Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 giugno 2021, n. 15240

Lavoro, Illegittima reiterazione dei contratti a termine,
Risarcimento del danno, Omessa valutazione delle procedure concorsuali

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 4 luglio 2018 nr. 628 la Corte
d’Appello di Bologna riformava parzialmente la sentenza del Tribunale della
stessa sede e, per quanto ancora in discussione, rigettava le domande proposte
da A.L. e G.G., dipendenti a termine del COMUNE di BOLOGNA (con mansioni di
operatrice di asili nido e collaboratrice scolastica la L. ed educatrice di
asili nido la G.) per il risarcimento del danno derivato della illegittima
reiterazione dei contratti a termine.

2. La Corte territoriale, affermata la illegittimità
dei contratti a termine, osservava, sotto il profilo del diritto al
risarcimento del danno, che la L. aveva partecipato al concorso pubblico per
titoli ed esami indetto con bando del 31 agosto 2011 per la assunzione a tempo
indeterminato di 8 operatori ai servizi di prima infanzia, nel quale il 40% dei
posti messi a concorso era riservato al personale inserito nella graduatoria
per supplenze di «operatore ai servizi di prima infanzia» con una anzianità di
servizio nel profilo di almeno tre anni, maturata nel Comune di Bologna a partire
dal primo luglio 2006.

3. Ella non aveva superato il concorso per
l’inidoneità accertata nella prova orale. Era stata inclusa nell’elenco di
coloro che avevano i requisiti per accedere alla procedura di reclutamento di
cui all’articolo 20, comma uno,
D.Lgs. nr. 75/2017 per l’assunzione a tempo indeterminato di operatori ai
servizi di prima infanzia ed aveva presentato la manifestazione di interesse.

4. La G. aveva partecipato alla procedura di
reclutamento speciale transitoria – ai sensi dell’articolo 4, comma 6, DL nr. 101/2013,
convertito con modificazioni della legge 30
ottobre 2013 nr. 125- di cui al bando dell’11.6.2014 per la copertura di 53
posti di Educatore Nido d’infanzia, risultando idonea (posizione nr. 105).

5. Era dunque provato che le parti avevano
partecipato a procedure concorsuali in cui era stata loro offerta una concreta
chance di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al
pubblico impiego.

6. Hanno proposto ricorso per la cassazione della
sentenza A.L. e G.G., articolato in quattro motivi, cui ha opposto difese il
COMUNE DI BOLOGNA con controricorso.

7. La causa è stata rimessa a questa sezione dalla
sezione VI con ordinanza in data 18 giugno 2020, ai sensi dell’articolo 380 bis, comma 3, cod.proc.civ.

8. Il PM ha concluso per il rigetto del ricorso

9. Il Comune di Bologna ha depositato memoria

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo le parti ricorrenti hanno
denunciato-ai sensi dell’art. 360 nr. 4
cod.proc.civ.- violazione dell’art. 112
cod.proc.civ. per vizio di ultrapetizione, esponendo che il COMUNE DI
BOLOGNA, nel proporre appello avverso la pronuncia ad esse favorevole resa nel
primo grado, non aveva articolato alcun motivo di impugnazione in merito
all’omessa valutazione delle procedure concorsuali bandite dall’ente per le
assunzioni a tempo indeterminato laddove si trattava di una eccezione in senso
stretto, estintiva delle pretese fatte valere.

2. Il motivo è inammissibile.

3. Il vizio di ultrapetizione ricorre ogni qual
volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri
alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa
petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da
quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella
domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio
un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto
fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto
dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni
estranei alla materia del contendere introducendo nel processo un titolo (causa
petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della
domanda (Cassazione civile sez. I, 13/11/2018, n.29200).

4. Il vizio prospettato in questa sede attiene ad
una eccezione in senso lato e non ad una eccezione in senso stretto sicché esso
non è neppure astrattamente configurabile come vizio di ultrapetizione.

5. Ed invero la giurisprudenza di questa Corte – a partire
da Cass. SU 03 febbraio 1998 n. 1099- è ferma
nel ritenere che il regime normale delle eccezioni è quello della rilevabilità
d’ufficio (eccezioni in senso lato) mentre l’ambito della rilevabilità ad
istanza di parte (eccezioni in senso stretto) è confinato ai casi
specificamente previsti dalla legge nonché alle eccezioni corrispondenti alla
titolarità di una azione costitutiva, situazioni, queste, non ricorrenti nella
fattispecie in considerazione.

6. Con il secondo mezzo si deduce – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.- violazione del
diritto al contraddittorio ex art. 101
cod.proc.civ. assumendosi che- anche a voler ammettere che il giudice dell’appello
avesse il potere di rilevare d’ufficio il fatto estintivo- risultava comunque
violato l’obbligo di sollecitare il contraddittorio, con concessione del
termine di legge.

7. Il motivo è inammissibile per difetto di
specificità.

8. L’obbligo del giudice di stimolare il
contraddittorio, rafforzato dall’aggiunta all’art.
101 cod.proc.civ. del comma due ad opera dell’articolo 45 L. nr. 69 del 2009,
sussiste sulle sole questioni rilevate d’ufficio e non su quelle introdotte da
una delle parti.

9. Nella fattispecie di causa la decisione è stata
basata su fatti specifici allegati dal Comune di Bologna con l’atto di appello,
come risulta dalla esposizione contenuta nella sentenza impugnata (alla pagina
3).

10. Le parti ricorrenti denunciano genericamente che
la questione dell’effetto estintivo di quei fatti non aveva formato oggetto del
contraddittorio, senza riportare né il contenuto sul punto dell’atto di appello
del Comune né le difese articolate in proposito nella memoria di costituzione
né lo svolgimento successivo del contraddittorio, quale risultante dai verbali
di causa.

11. Con la terza censura le ricorrenti hanno dedotto
– ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. –
violazione degli articoli 14 disp.prel. cod.civ.
e 36 D.Lgs. nr. 165/2001,
assumendo la erronea applicazione nella sentenza impugnata dei principi
espressi da questa Corte in riferimento al precariato scolastico sia sotto il
profilo soggettivo (giacché non si trattava di docenti) che quanto alla
disciplina del contratto a termine, nella specie fissata dal CCNL del comparto
Regioni ed Autonomie locali e non dalla normativa speciale del comparto della
scuola.

12. Con il quarto mezzo si deduce – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.-violazione e/o
falsa applicazione dell’art.
36 D.Lgs. nr. 165/2001 e della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla
direttiva 1999/70/CE, per avere la Corte
d’Appello ritenuto che il risarcimento del danno comunitario fosse escluso dal
solo fatto di avere partecipato a procedure concorsuali in cui vi era una
riserva di posti, circostanza ex inidonea a sanare il precedente abuso. Secondo
i principi enunciati dalla Suprema Corte, invece, neppure la legge nr. 107/2015 aveva l’effetto di sanare
l’abuso qualora non fosse poi intervenuta la effettiva stabilizzazione.

13.Si contesta, più in generale, che la
stabilizzazione possa risarcire il danno, posto che il danno risarcibile,
secondo la giurisprudenza di legittimità, non consiste nella mancata immissione
in ruolo.

14. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che
possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.

15. La questione di causa, il cui rilievo
nomofilattico è stato evidenziato dalla sezione sesta di questa Corte, consiste
nella individuazione delle condizioni in presenza delle quali nel pubblico
impiego privatizzato la immissione in ruolo del dipendente precario sia
satisfattiva del danno che questi ha sofferto per la abusiva reiterazione dei
contratti a termine.

16. Come è noto, il principio dell’effetto «sanante»
della stabilizzazione è stato enunciato da questa Corte in riferimento ai
precari della scuola, con le sentenze del 18 ottobre
2016, dalla numero 22552 alla nr. 22557.

17. Ivi la Corte si è confrontata con la disciplina
dettata dalla legge 13 luglio
2015, n. 107, articolo 1, comma 95 e segg., che, per quanto in questa sede
rileva, ha previsto un piano straordinario di assunzioni del (solo) personale
docente per l’anno scolastico 2015/2016, articolato in tre fasi e sancito la
definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento, se
effettivamente esaurite (art. 1,
comma 105).

18. Si è osservato che la nuova legge certamente non
ha eliminato, per il solo fatto di aver previsto procedimenti di
stabilizzazione, i pregressi illeciti consistiti nella abusiva reiterazione di
contratti a termine; tuttavia la stabilizzazione disposta dal legislatore del
2015 rappresenta una misura ben più satisfattiva di quella per equivalente che
sarebbe spettata, alla stregua del «diritto vivente» (Cass. S.U. sentenza n. 5072/2016), al personale
scolastico assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a
termine.

19. La idoneità a cancellare le conseguenze
dell’abuso- (ferma la possibilità del docente di allegare e provare danni
ulteriori e diversi, in applicazione dei principi affermati da Cass. SU n. 5072 del 2016) -è stata ritenuta
sussistere tanto nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo quanto
nella ipotesi della certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un
accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale
scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma
109.

20. Non si è mancato, tuttavia, di precisare (punti
91 e 92 delle sentenze citate) che, al contrario, la astratta «chance» di
stabilizzazione- che può ravvisarsi nei casi in cui il conseguimento del posto
di ruolo non è certo ovvero non è conseguibile in tempi ravvicinati- non
costituisce, nel diritto interno, misura proporzionata, effettiva,
sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a
cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, in quanto
connotata da evidente aleatorietà.

21. Con la conseguenza che anche in siffatte
ipotesi, oltre che in quelle nelle quali l’interessato non ha mai potuto
accedere alla prospettiva di stabilizzazione, deve essere riconosciuto il
diritto al risarcimento del danno in conformità a quanto previsto nell’Accordo
Quadro allegato alla Direttiva, secondo i principi affermati da Cass. SU n. 5072 del 2016.

22. Da ultimo, si è ritenuta idonea a sanzionare
l’abuso perpetrato ed a riparare (tendenzialmente) l’illecito l’immissione in
ruolo ottenuta dal personale docente ed ATA della scuola attraverso il
previgente sistema di reclutamento, fondato sull’avanzamento nelle graduatorie
ad esaurimento in ragione della stipula dei contratti a termine.

23. L’ efficacia Sparatoria della stabilizzazione è
stata riconosciuta dalla giurisprudenza successiva anche in ipotesi di
reiterazione abusiva di contratti a termine da parte del datore di lavoro
pubblico in settori diversi da quello scolastico.

24. Nell’arresto del 3 luglio 2017 nr. 16336 questa
Corte ha ritenuto che l’effettiva stabilizzazione dei dipendenti a termine del
Ministero della Giustizia- assunti ex lege nr. 242/2000, articolo 1,
comma due ed in servizio presso la Amministrazione giudiziaria- ottenuta in
forza dell’articolo 1, comma
519, legge nr. 296/2006 attraverso l’operare dei pregressi rapporti di
lavoro a termine, integra misura idonea a sanzionare l’abuso (nella specie
consistito nelle successive ripetute proroghe dei contratti originari) ed a
risarcire il relativo danno.

25. Con la pronuncia del 2017 si è implicitamente
riconosciuta la generale valenza Sparatoria della intervenuta stabilizzazione (
alle condizioni di cui si dirà nel prosieguo), restando così smentito l’assunto
di parte ricorrente circa la riferibilità del principio al solo sistema di
assunzioni nella scuola statale.

26. Il percorso ulteriore ha posto in luce che, in
ogni caso, non vi è un automatismo tra la avvenuta assunzione in ruolo e la
riparazione dell’abusiva successione di contratti a termine.

27. Negli arresti del 20 marzo 2018 nr. 6935, 21
marzo 2018 nn.rr. 7060 e 7061, 19 novembre 2018, nr. 29779 questa Corte ha respinto
i ricorsi del datore di lavoro pubblico (nella specie A.R.T.A. ABRUZZO) – tesi
a sostenere la avvenuta riparazione dell’illecita reiterazione dei contratti a
termine a seguito della immissione in ruolo dei dipendenti precari- escludendo
la applicazione del principio enunciato da Cass. nr. 16336/2017 in mancanza di
prova della «stretta correlazione fra abuso del contratto a termine e procedura
di stabilizzazione, indispensabile per far ritenere quest’ultima misura
equivalente alla conversione» (nella specie l’ente si era limitato a
rappresentare che il dipendente era stato assunto, senza fornire ulteriori
indicazioni sulle modalità e sulle condizioni di ammissione alla procedura).

28. Ed ancora nella sentenza 30 marzo 2018 nr. 7982
la Corte ha parimenti escluso l’applicazione del principio enunciato con la
sentenza nr. 16336 del 2017 nel caso di stabilizzazioni avvenute alle
dipendenze di soggetti diversi dall’Ente pubblico che ha posto in essere il
comportamento abusivo (nella fattispecie ivi esaminata, la Regione Autonoma
Valle d’Aosta), pur se si tratti di società controllate o vigilate dallo
stesso.

29. Più di recente è stato chiarito (Cassazione
civile sez. lav., 17 luglio 2020, n. 15353) che nell’ipotesi di illegittima
reiterazione di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego privatizzato
la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura
sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’abuso
solo se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di
causa-effetto, il che si verifica quando l’assunzione a tempo indeterminato
avvenga in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del
personale precario vittima dell’abuso ovvero attraverso «percorsi riservati» a
detto personale. Si è dunque disattesa la tesi difensiva del Comune ricorrente,
che si era limitato ad affermare che l’immissione in ruolo dei dipendenti era
stata «agevolata» dall’esperienza acquisita nelle precedenti assunzioni a
termine, che aveva loro consentito di risultare vincitori dei concorsi banditi
per le assunzioni.

30. In sostanza, questa Corte ha già evidenziato che
l’efficacia sanante della assunzione in ruolo presuppone una «stretta
correlazione» fra abuso del contratto a termine e procedura di stabilizzazione
(Cass. nn.rr. 6935, 7060, 7061, 29779/2018), sia sotto il profilo soggettivo
-nel senso che entrambe devono provenire dal medesimo ente pubblico datore di
lavoro (Cass. nr. 7982/2018) – sia sotto il profilo oggettivo, nel senso della
esistenza di un rapporto di «causa-effetto» tra abuso ed assunzione (Cass. nr.
15353/2020).

31. Come già esposto nella citata pronuncia nr.
15353/2020, affinché tale rapporto di derivazione causale sussista non è
sufficiente che la assunzione in ruolo sia stata «agevolata» dalla successione
dei contratti a termine ma occorre che essa sia stata «determinata» da
quest’ultima.

32. In questa sede va ulteriormente precisato che la
relazione causale tra abuso del contratto a termine e stabilizzazione per
assumere valenza riparatoria deve essere «diretta ed immediata»; soltanto una
relazione di questo tipo si pone sullo stesso piano del rapporto intercorrente,
ex articolo 1223 cod. civ., tra abuso e danno
risarcibile, intervenendo, con effetto opposto, a neutralizzare l’effetto
pregiudizievole.

33. Detto rapporto diretto ed immediato sussiste nei
casi di effettiva assunzione in ruolo: per effetto automatico della
reiterazione dei contratti a termine – come accadeva nel settore scolastico in virtù
dell’avanzamento nelle graduatorie ad esaurimento- o, comunque, all’esito di
procedure riservate ai dipendenti reiteratamente assunti a termine e bandite
allo specifico fine di superare il precariato, che offrano già ex ante una
ragionevole certezza di stabilizzazione (anche se attraverso blande procedure
selettive), come nelle ipotesi del piano straordinario di assunzioni del
personale docente ex lege nr. 107/2015 e delle
procedure avviate ex lege nr.
296/2006, articolo 1, comma 519.

34. Tale interpretazione è conforme alla clausola 5
dell’accordo quadro allegato alla direttiva
1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia; nella sentenza
dell’ 8 maggio 2019, in causa C 494/17 -Rossato il giudice europeo ha chiarito,
infatti, che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere
interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che esclude
per i dipendenti pubblici ( nella specie, i docenti della scuola) che hanno
beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo
determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato qualsiasi diritto al
risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di
contratti a tempo determinato allorché una siffatta trasformazione non è né
incerta, né imprevedibile, né aleatoria.

35. Quando, invece, l’immissione in ruolo avviene
all’esito di una procedura di tipo concorsuale, la assunzione non è in
relazione immediata e diretta con l’abuso ma, piuttosto, è l’effetto diretto
del superamento della selezione di merito, in ragione di capacità e
professionalità proprie del dipendente.

36. Anche tale conclusione è conforme alla
interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro enunciata dalla Corte di
Giustizia. Nella sentenza del 19 marzo 2020, nelle cause riunite C-103/18 e
C-429/18, Sanchez Ruiz e Fernandez Alvarez, si legge, ai punti 100 e 101:

«100. Del resto, per quanto riguarda la circostanza
che l’organizzazione di procedimenti di selezione fornisce ai lavoratori
occupati in modo abusivo nell’ambito di una successione di rapporti di lavoro a
tempo determinato l’occasione di tentare di accedere a un impiego stabile,
potendo questi ultimi, in linea di principio, partecipare a tali procedimenti,
tale circostanza non può dispensare gli Stati membri dal rispetto dell’obbligo
di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo
a una successione di contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato.
Infatti, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle
sue conclusioni, a detti procedimenti, il cui esito è peraltro incerto, possono
partecipare anche i candidati che non sono stati vittime di un tale abuso.

101. Pertanto l’organizzazione di dette procedure,
essendo indipendente da qualsiasi considerazione relativa al carattere abusivo
del ricorso a contratti a tempo determinato, non sembra idonea a sanzionare
debitamente il ricorso abusivo a siffatti rapporti di lavoro e a rimuovere le
conseguenze della violazione del diritto dell’Unione.

Essa non sembra quindi consentire di raggiungere la
finalità perseguita dalla clausola 5 dell’accordo quadro».

37. Il principio della inidoneità di una procedura
concorsuale per l’immissione in ruolo a sanzionare l’abuso del contratto a
termine non è messo in discussione nelle ipotesi in cui l’amministrazione
bandisca concorsi riservati, interamente o per una quota di assunzioni, ai
dipendenti già impiegati con una successione di contratti a termine, procedure
svincolate da qualsiasi finalità di riparazione dell’abusiva successione di
detti contratti.

38. In caso di concorsi riservati la reiterazione
del contratto a termine opera come mero antecedente (remoto) della assunzione
ed offre al dipendente precario una semplice chance di assunzione, chance la
cui valenza Sparatoria è stata esclusa da questa Corte sin dalle sentenze del
18 ottobre 2016 sui precari della scuola.

39. La sentenza impugnata non è conforme ai principi
sin qui esposti.

40. La Corte territoriale ha ritenuto la riparazione
dell’illecito:

– in relazione alla L.: per la partecipazione ad un
concorso pubblico per titoli ed esami con riserva parziale di posti (all’esito
del quale, peraltro, ella neppure risultava idonea); per la manifestazione di
interesse alla procedura di reclutamento ex articolo 20, comma 1, D.Lgs nr.
75/2017 (le cui forme ricalcano quelle della procedura ex lege nr. 296/2006), senza verificare se di tale
ultima procedura il Comune di Bologna avesse deciso effettivamente di
avvalersi, in presenza dei presupposti di legge e se, all’esito, la L. fosse
stata stabilizzata in ragione dell’automatismo di cui si è detto nei punti che
precedono.

– per la G.: in ragione della idoneità acquisita
all’esito della procedura di reclutamento speciale transitoria, per titoli ed
esami, di cui all’articolo 4,
comma sei, DL. 31 agosto 2013 nr. 101 conv. con mod. in L. 30 ottobre 2013 nr. 125.

Trattasi di norma che non prevede una procedura
agevolata di immissione in ruolo- quale effetto della abusiva reiterazione dei
contratti a termine- ma la possibilità per le amministrazioni pubbliche
interessate di bandire procedure concorsuali per titoli ed esami, ancorché
interamente riservate al personale già assunto a tempo determinato.

41. La sentenza impugnata deve essere pertanto
cassata, in accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso, enunciando
il seguente principio di diritto: «Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle
ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione
in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia
riparatoria dell’iIlecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra
l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal
dipendente. Detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo,
che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in
essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia
l’effetto diretto ed immediato dell’abuso. Tale ultima condizione non ricorre
quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura
concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a
termine».

42. La causa si rinvia alla Corte di Appello di
Bologna in diversa composizione affinché provveda alla applicazione del principio
di diritto sopra esposto.

43. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alle
spese del presente grado

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso;
inammissibili il primo ed il secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e anche per le spese- alla Corte di Appello di Bologna in composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 giugno 2021, n. 15240
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