di concorso e procedura selettiva.

Il primo giudice, con ordinanza del 26.06.12
ordinava la riammissione in servizio del C. come lavoratore a tempo pieno ed
indeterminato con condanna della società al pagamento delle retribuzioni
maturate, con gli accessori di legge.

Il provvedimento veniva confermato dal Tribunale con
sentenza n. 874613, avverso la quale proponeva appello la s.p.a. A.; resisteva
il C..

Con sentenza pubblicata il 24.2.16, la Corte
d’appello di Bari rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso
la società, affidato a due motivi; resiste il C. con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. – Con il primo motivo la società ricorrente
denuncia la violazione eo falsa applicazione degli artt.
342 e 434 c.p.c. per avere, in tesi, la
Corte territoriale dichiarato l’irritualità del ricorso in appello.

Il motivo è palesemente inconferente non avendo la
sentenza impugnata dichiarato l’inammissibilità del gravame, avendolo piuttosto
respinto nel merito.

2. – Con secondo motivo la ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 12 preleggi, dell’art. 5, co. 15 e 17 del d.l. n.
70278, dell’art. 115 (recte:18) del d.l. n.1128, convertito in L. n. 1338.

Deduce che la sentenza impugnata ritenne
erroneamente che la società A., a totale partecipazione pubblica, non fosse
soggetta ai divieti di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato
al di fuori delle procedura concorsuali o di evidenza pubblica.

Il motivo, teoricamente condivisibile, è tuttavia
nel caso di specie infondato.

2.1- Deve infatti evidenziarsi che il divieto di
assunzione senza pubblico concorso (o procedura ad evidenza pubblica) di cui
alle norme invocate sussiste anche nei casi di accertamento giudiziale della nullità
di contratti a termine con connesso ripristino del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato nei confronti di aziende municipalizzate o società a totale
partecipazione pubblica (cfr., ex aliis, Cass. n. 2358019, n. 681818,
n.667218, n. 552418, n. 359518, n. 2137818, n. 2540020).

Va infatti chiarito che anche la L. n. 1338 stabiliva che: “A decorrere dal
sessantesimo giorno successivo data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi
pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri
provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il
conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165”, e dunque l’obbligo di
adottare il regime del pubblico concorso per il reclutamento del personale.

Va del resto rammentata C.Cost. n. 292006 (ma vedi
già C.Cost. n. 46693) secondo cui non era fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera f), della legge della Regione
Abruzzo n. 23 del 2004, in relazione all’ art. 117,
secondo comma, lettera I), Cost., in quanto detta disposizione, nel
prevedere che le società a capitale interamente pubblico, affidatane del
servizio pubblico, sono obbligate al rispetto delle procedure di evidenza
pubblica imposte agli enti locali per l’assunzione di personale dipendente,
porrebbe a carico di società private obblighi e oneri non previsti per
l’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato ed invade quindi la
competenza esclusiva statale nella materia “ordinamento civile”. Ed
invero, la disposizione in esame non è volta a porre limitazioni alla capacità
di agire delle persone giuridiche private, bensì a dare applicazione al
principio di cui all’art. 97 della Costituzione
rispetto ad una società che, per essere a capitale interamente pubblico,
ancorché formalmente privata, può essere assimilata, in relazione al regime
giuridico, ad enti pubblici.

2.2 – Nel caso di specie, tuttavia, risulta
accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sin dal 2007,
allorquando la disciplina vincolistica in tema di divieto di assunzione di
personale, in assenza di procedura concorsuale, da parte di società a totale
partecipazione pubblica di enti locali, non era ancora sussistente, questa
derivando, come detto, dal d.l. 25.6.08 n. 112,
poi convertito in L. n. 1338, e dalla
successiva disciplina legale in materia.

3. Il ricorso deve essere dunque rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate
come da dispositivo, debbono distrarsi in favore della difensore del C.,
dichiaratasi antecipante.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad
€.5.250,00 per compensi professionali, € 250,00 per esborsi, oltre spese
forfettarie nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore
dell’avv. M.A. P..

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
1152, nel testo risultante dalla L. 24.12.12
n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

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