Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 maggio 2021, n. 14688

Lavoro, Dirigente amministrativo, Cessazione del rapporto di
lavoro senza preavviso, Sopravvenuta inidoneità assoluta al servizio,
Riliquidazione dell’indennità di premio di servizio

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Bari, accogliendo l’appello
dell’INPS (successore dell’INPDAP) ed in riforma della sentenza di primo grado,
ha rigettato la domanda di G.C., dirigente amministrativo presso l’AUSL BA/4
sino al 31 marzo 1989 (data di cessazione del rapporto di lavoro senza
preavviso per sopravvenuta inidoneità assoluta al servizio), volta ad ottenere
la riliquidazione dell’indennità di premio di servizio con la inclusione
dell’indennità di mancato preavviso che gli era stata erogata, a seguito di
contenzioso intercorso con la ex datrice di lavoro, in esecuzione della
sentenza del Tribunale del lavoro del primo marzo 2005, ormai passata in
giudicato; la Corte territoriale ha esposto, per quello che è ancora di
interesse, che la retribuzione contributiva, alla quale si commisura – a norma
della L. 8 marzo 1968, n. 152, art.
4 – l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti
testualmente menzionati dall’art.
11, comma 5, della Legge citata, tra i quali non è compresa l’indennità di
preavviso;

avverso tale sentenza ricorre per cassazione G.C.
sulla base di un motivo, illustrato da successiva memoria, con il quale
denuncia la violazione del combinato disposto degli artt. 4 ed 11 I. n. 152 del 1968 nonché dell’art. 12 della legge n. 153 del
1969 come modificato dall’art.
6 dlgs. n. 314 del 1997, applicabile ai dipendenti degli Enti Locali ai
sensi dell’art. 2, comma 9 I. n.
335 del 1995;

resiste l’INPS con controricorso;

il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte con le
quali ha chiesto il rigetto del ricorso;

 

Considerato che:

 

il motivo è infondato in applicazione dei principi
affermati da questa Corte (cfr. ex aliis, Cass. n. 27575/2020; Cass. n.
13433/2019 Cass. n. 1156/2017, Cass. n. 18999/2010, Cass. n. 15906/2004, Cass.
n. 9901/2003, Cass. n. 681/2003, Cass. SS.UU. n. 3673/1997); questa Corte di
legittimità ha da tempo statuito che la retribuzione contributiva, alla quale
per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma della L. 8 marzo 1968, n. 152, art. 4,
l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente
menzionati dall’art. 11, comma 5, della Legge citata;

si tratta di una elencazione tassativa, nella quale
la dizione “stipendio o salario” richiede una interpretazione
restrittiva, limitata alle sole sue componenti oggetto di specifica menzione,
come gli aumenti periodici, la tredicesima mensilità e il valore degli assegni
in natura con esclusione dell’indennità di preavviso;

la disposizione ha contenuto autosufficiente e,
contrariamente all’assunto del ricorrente, non rinvia alla nozione di
retribuzione contributiva presente nell’art. 6 d.lgs. n. 314/97, né
tanto meno fa rinvio all’art.
12 I. n. 153 del 1969;

in particolare, già SS.UU. n.3673 /1997, dopo aver
affermato che la disciplina contenuta nella legge
n. 152 del 1968, per la complessiva ricostruzione del quadro normativo di
riferimento, non rinvia ad una nozione omnicomprensiva della retribuzione da
utilizzare al fine del calcolo dell’indennità di premio di servizio, ha
espresso il principio secondo il quale sono < […] identificabili due
distinte nozioni di “retribuzione contributiva”: l’una ai fini
previdenziali, attinente ai contributi INADEL, per la liquidazione del premio
fine servizio regolata dall’art. 11
della legge n. 152 del 1968; l’altra attinente al trattamento di
quiescenza, per la liquidazione delle pensioni da parte della CPDEL, regolata
dal terzo comma dell’art. 30
L. 131-83.>;

le ragioni fatte valere dal ricorrente, che si
basano proprio sul principio non accolto dalla sentenza appena citata, non sono
idonee ad incrinare il percorso logico e sistematico che, sulla base della
sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata, è stato seguito dalla costante
giurisprudenza di questa Corte di cassazione nei termini sopra richiamati, per
cui il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura
liquidata in dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro
4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella
misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,
comma i quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso
art. 13, comma 1 bis, ove
dovuto.

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