Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 maggio 2021, n. 15127

Lavoro, Concorsi pubblici, Valutabilità del servizio di leva
se prestato in pendenza di rapporto di lavoro

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto il
gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano che aveva affermato il
diritto di C.D. al riconoscimento, nell’ambito delle graduatorie ad
esaurimento, aa.ss. 2011-2014, del punteggio per il servizio sostitutivo del
servizio di leva prestato dopo il conseguimento del titolo di abilitazione
all’insegnamento;

2. richiamava la Corte d’appello le pronunce del
Consiglio di Stato n. 4028 e 4031 del 31 luglio 2009 con le quali il Supremo
Collegio amministrativo aveva confermato l’illegittimità del D.M. del 31 marzo
2005 – in forza del quale non era stata riconosciuta al docente la valutazione
del servizio militare prestato – nella parte in cui, all’art. 3, comma 7, aveva
previsto che il servizio militare di leva e servizi sostitutivi assimilati per
legge siano valutabili “solo se prestati in costanza di nomina”,
confermando così che tale periodo di sevizio militare di leva ovvero quello
civile sostitutivo è valido a tutti gli effetti, stante la portata generale
dell’art. 485, comma 7, del d.lgs. n. 297/1994;

riteneva che a diversa conclusione non potesse
pervenirsi richiamando l’art. 2050, comma 2, del Codice dell’Ordinamento
Militare, nella parte in cui prevede la valutabilità del servizio di leva solo
se prestato in pendenza di rapporto di lavoro, evidenziando che tale
disposizione era da riferire solo alle procedure concorsuali, quale non era
l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, sicché non vi era ragione di
limitare quanto previsto dall’art. 485, comma 7, d.lgs. n. 297/1994;

3. il Ministero ha proposto ricorso per cassazione
con un motivo;

4. C.D. ha resistito con controricorso
successivamente illustrato da memoria;

5. il Procuratore Generale ha presentato
requisitoria con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Considerato che

 

1. l’unico articolato motivo denuncia la violazione
e falsa applicazione dell’art. 485, comma 7, del d.lgs. n. 297/1994, dell’art.
2050 del d.lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) e dell’art. 2,
comma 6, del D.M. n. 44/2001;

si sostiene che la corretta interpretazione
dell’art. 485, comma 7, del d.lgs. n. 297/1994 non potrebbe che portare, alla
luce di una ricostruzione logico sistematica della disciplina della materia, ad
escludere che al servizio di leva possa essere attribuito un punteggio utile ai
fini che qui rilevano;

si assume che dalle ulteriori norme denunciate si
desumerebbe come il servizio militare potrebbe essere valutato, nei pubblici
concorsi, solo se prestato in pendenza di rapporto di lavoro, sicché
risulterebbe discriminatorio verso la totalità dei dipendenti pubblici il fatto
che, rispetto al personale scolastico, il servizio militare sarebbe da
valutare, per effetto dell’art. 485, comma 7, cit., anche se non prestato in
costanza di rapporto di lavoro;

2. il ricorso va rigettato sulla base di quanto
affermato da questa Corte in relazione a fattispecie del tutto analoga (v.
Cass. 2 marzo 2020, n. 5679);

3. deve intanto premettersi che il c.d. servizio
civile, che qui rileva, gode dell’equiparazione generale, quanto a diritti,
rispetto al servizio di leva (art. 6 I. n. 230/1998 e, poi, art. 2103 d.lgs. n.
66/2010);

secondo l’art. 485, comma 7, d.lgs. n. 197/1994,
relativo alla valutazione nella scuola dei servizi prestati, anche precedentemente
all’assunzione di ruolo, ai fini della carriera, «il periodo di servizio
militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di
leva è valido a tutti gli effetti»;

l’art. 2050 del d.lgs. n. 66/2000, riguardante la
«valutazione del servizio militare – e dunque anche del servizio civile, in
forza della menzionata equiparazione – come titolo nei concorsi pubblici»
stabilisce, poi, al comma 1, che «i periodi di effettivo servizio militare,
prestati presso le Forze armate sono valutati nei pubblici concorsi con lo
stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi
prestati negli impieghi civili presso enti pubblici» e, al comma 2, che «ai
fini dell’ammissibilità e della valutazione dei titoli nei concorsi banditi
dalle pubbliche amministrazioni è da considerarsi a tutti gli effetti il
periodo di tempo trascorso come militare di leva o richiamato, in pendenza di
rapporto di lavoro»;

4. secondo il Ministero, dal citato comma 2, si
dovrebbe desumere che soltanto il servizio di leva prestato in costanza di
rapporto di lavoro potrebbe essere valutato, come previsto anche dall’art. 6,
comma 2, del D.M. n. 44/2001, di disciplina delle graduatorie ad esaurimento,
secondo cui «il servizio militare di leva ed i servizi sostitutivi assimilati
per legge sono valutati solo se prestati in costanza di nomina»;

5. tale interpretazione non è corretta;

6. non è in proposito decisiva l’affermazione dalla
Corte territoriale secondo cui l’art. 2050 riguarderebbe soltanto i concorsi e
non le graduatorie ad esaurimento; è infatti chiaro che anche le graduatorie ad
esaurimento, per quanto non qualificabili come concorsi a fini del riparto
della giurisdizione (Cass. 8 febbraio 2011, n. 3032), sono selezioni lato sensu
concorsuali, in quanto aperte ad una pluralità di candidati in competizione tra
loro, e dunque non si sottraggono, come sostanzialmente propugna anche il
Pubblico Ministero, ad una interpretazione quanto meno estensiva della
disciplina generale a tal fine dettata dalla legge;

7. piuttosto, deve ritenersi, in una lettura
integrata dei primi due commi dell’art. 2050, che il comma 2 non si ponga in
contrapposizione al comma 1, limitandone la portata, ma ne costituisca
specificazione, nel senso che anche i servizi di leva svolti in pendenza di un
rapporto di lavoro sono valutabili a fini concorsuali; una contrapposizione tra
quei due commi sarebbe infatti testualmente illogica (non comprendendosi per
quale ragione il comma 1 si esprimerebbe con un principio di ampia portata, se poi
il comma 2 ne svuotasse significativamente il contenuto) ma anche in contrasto
con la razionalità che è intrinseca nella previsione, coerente altresì con il
principio di cui all’art. 52, comma 2, della Costituzione, per cui chi sia
chiamato ad un servizio (obbligatorio) nell’interesse della nazione non deve
essere parimenti costretto a tollerare la perdita dell’utile valutazione di
esso a fini concorsuali o selettivi;

8. è dunque lungo questa linea interpretativa, in
cui l’art. 2050 si coordina e non contrasta con l’art. 485, comma 7, cit., che
il sistema generale va riconnesso al sistema scolastico, secondo un principio
di fondo tale per cui, appunto, il servizio di leva obbligatorio e il servizio
civile ad esso equiparato sono sempre utilmente valutabili, ai fini della
carriera (art. 485 cit.) come anche dell’accesso ai ruoli (art. 2050, comma 1,
cit.), in ogni settore ed anche se prestati in costanza di rapporto di lavoro
(art. 2050, comma 2, cit.), in misura non inferiore, rispetto ai pubblici concorsi
o selezioni, di quanto previsto per i servizi prestati negli impieghi civili
presso enti pubblici (art. 2050, comma 1, cit.); dovendosi disapplicare, perché
illegittima, la previsione di rango regolamentare dell’art. 2, comma 6, D.M. n.
44/2001 che dispone diversamente, consentendo la valutazione del solo servizio
reso in costanza di rapporto di lavoro, rispetto alle graduatorie ad
esaurimento (in tal senso, rispetto all’analoga previsione del D.M. n. 42/2009,
v. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 settembre 2015, n. 4343);

9. da tanto consegue che il ricorso va rigettato;

10. la regolamentazione delle spese segue la
soccombenza.

11. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13,
comma 1 -quater, d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione
nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente
esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal
materiale versamento del contributo (Cass., S.U., n. 9938/2014; Cass. n.
1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il Miur al pagamento,
in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per
compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura
del 15%, da corrispondersi all’avv. S.G., antistatario.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1-quater dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit.
art. 13, comma 1 -bis.

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