Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 maggio 2021, n. 14815

Lavoro pubblico privatizzato, Reiterazione di plurimi
contratti a termine, Durata eccedente i 36 mesi, Illegittimità,
Stabilizzazione

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 5 luglio 2018 nr. 644 la Corte
d’Appello di Bologna riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e,
per quanto ancora in discussione, rigettava la domanda proposta da M.S.,
dipendente a termine del Comune di Bologna con mansioni di operatore ai servizi
scolastici, per il risarcimento del danno derivato dalla illegittima
reiterazione di plurimi contratti a termine.

2. La Corte territoriale riteneva decisiva la
intervenuta stabilizzazione del S., assunto a tempo indeterminato dal Comune di
Bologna in data 28 agosto 2017 con le medesime mansioni svolte in costanza dei
rapporti a termine.

3.0sservava che la determina di approvazione della
graduatoria in forza della quale il S. era stato assunto in ruolo precisava che
la stessa costituiva «procedura di reclutamento speciale transitoria, per
titoli ed esami, di cui all’articolo
4, comma 6, D.L. nr. 101/2013, convertito con modificazioni della legge 30 ottobre 2013 nr. 125, per operatore di
servizi scolastici».

4. Il S., dunque, dopo avere prestato servizio sulla
base di contratti a termine di durata eccedente i 36 mesi era stato
stabilizzato mediante ammissione ad una procedura agevolata; non era
configurabile nei suoi confronti alcun danno che non fosse stato già risarcito
con l’intervenuta stabilizzazione, essendo totalmente carente la allegazione e
la prova di danni ulteriori e diversi.

5.Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza M.S., articolato in tre motivi, cui ha opposto difese il COMUNE DI
BOLOGNA con controricorso.

6. La causa è stata rimessa a questa sezione dalla
sezione VI con ordinanza in data 8 settembre 2020, ai sensi dell’articolo 380 bis, comma 3, cod.proc.civ.

7. Il PM ha concluso per il rigetto del ricorso.

8. Le parti hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo il ricorrente ha
denunciato—ai sensi dell’art. 360 nr. 3
cod.proc.civ.— violazione degli articoli 14
disp.prel.cod.civ. e 36
D.Lgs. nr. 165/2001, assumendo la erronea applicazione nella sentenza
impugnata dei principi espressi da questa Corte in riferimento al precariato
scolastico sia sotto il profilo soggettivo (giacchè non si trattava di docente
ma di operatore ai servizi scolastici) che quanto alla disciplina del contratto
a termine, nella specie fissata dal CCNL del comparto Regioni ed Autonomie
locali e non dalla normativa speciale del comparto della scuola.

2. Ha dedotto che mentre la legge nr.107/2015, posta a base della
giurisprudenza sui precari della scuola, offriva una stabilizzazione pressocchè
certa ai docenti, la legge nr. 160/2016,
richiamata dalla Corte di merito, si limitava a consentire agli enti locali di
avviare procedure di stabilizzazione, rimettendo alle determinazioni dell’ente
tanto l’avvio che le modalità delle stesse procedure.

3. Con il secondo mezzo si impugna la sentenza — ai
sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. nr. 165/2001
e della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva
1999/70/CE, per avere la Corte d’Appello escluso il risarcimento del danno
«comunitario», in ragione della assunzione a tempo indeterminato, benchè essa fosse
avvenuta a seguito di concorso pubblico non riservato ai lavoratori precari del
Comune di Bologna.

4. Il ricorrente ha esposto che il fatto risultava
dalle stesse difese del Comune sicchè— pur a voler ammettere la applicazione
analogica ai dipendenti degli enti locali dei principi espressi da questa Corte
per i precari della scuola— era comunque ostativo il rilievo che non fosse in
questione una procedura di stabilizzazione ma una mera chanche di assunzione,
che non sanava il precedente abuso. La legge nr.
107/2015, invece, permetteva la stabilizzazione tramite un mero automatismo
o blande procedure selettive.

5. Si contesta, più in generale, che la
stabilizzazione possa risarcire il danno, posto che, secondo la giurisprudenza
di legittimità, il danno risarcibile non consiste nella mancata assunzione in
ruolo.

6. Con la terza censura si addebita alla sentenza—
ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod. proc.civ.—
violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., della
clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva
1999/70/CE, dell’art.
36 D. Lgs. nr. 165/2001.

7. Si espone che il Comune non aveva allegato le
modalità e condizioni di ammissione alla procedura concorsuale in forza della
quale egli era stato immesso in ruolo, non offrendo, pertanto, la prova della
stretta correlazione tra l’abuso del contratto a termine e la presunta
procedura di stabilizzazione.

8. Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati
congiuntamente per la loro connessione, è fondato.

9. La questione di causa, il cui rilievo
nomofilattico è stato evidenziato dalla sezione sesta di questa Corte, consiste
nella individuazione delle condizioni in presenza delle quali nel pubblico
impiego privatizzato la immissione in ruolo del dipendente precario sia
satisfattiva del danno che questi ha sofferto per la abusiva reiterazione dei
contratti a termine.

10. Come è noto, il principio dell’effetto «sanante»
della stabilizzazione è stato enunciato da questa Corte in riferimento ai
precari della scuola, con le sentenze del 18
ottobre 2016, dalla numero 22552 alla nr. 22557.

11. Ivi la Corte si è confrontata con la disciplina
dettata dalla legge 13 luglio
2015, n. 107, articolo 1, comma 95 e segg., che, per quanto in questa sede
rileva, ha previsto un piano straordinario di assunzioni del (solo) personale
docente per l’anno scolastico 2015/2016, articolato in tre fasi e sancito la
definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento, se
effettivamente esaurite (art. 1,
comma 105).

12. Si è osservato che la nuova legge certamente non
ha eliminato, per il solo fatto di aver previsto procedimenti di
stabilizzazione, i pregressi illeciti consistiti nella abusiva reiterazione di
contratti a termine; tuttavia la stabilizzazione disposta dal legislatore del
2015 rappresenta una misura ben più satisfattiva di quella per equivalente che
sarebbe spettata, alla stregua del «diritto vivente» (Cass., SU, sentenza n. 5072/2016), al personale scolastico
assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a  termine.

13. La idoneità a cancellare le conseguenze
dell’abuso— (ferma la possibilità del docente di allegare e provare danni
ulteriori e diversi, in applicazione dei principi affermati da Cass. SU n. 5072 del 2016) —è stata ritenuta
sussistere tanto nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo quanto
nella ipotesi della certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un
accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale
scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma
109.

14. Non si è mancato, tuttavia, di precisare (punti
91 e 92 delle sentenze citate) che, al contrario, la astratta «chance» di
stabilizzazioneche può ravvisarsi nei casi in cui il conseguimento del posto di
ruolo non è  certo ovvero non è
conseguibile in tempi ravvicinati- non costituisce, nel diritto interno, misura
proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare
debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto
dell’Unione, in quanto connotata da evidente aleatorietà.

15. Con la conseguenza che anche in siffatte
ipotesi, oltre che in quelle nelle quali l’interessato non è mai potuto
accedere alla prospettiva di stabilizzazione, deve essere riconosciuto il
diritto al risarcimento del danno in conformità a quanto previsto nell’Accordo
Quadro allegato alla Direttiva, secondo i principi affermati da Cass. SU n. 5072 del 2016.

16. Da ultimo, si è ritenuta idonea a sanzionare
l’abuso perpetrato ed a riparare (tendenzialmente) l’illecito l’immissione in
ruolo ottenuta dal personale docente ed ATA della scuola attraverso il
previgente sistema di reclutamento, fondato sull’avanzamento nelle graduatorie
ad esaurimento in ragione della stipula dei contratti a termine.

17. L’ efficacia riparatoria della stabilizzazione è
stata riconosciuta dalla giurisprudenza successiva anche in ipotesi di
reiterazione abusiva di  contratti a
termine da parte del datore di lavoro pubblico in settori diversi da quello
scolastico.

18. Nell’arresto del 3 luglio 2017 nr. 16336 questa
Corte ha ritenuto che l’effettiva stabilizzazione dei dipendenti a termine del
Ministero della Giustizia — assunti ex lege nr. 242/2000, articolo 1,
comma due ed in servizio presso la Amministrazione giudiziaria — ottenuta in
forza dell’articolo 1, comma
519, legge nr. 296/2006 attraverso l’operare dei pregressi rapporti di
lavoro a termine, integra misura idonea a sanzionare l’abuso (nella specie
consistito nelle successive ripetute proroghe dei contratti originari) ed a
risarcire il relativo danno.

19. Con la pronuncia del 2017 si è implicitamente
riconosciuta la generale valenza riparatoria della intervenuta stabilizzazione
(alle condizioni di cui si dirà nel prosieguo), restando così smentito
l’assunto di parte ricorrente circa la riferibilità del principio al solo
sistema di assunzioni nella scuola statale.

20. Il percorso ulteriore ha posto in luce che, in
ogni caso, non vi è un automatismo tra la avvenuta assunzione in ruolo e la
riparazione dell’abusiva successione di contratti a termine.

21. Negli arresti del 20 marzo 2018 nr. 6935, 21
marzo 2018 nn.rr. 7060 e 7061, 19 novembre 2018, nr. 29779 questa Corte ha
respinto i ricorsi del datore di lavoro pubblico (nella specie A.R.T.A.
ABRUZZO)- tesi a sostenere la avvenuta riparazione dell’illecita reiterazione
dei contratti a termine a seguito della immissione in ruolo dei dipendenti
precariescludendo la applicazione del principio enunciato da Cass. nr. 16336/2017
in mancanza di prova della «stretta correlazione fra abuso del contratto a
termine e procedura di stabilizzazione, indispensabile per far ritenere
quest’ultima misura equivalente alla conversione» (nella specie l’ente si era
limitato a rappresentare che il dipendente era stato assunto, senza fornire
ulteriori indicazioni sulle modalità e sulle condizioni di ammissione alla
procedura).

22. Ed ancora nella sentenza 30 marzo 2018 nr. 7982
la Corte ha parimenti escluso l’applicazione del principio enunciato con la
sentenza nr. 16336 del 2017 nel caso di stabilizzazioni avvenute alle
dipendenze di soggetti diversi dall’Ente pubblico che ha posto in essere il
comportamento abusivo (nella fattispecie ivi esaminata, la Regione Autonoma
Valle d’Aosta), pur se si tratti di società controllate o vigilate dallo
stesso.

23. Più di recente è stato chiarito (Cassazione
civile sez. lav., 17 luglio 2020, n.15353) che nell’ipotesi di illegittima
reiterazione di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego privatizzato
la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura
sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’abuso
solo se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di
causa-effetto, il che si verifica quando l’assunzione a tempo indeterminato
avvenga in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del
personale precario vittima dell’abuso ovvero attraverso «percorsi riservati» a
detto personale.

Si è dunque disattesa la tesi difensiva del Comune
ricorrente, che si era limitato ad affermare che l’immissione in ruolo dei
dipendenti era stata «agevolata» dall’esperienza acquisita nelle precedenti
assunzioni a termine, che aveva loro consentito di risultare vincitori dei
concorsi banditi per le assunzioni.

24. In sostanza, questa Corte ha già evidenziato che
l’efficacia sanante della assunzione in ruolo presuppone una «stretta
correlazione» fra abuso del contratto a termine e procedura di stabilizzazione
(Cass. nn.rr. 6935, 7060, 7061, 29779/2018), sia sotto il profilo soggettivo
-nel senso che entrambe devono provenire dal medesimo ente pubblico datore di
lavoro (Cass. nr. 7982/2018) – sia sotto il profilo oggettivo, nel senso della
esistenza di un rapporto di «causa-effetto» tra abuso ed assunzione (Cass. nr.
15353/2020).

25. Come già esposto nella citata pronuncia nr.
15353/2020, affinchè tale rapporto di derivazione causale sussista non è
sufficiente che la assunzione in ruolo sia stata «agevolata» dalla successione
dei contratti a termine ma occorre che essa sia stata «determinata» da
quest’ultima.

26. In questa sede va ulteriormente precisato che la
relazione causale tra abuso del contratto a termine e stabilizzazione per
assumere valenza riparatoria deve essere «diretta ed immediata»; soltanto una
relazione di questo tipo si pone sullo stesso piano del rapporto intercorrente,
ex articolo 1223 cod. civ., tra abuso e danno
risarcibile, intervenendo, con effetto opposto, a neutralizzare l’effetto
pregiudizievole.

27. Detto rapporto diretto ed immediato sussiste nei
casi di effettiva assunzione in ruolo: per effetto automatico della
reiterazione dei contratti a termine – come accadeva nel settore scolastico in
virtù dell’avanzamento nelle graduatorie ad esaurimento- o, comunque, all’esito
di procedure riservate ai dipendenti reiteratamente assunti a termine e bandite
allo specifico fine di superare il precariato, che offrano già ex ante una
ragionevole certezza di stabilizzazione (anche se attraverso blande procedure
selettive), come nelle ipotesi del piano straordinario di assunzioni del
personale docente ex lege nr. 107/2015 e delle
procedure avviate ex lege nr.
296/2006, articolo 1, comma 519.

28. Tale interpretazione è conforme alla clausola 5
dell’accordo quadro allegato alla direttiva
1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia; nella sentenza
dell’8 maggio 2019, in causa C 494/17 -Rossato il giudice europeo ha chiarito,
infatti, che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere
interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che esclude
per i dipendenti pubblici ( nella specie, i docenti della scuola) che hanno
beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo
determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato qualsiasi diritto al
risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di
contratti a tempo determinato allorché una siffatta trasformazione non è né
incerta, né imprevedibile, né aleatoria.

29. Quando, invece, l’immissione in ruolo avviene
all’esito di una procedura di tipo concorsuale, la assunzione non è in
relazione immediata e diretta con l’abuso ma, piuttosto, è l’effetto diretto
del superamento della selezione di merito, in ragione di capacità e
professionalità proprie del dipendente.

30. Anche tale conclusione è conforme alla
interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro enunciata dalla Corte di
Giustizia. Nella sentenza del 19 marzo 2020, nelle cause riunite C-103/18 e
C-429/18, Sanchez Ruiz e Fernandez Alvarez, si legge, ai punti 100 e 101: «100.
Del resto, per quanto riguarda la circostanza che l’organizzazione di procedimenti
di selezione fornisce ai lavoratori occupati in modo abusivo nell’ambito di una
successione di rapporti di lavoro a tempo determinato l’occasione di tentare di
accedere a un impiego stabile, potendo questi ultimi, in linea di principio,
partecipare a tali procedimenti, tale circostanza non può dispensare gli Stati
membri dal rispetto dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per
sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti e
rapporti di lavoro a tempo determinato. Infatti, come rilevato in sostanza
dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, a detti
procedimenti, il cui esito è peraltro incerto, possono partecipare anche i
candidati che non sono stati vittime di un tale abuso.

101.Pertanto l’organizzazione di dette procedure,
essendo indipendente da qualsiasi considerazione relativa al carattere abusivo
del ricorso a contratti a tempo determinato, non sembra idonea a sanzionare
debitamente il ricorso abusivo a siffatti rapporti di lavoro e a rimuovere le conseguenze
della violazione del diritto dell’Unione. Essa non sembra quindi consentire di
raggiungere la finalità perseguita dalla clausola 5 dell’accordo quadro».

31. Il principio della inidoneità di una procedura
concorsuale per l’immissione in ruolo a sanzionare l’abuso del contratto a
termine non è messo in discussione nelle ipotesi in cui l’amministrazione
bandisca concorsi riservati, interamente o per una quota di assunzioni, ai
dipendenti già impiegati con una successione di contratti a termine, procedure
svincolate da qualsiasi finalità di riparazione dell’abusiva successione di
detti contratti.

32. In caso di concorsi riservati l’abuso opera come
mero antecedente (remoto) della assunzione ed offre al dipendente precario una
mera chance di assunzione, chance la cui valenza riparatoria è stata esclusa da
questa Corte sin dalle sentenze del 18 ottobre 2016 sui precari della scuola.

33. La sentenza impugnata non è conforme ai principi
sin qui esposti.

34. La Corte territoriale ha riconosciuto effetto
sanante dell’illecito alla assunzione del S., avvenuta – per quanto accertato
nella sentenza impugnata- all’esito della procedura di reclutamento speciale
transitoria, per titoli ed esami, di cui all’articolo 4, comma sei, DL. 31 agosto
2013 nr. 101 conv. con mod. in L. 30 ottobre
2013 nr. 125. La norma non prevede una procedura agevolata di immissione in
ruolo — quale effetto della abusiva reiterazione dei contratti a termine — ma
la possibilità per le amministrazioni pubbliche interessate di bandire
procedure concorsuali per titoli ed esami, ancorchè interamente riservate al
personale già assunto a tempo determinato.

35. La sentenza impugnata deve essere pertanto
cassata in accoglimento del ricorso, enunciando il seguente principio di
diritto: «Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva
successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del
lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria
dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso
dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente. Detta
stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la
stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la
condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto
ed immediato dell’abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l’assunzione
a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché
interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine».

36. La causa si rinvia alla Corte di Appello di
Bologna in diversa composizione affinché provveda alla applicazione del
principio di diritto sopra esposto.

37. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alle
spese del presente grado

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia – anche per le
spese- alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 maggio 2021, n. 14815
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