Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 maggio 2021, n. 13774

Accertamento natura subordinata del rapporto formalmente,
Borse di studio per l’addestramento, Declaratoria di inefficacia del
licenziamento, Ricorso in appello proposto oltre il termine di 6 mesi, Causa
non imputabile di rimessione in termini, Mancanza richiesta formale e
tempestiva

 

Rilevato che

 

La Corte d’appello di Catanzaro dichiarava
inammissibile l’appello proposto da M.G. avverso la sentenza di primo grado che
aveva dichiarato inammissibili, perché ritenute attratte nella competenza del
giudice fallimentare, le domande proposte dal predetto nei confronti della
Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo L.C. in L.c.a. e della B.S.C.C.
s.p.a., volte ad ottenere l’accertamento della natura subordinata del rapporto
formalmente intrattenuto in virtù di borse di studio per l’addestramento, con
conseguente declaratoria di inefficacia del licenziamento intimato oralmente e
reintegra nel posto di lavoro;

a fondamento della decisione la Corte rilevava che
l’impugnazione era tardiva perché la sentenza del Tribunale era stata
depositata il 4/2/2016, sicché il ricorso in appello, depositato il 5/8/2016,
risultava proposto oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c.,
nella formulazione della I. n. 69/2009, applicabile nella fattispecie, essendo
stato il giudizio di primo grado proposto nell’anno 2013;

rilevava, inoltre, la Corte territoriale che alcun
rilievo assumeva la circostanza che per errore il ricorso in appello fosse
stato inoltrato telematicamente il 4/4/2016 al Tribunale di Cosenza invece che
alla Corte d’appello, non ravvisandosi una causa non imputabile di rimessione
in termini, peraltro neanche formalmente richiesta;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione
M.G. sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

resistono le convenute con controricorso;

la proposta del relatore, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza camerale non partecipata è stata notificata alla
controparte.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 153 c.p.c. 24 Cost. 6 CEDU e dell’art. 116
c.p.c. in relazione alla mancata valutazione delle prove, degli artt. 24 e 111
Cost. e insufficiente motivazione, ai sensi degli artt. 360 n. 3 e 360 n. 5
c.p.c. osservando che, contrariamente a quanto asserito nella sentenza
impugnata, a seguito della formulazione dell’eccezione di inammissibilità, il
difensore, in udienza, aveva avanzato espressa richiesta di rimessione in termini
e chiesto, in subordine, che fosse valutata la sussistenza di errore scusabile;

il motivo di ricorso è inammissibile poiché, a
fronte del rilievo contenuto nella sentenza circa l’assenza di richiesta di
rimessione in termini, il ricorrente non allega gli atti o i verbali nei quali
l’istanza sarebbe stata formulata, né riproduce il tenore della medesima in
ossequio al canone di autosufficienza, sì da poterne vagliare la tempestività e
immediatezza;

va ricordato, inoltre, che, con riferimento alla
tempestività dell’istanza di rimessione in termini concernente lo specifico
caso dell’impugnazione, questa Corte (Cass. n. 19290 del 29/09/2016) ha avuto
modo di rilevare che « L’appellante che si sia limitato a resistere
all’eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata “ex adverso”,
ma non abbia formalmente e tempestivamente richiesto, con l’atto di gravame, di
essere rimesso in termini, non può dolersi della declaratoria di
inammissibilità dell’appello deducendo, con il ricorso per cassazione, la
violazione della disciplina della rimessione in termini, poiché quest’ultima,
tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis cod. proc. civ., quanto in
quella di cui al novellato art. 153, comma 2, cod. proc. civ., presuppone la
tempestività dell’iniziativa della parte, da intendere come immediatezza della
reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai
preclusa», mentre nel caso in esame è pacifico che l’istanza non sia stata
formulata con l’atto d’impugnazione;

per altro verso, il ricorrente neppure indica le
vicende dell’appello (esito della notifica, avvenuto deposito) che assume di
aver erroneamente notificato il 4/4/2016 al Tribunale piuttosto che alla
competente Corte d’appello, così non consentendo di poter valutare nella specie
dell’istituto della translatio iudicii (Cass. n. 18121 del 14/09/2016);

con il secondo motivo il ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art. 130 I. 115/2002 in relazione alla
mancata revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese dello stato e
della condanna alle spese, nonché violazione degli artt. 3, 24 terzo comma
della Costituzione, lamentandosi della avvenuta liquidazione delle spese nei
suoi confronti nonostante l’ammissione al gratuito patrocinio;

il motivo è infondato in base al principio enunciato
da Cass. n. 10053 del 19/06/2012 “Il patrocinio a spese dello Stato nel
processo civile, ex art. 74, comma secondo, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non
vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata
a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa, perché “gli onorari e le
spese” di cui all’art. 131 d.P.R. cit. sono solo quelli dovuti al
difensore della parte assistita dal beneficio, che lo Stato si impegna ad
anticipare”;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va
complessivamente rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza;

in considerazione della statuizione, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, deii’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.200,00, di cui € 200,00
per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R.
n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma del comma l-bis dello stesso
art. 13.

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