Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 maggio 2021, n. 14808

Edilizia, Omesso versamento dei contributi previdenziali e
dei premi assicurativi, Cartelle di pagamento, Sospensione concordata del
lavoro, Omessa comunicazione, Illecito amministrativo

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d’appello di Bologna, in riforma della
sentenza del Tribunale di Forlì, ha accolto l’opposizione proposta da R.R.
avverso le cartelle per il pagamento di contributi previdenziali e premi
assicurativi richiesti dall’Inps e dall’Inail commisurati dagli istituti alla
retribuzione virtuale, di cui all’art. 29 d.l. n. 244/1995 conv
in L. 341/1995, prevista dal CCNL.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che il
minimale contributivo andava commisurato alle giornate effettivamente lavorate
e che nella specie vi era stata una sospensione concordata del lavoro e,
dunque, era stata corrisposta una minore retribuzione cui andava commisurata la
contribuzione.

Ha rilevato, inoltre, che l’omessa comunicazione
all’Inps della sospensione concordata avrebbe potuto integrare un illecito
amministrativo, ma non avrebbe potuto determinare l’insorgenza di
un’obbligazione contributiva.

2. Avverso la sentenza ricorrono l’Inps e l’Inail
deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria. L’impresa
intimata ha resistito con controricorso. L’Inps e l’Inail hanno depositato
memoria ex art. 378 cpc.

 

Ritenuto in diritto

 

3. L’Inps denuncia violazione dell’art. 29 DL 244/1995 conv in L. n. 341/1995; dell’art. 1, co 1, DL 338/1989 con
in L. 389/1989; dell’art. 3, co 5 e 6, L. n. 448/1998
e dell’art. 44 L. n. 448/2001.

Osserva che il datore di lavoro deve commisurare la
contribuzione alla retribuzione calcolata ad un numero di ore settimanali non
inferiore all’orario di lavoro stabilito dal CCNL che, nella specie, era di 40
ore.

Deduce che il datore di lavoro aveva versato una
contribuzione inferiore a quella virtuale e che la causale di tale riduzione
non era ricompresa tra quelle che giustificavano I’ esenzione dall’applicazione
della norma sul minimale contributivo in edilizia ,da ritenersi tassative, tra
le quali la sospensione dell’attività senza l’intervento della CIG, purché
preventivamente comunicate agli enti previdenziali in modo da consentire gli
opportuni controlli.

Osserva che, qualora vi sia un’ipotesi di
sospensione pattizia, la stessa può incidere solo sulla retribuzione e non
sulla contribuzione che non è diritto disponibile.

4. Con l’unico motivo di censura, l’INAIL denuncia
violazione dell’art 1 d.l. n.
338/1989, conv. in L. 389/1989, e dell’art. 29, d.l. n. 244/1995,
conv. in I. n. 341/1995. Osserva che la
questione controversa riguardava l’errata interpretazione, accolta dalla Corte
territoriale, dell’art. 1 della
L. n. 389/1989 con riferimento al minimale contributivo ed alle ipotesi di
sospensione temporanea concordata del rapporto di lavoro, neppure comunicata
preventivamente agli enti previdenziali. Osserva che l’eventuale accordo tra
datore di lavoro e lavoratori, pur potendo essere legittimo sotto il profilo
del rapporto di lavoro, non lo era, se non nei casi tassativamente previsti,
nei confronti degli enti previdenziali.

5.1 motivi, congiuntamente esaminati, sono fondati.

6. Devono essere confermati i principi affermati da
questa Corte, consolidatisi dopo l’arresto delle Sezioni
Unite n. 11199 del 29/07/2002, secondo cui l’importo della retribuzione da
assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere
inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore
sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle
associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale
contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva
incidenza sul rapporto previdenziale – dall’art. 1 del d.l. 9 ottobre 1989 n.
338 (convertito in legge 7 dicembre 1989 n. 389),
senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 Costituzione (c.d. “minimo
retributivo costituzionale”), che sono rilevanti solo quando a detti
contratti si ricorre – con incidenza sul distinto rapporto di lavoro – ai fini
della determinazione della giusta retribuzione (v. ex aliis da ultimo Cass. N. 15120/2019, n.
16859/2020, n. 21479/2020).

7. Si è affermato che la regola del minimale
contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo
rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, ben potendo l’obbligo
contributivo essere parametrato a importo superiore a quanto effettivamente
corrisposto dal datore di lavoro.

Tale principio opera sia con riferimento
all’ammontare della retribuzione c.d. contributiva, sia con riferimento
all’orario di lavoro da prendere a parametro, che dev’essere I’ orario di
lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto
individuale se superiore.

E’ evidente, infatti, che se ai lavoratori vengono
retribuite meno ore di quelle previste dal normale orario di lavoro e su tale
retribuzione viene calcolata la contribuzione, non vi può essere il rispetto
del minimo contributivo nei termini sopra rappresentati.

Anche con riferimento all’orario vale il principio
stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza
20 luglio 1992, n. 342, secondo il quale “una retribuzione (…)
imponibile non inferiore a quella minima (è) necessaria per l’assolvimento
degli oneri contributivi e per la realizzazione delle finalità assicurative e
previdenziali, (in quanto), se si dovesse prendere in considerazione una
retribuzione imponibile inferiore, i contributi determinati in base ad essa
risulterebbero tali da non poter in alcun modo soddisfare le suddette
esigenze”.

8. Nel settore dell’edilizia, l’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995,
conv. in I. n. 341 del 1995, individua le
ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo – inteso anche come
obbligo di commisurare la contribuzione ad un numero di ore settimanali non
inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi
nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base
nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione – con
disposizione, avente chiara finalità antielusiva, che è stata ritenuta da
questa Corte di stretta interpretazione, analogamente alle fonti normative cui
essa rinvia (Cass. n. 9805 del 04/05/2011, Cass. n. 10134 del 26/04/2018, Cass. n. 4690 del 18/2/2019).

9. La necessità di tipizzare le suddette ipotesi
eccettive è sorta nel settore edile proprio perché ivi la possibilità di
rendere la prestazione lavorativa è normalmente condizionata da eventi esterni
che sfuggono al controllo delle parti. Il fatto che per gli altri settori
merceologici non vi sia analoga previsione non significa che sussista una
generale libertà delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa
presenza al lavoro così rimodulando anche l’obbligazione contributiva,
considerato che questa seconda è svincolata dalla retribuzione effettivamente
corrisposta e dev’essere connotata dai caratteri di predeterminabilità,
oggettività e possibilità di controllo.

10. Anche nei settori diversi da quello edile, la
contribuzione è dunque dovuta nei casi di assenza del lavoratore o di
sospensione concordata della prestazione stessa che costituiscano il risultato
di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di lavoro
e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo (quali
malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione)
(cfr tra le tante, Cass. N. 15120/2019, n. 16859/2020).

11. Va , altresì, precisato (cfr Cass. sent. n 5233/2007, n. 15120/2019) che il minimale contributivo di
cui all’art. 29, d.l. n.
244/1995, cit., non trova applicazione soltanto nelle ipotesi in cui non
sia dovuta, in dipendenza del rapporto di lavoro, né alcuna prestazione
lavorativa, né alcuna retribuzionecorrispettivo, ossia nei casi di sospensione
del sinallagma funzionale del contratto di lavoro: e ciò sia che si versi nelle
ipotesi tipiche di cui all’art.
29, cit. (e cioè di assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione
o riduzione dell’attività lavorativa con intervento della cassa integrazione
guadagni, nonché per altri eventi indennizzati ed eventi per i quali il
trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili,
oltre quelle poi previste dal d.m. 16.12.1996),
sia che ricorra qualcuna di quelle ulteriori e innominate ipotesi di
sospensione “necessitata” ascrivibili all’interpretazione estensiva
che della disposizione cit. ha dato questa Corte, al fine di evitare disparità
di trattamento tra imprese edili soggette o meno all’intervento della cassa
integrazione guadagni (così Cass. n. 5233 del 2007,
già cit., cui hanno dato continuità, tra le tante, Cass.
nn. 9805 del 2011 e 11337 del 2018),
purché le une o le altre siano state previamente comunicate agli enti
previdenziali, ai fini degli opportuni controlli.

12. Ove dunque gli enti previdenziali e assistenziali
pretendano da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale
determinata ai sensi del dell’art.
1 comma 1 del D.L. 09/10/1989, n. 338, anche con riferimento all’orario di
lavoro, incombe al datore di lavoro allegare e provare la ricorrenza di
un’ipotesi eccettuativa dell’obbligo, nel senso sopra individuato.

13. Nella fattispecie la Corte territoriale non si è
attenuta a detti principi. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata
ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Bologna, in diversa
composizione anche per le spese del presente giudizio, che si atterrà ai
principi sopra fissati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e
rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di Bologna
in diversa composizione.

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