Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 giugno 2021, n. 15466

Licenziamento disciplinare, Contestazione, Condotta
extralavorativa attinente ad un distinto rapporto di opera professionale,
Prova

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 15 aprile 2019 nr. 2056 la Corte
d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione
proposto da M. C. avverso la sentenza con la quale il medesimo ufficio –
(giudice del rinvio all’esito della sentenza di questa Suprema Corte nr. 7134/2017) – aveva respinto il reclamo
proposto dal C. e per l’effetto rigettato l’impugnazione del licenziamento
disciplinare intimato al C. dall’INPS in data 7 febbraio 2014.

2. La Corte territoriale esponeva che nell’assunto
del C. il giudice del rinvio era incorso in un errore di fatto revocatorio per
avere affermato, in contrasto con i documenti in atti, che I’ attività oggetto
della contestazione disciplinare – la stima degli immobili per la concessione
da parte dell’INPDAP di mutui ipotecari ai propri dipendenti – rientrava nei
doveri di servizio ed era rilevante in sede disciplinare laddove si trattava di
attività svolta fuori dell’orario di lavoro e con mezzi propri.

3.Osservava che la sentenza impugnata per
revocazione non era basata soltanto sulla affermazione che non vi era prova che
l’attività fosse stata svolta fuori dell’orario di lavoro e con mezzi propri e
che tale affermazione non dipendeva da un errore di percezione ma, piuttosto,
dalla valutazione delle risultanze processuali.

4. La affermazione che la condotta del C. aveva
rilievo disciplinare derivava dalla valutazione della sua riconducibilità alla
attività istituzionale dell’Ente e, pertanto, al rapporto di lavoro; si
trattava di un ragionamento basato sulla globale valutazione degli elementi di
prova.

5. Pur potendo ipotizzarsi la decisività della
questione dedotta dal C., la sentenza impugnata non era frutto di un errore di
fatto ma dell’attività di valutazione dei fatti e di interpretazione delle
norme, non impugnabile per revocazione.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza M. C., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’INPS con
controricorso.

7. Il PM ha concluso per la inammissibilità del
ricorso.

8. L’INPS ha depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l’unico motivo la parte ricorrente ha
denunciato – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. prel.cod.civ. in riferimento all’articolo 14 del regolamento per
la concessione dei mutui ipotecari INPDAP nonché dell’art. 395 nr. 4 cod.proc.civ.

2. Ha esposto che l’INPDAP aveva disciplinato con
proprio regolamento («Regolamento per la concessione di mutui ipotecari») la
materia delle perizie estimative finalizzate alla concessione di mutui ai
dipendenti, sottraendola alle previsioni del D.Lgs.
nr. 165/2001.

3. A norma del regolamento, articolo 14, gli incarichi
dovevano essere svolti fuori dell’orario di lavoro, con anticipazione delle
relative spese ed il costo della stima, nella misura di € 300, era a carico del
richiedente.

4. La attività non era dunque svolta in favore
dell’INPDAP, come nel caso della stima degli immobili dell’Ente, bensì a favore
dei richiedenti il mutuo, che ne sopportavano il costo. L’Istituto poteva
incaricare della valutazione anche un tecnico esterno. A tenore del
regolamento, dunque, la materia delle perizie estimative costituiva prestazione
d’opera professionale e non ricadeva nell’ambito dei poteri disciplinari
datoriali.

5. Il regolamento dell’ente, costituente norma
secondaria, avrebbe dovuto essere interpretato secondo i criteri di cui all’art. 12 disp.prel. cod.civ. ed il giudice
ordinario, al più, avrebbe potuto disporne la disapplicazione.

6. Il ricorso è inammissibile.

7. Correttamente il giudice della revocazione ha
affermato che la qualificazione della attività svolta dal C. come attività
rientrante nell’ambito del rapporto di lavoro – e pertanto oggetto del potere
disciplinare – costituiva valutazione di merito sicché quello denunciato dalla
parte ricorrente in revocazione poteva qualificarsi, se fondato, come errore di
giudizio e non come errore percettivo.

8. Nel caso di specie, infatti, il C. contestava la
rilevanza disciplinare della sua condotta, assumendo trattarsi di condotta extralavorativa
attinente ad un distinto rapporto di opera professionale; la relativa
valutazione, compiuta nel giudizio di rinvio, costituiva, dunque, giudizio sul
fatto controverso, non suscettibile di revocazione.

9. Del resto la stessa censura di violazione dell’articolo 12 disp. prel.cod.civ. proposta nel
presente giudizio – in riferimento alla interpretazione di un regolamento
interno dell’INPDAP disciplinante la materia delle perizie estimative – appare
inconferente rispetto al mezzo straordinario di impugnazione azionato giacché
l’interpretazione non costituisce mera percezione di un fatto ma è il risultato
di un’ attività di valutazione della norma.

10. Le spese di causa, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.

11. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012
(che ha aggiunto il comma 1 quater
all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti processuali
dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione
integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

 

P.Q.M.

 

Dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la
parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed €
6.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di
legge Ai sensi dell’art. 13 co. 1
quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma
del comma 1 bis dello stesso
articolo 13, se dovuto.

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