Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 maggio 2021, n. 14880

Tributi, IRPEF, Agevolazioni fiscali, Soggetti colpiti dal
sisma in Sicilia del 1990, art. 9,
co. 17, Legge n. 289 del 2002, Diritto al rimborso di ritenute su redditi
di lavoro dipendente, Legittimità

 

Ritenuto in fatto

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione nei confronti di R.S. avverso la sentenza n.1460/18/2016, depositata
il 14.4.2016, con la quale la C.T.R. della Sicilia, rigettando l’appello
dell’Ufficio, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il
ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto alla sua
istanza di rimborso della quota pari al 90% delle ritenute alla fonte Irpef
versate per gli anni 1990, 1991 e 1992: rimborso richiesto ai sensi dell’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre
2002, n. 289, per essere il contribuente residente in Sortino, uno dei
comuni colpiti dal terremoto del 13 e 16 dicembre 1990.

Richiamando l’orientamento in materia della
giurisprudenza di legittimità, la Commissione regionale ha ritenuto che, in
base a una interpretazione costituzionalmente orientata, la norma invocata
desse diritto ai contribuenti che avevano già pagato interamente l’imposta alla
data di entrata in vigore della disposizione di favore, in ottica restitutoria,
il rimborso del 90% di quanto già versato. Avverso la decisione l’Agenzia delle
Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidando il suo mezzo a due
motivi.

Il contribuente resiste con controricorso,
illustrato con memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art.
9, comma 17, della legge n. 289 del 27 dicembre 2002, e dell’art. 1, comma 665, della legge
23/12/2014, n. 190 nonché 81 c.p.c. in
relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c..

Lamenta che la CTR aveva fatto malgoverno delle
norme in epigrafe trascurando che il soggetto ricorrente è un lavoratore
dipendente e dunque, in quanto tale, non legittimato ad ottenere il rimborso.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, legge 289/2002; artt. 11 e 14 preleggi;
art. 3, co. 1, legge 212/2000;
art. 3, co. 3, d.lgs 472/1997;
art. 2033 cod. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.

Contesta l’applicabilità dell’agevolazione prevista
dall’art. 9, comma 17, legge n. 289
del 2002, anche ai contribuenti che, all’entrata in vigore di tale disposizione
di favore, avevano integralmente versato le imposte relative agli anni 1990,
1991 e 1992.

3. Le censure sono suscettibili di trattazione
congiunta.

Esse non sono fondate.

3.1.Questa Corte ha reiteratamente affermato il
principio (da cui non vi è motivo di discostarsi), secondo cui — al di là dello
specifico tenore del dato letterale (“i soggetti … possono definire in
maniera automatica la propria posizione … la definizione si perfeziona
versando, entro il …, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo
di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed
interessi, diminuito al 10 per cento …”) — la disciplina prevista dall’art. 9, comma 17, legge n. 289 del 2002,
in relazione alle annualità 1990, 1991 e 1992, a favore dei soggetti colpiti
dal sisma 13/16 dicembre 1990 che ha investito le province di Catania, Ragusa e
Siracusa, deve intendersi articolata in duplice prospettiva:

in favore di chi non ha effettuato pagamenti (e in
ottica, per così dire, “condonistica”), mediante il versamento nel
termine stabilito, a definizione della relativa posizione fiscale, del solo 10%
del dovuto; in favore di chi ha pagato (ed in ottica restitutoria), attraverso
il rimborso del 90% per cento di quanto versato; ciò in quanto deve
riconoscersi alla disposizione indicata carattere di ius superveniens tale da
rendere quanto già versato non dovuto ex post (cfr. Cass.
12/06/2012, n. 9577 e, in riferimento ad analoghi benefici, Cass. 01/10/2007, n. 20641 nonché, per la materia
contributiva, Cass. 09/03/2012, n. 3832; Cass. 10/05/2010, n. 11247; Cass.
07/05/2010, n. 11133).

Il riferimento, da parte dalla difesa erariale, alle
pronunce della Corte costituzionale che hanno escluso possa ravvisarsi
disparità di trattamento nelle disposizioni condonistiche ivi considerate a
svantaggio dei contribuenti che avessero adempiuto alle obbligazioni fiscali o
previdenziali a loro carico, avendo ritenuto “coessenziale alla tecnica
del condono (previdenziale o fiscale) l’incentivazione dei pagamenti non ancora
effettuati, mediante la concessione di benefici (di solito, la riduzione della
misura dovuta)”, non coglie nel segno, trattandosi di fattispecie diverse
e non assimilabili a quella in esame.

Per questa, infatti, vale piuttosto quanto precisato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 416
del 2000 (con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 10, legge n. 448 del
1998, che, in materia di applicazione retroattiva della doppia agevolazione
godibile per l’acquisto della prima casa ai sensi della legge 22 aprile 1982, n. 168, e della legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con
modif. dalla legge 5 aprile 1985, n. 118,
escludeva il diritto al rimborso per i soggetti che avevano definito il
rapporto tributario alla data di entrata in vigore della predetta legge). In
tale  pronuncia il Giudice delle leggi ha
differenziato la disciplina del condono (che essendo caratterizzata dalla “incentivazione
dei pagamenti non ancora effettuati” e non escludendo la causa debendi dei
pagamenti anteriormente effettuati, non interferisce con il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.) dalle
altre disposizioni di favore — nel cui ambito si ascrivono quelle in esame —
che sono estranee alla tecnica ed alle finalità del condono e che non
rispondono “ad esigenze della finanza pubblica”, ma piuttosto mirano
a “realizzare un’uniformità di regolamentazione” di una disciplina
sostanziale oppure a prevedere misure di sostegno in favore di soggetti
particolarmente bisognosi, come quelli danneggiati da calamità naturali (in tal
senso Cass. n. 11247 del 2010), che è l’ipotesi che viene qui in rilievo.

Si è dunque tenuto conto del fatto che la
disposizione in esame risponde ad una logica del tutto particolare e diversa
rispetto a quella che informa gli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto
volta ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (Cass. nn. 12083/2012, 10242/2013,
6686/2015), logica rispetto alla quale ammettere che si fruisca del beneficio
nel solo caso di omesso adempimento dell’obbligazione tributaria o contributiva
comporterebbe una irragionevolezza e la violazione del principio di uguaglianza
(Cass. n. 11247/2010).

Varrà anche rammentare che tale interpretazione
trova chiara conferma nella previsione di cui all’art. 1, comma 665, legge 23
dicembre 2014, n. 190 (c.d. legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio
2015) a tenore della quale “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16
dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa,
individuati ai sensi dell’articolo
3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21
dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre
1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo
superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27
dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con
esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali
l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della
compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso
di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza
di rimborso ai sensi dell’articolo
21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive
modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza
è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del
decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248
…”. In tal modo è stata recepita in sede legislativa la possibilità per
i contribuenti di accedere alla sanatoria mediante istanza di rimborso, come
elaborata dalla giurisprudenza, con esclusione dei soli soggetti che svolgono
attività di impresa: condizione ostativa che non ricorre nel caso in esame.

3.2.Né può dubitarsi della legittimazione attiva
(recte, titolarità) in capo al contribuente lavoratore dipendente, sostituito
d’imposta, del vantato diritto al rimborso del 90% dell’Irpef versata negli
anni in questione.

Questa Corte ha affermato non rinvenirsi in materia
ragione alcuna per derogare al principio fissato dall’art. 38 d.RR. 29 settembre 1973,
n. 602, in forza del quale, in tema di rimborso delle imposte sui redditi,
sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della
somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice
tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (c.d. sostituto
d’imposta), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd.
sostituito) (v. Cass. 14/07/2016, n. 14406; Cass. 29/07/2015, n. 16105), rimanendo
quest’ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale
beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di che trattasi.

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla
prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione
pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate
al pagamento delle spese processuali che liquida in €2.500,00, oltre al
rimborso forfettario spese generali e accessori di legge.

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