Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 giugno 2021, n. 16383

Rapporto di lavoro, Trasferimento, Prova di una situazione
di esubero, Compatibilità con le condizioni di salute del lavoratore

 

Rilevato che

 

1. con sentenza 21 aprile 2017, la Corte d’appello
di Bologna rigettava l’appello proposto da P.I. s.p.a. avverso la sentenza di
primo grado, di illegittimità del suo provvedimento del 12 settembre 2013 di
assegnazione della dipendente G.R. all’ufficio di Bibbiano, in quanto
trasferimento del quale la società datrice non aveva provato le esigenze di
giustificazione previste dall’art. 2103 c.c.,
tenuto conto del lavoro straordinario e quindi dell’inesistenza di posizioni in
esubero dall’ufficio a Quo;

2. a motivo della decisione, la Corte territoriale
escludeva la temporaneità del provvedimento, in assenza di un termine finale di
assegnazione della lavoratrice a diverso ufficio, non essendo risultate
l’impossibilità di trovare nel suo ufficio di provenienza, a Parma Est, una
diversa sistemazione organizzativa ad esso interna di utilizzabilità di una pur
ridotta capacità organizzativa, in applicazione delle misure previste dall’art. 2087 c.c.;

3. essa rilevava infine l’omessa confutazione dalla
società appellante della mancanza di prova di una situazione di esubero del
personale nell’ufficio a quo di Parma Est;

4. con atto notificato il 19 ottobre 2017, la
società ricorreva per cassazione con tre motivi, cui la lavoratrice resisteva
con controricorso;

5. P.I. s.p.a. comunicava memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c.;

 

Considerato che

 

1. la ricorrente deduce violazione degli artt. 2103 c.c. e 38 CCNL del 14 aprile 2011,
per la natura temporanea del provvedimento di assegnazione della lavoratrice ad
altra sede di lavoro rispetto a quella propria (comportante anche attività
esterne di proposizione di prodotti e servizi di base e recapito di prodotti
specifici), in attesa di verdetto della Commissione ASL a seguito di istanza,
ai sensi dell’art. 5 I.
300/1970, per l’accertamento dell’idoneità fisica della lavoratrice, conseguente
alla sua richiesta di esonero dalle attività esterne, essendo soggetta ad
attacchi di panico e agorafobia durante la guida dell’auto soprattutto nelle
ore pomeridiane e serali: provvedimento pertanto non dipendente da esigenze
organizzative aziendali ma dall’interesse primario della stessa lavoratrice
istante (primo motivo); violazione degli artt. 2087
c.c., 5 I. 300/1970 e
del d.lg. 81/2008, per l’adozione del
provvedimento di assegnazione ad altra sede quale misura di protezione della
lavoratrice, di cui la ASL aveva accertato l’inidoneità all’attività di
portalettere, cui era addetta presso l’ufficio a quo, per tre mesi, in sede di
visita periodica di sorveglianza, al cui esito era stata avviata la procedura
di accertamento a sensi dell’art.
5 I. 300/1970 (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono fondati;

2.1. la Corte territoriale ha qualificato
l’assegnazione di P.I. s.p.a. della lavoratrice, alla stregua di trasferimento,
ai sensi dell’art. 2103 c.c. nel testo vigente
ratione temporis, in quanto non temporaneo per mancanza di apposizione di un
termine finale (così al quint’ultimo capoverso di pg. 3 della sentenza);

2.2. essa ha quindi argomentato il proprio
ragionamento decisorio, ritenendo “le ragioni organizzative datoriali,
alla luce del dovere di protezione ritraibile dall’art.
2087 c.c. e degli altri precetti di più specifica consistenza in
materia” ben rappresentabili “dalla esigenza di ricevere
proficuamente e, a latere lavoratoris, intra vires, una prestazione promanante
da una ridotta capacità di lavoro” (così al quartultimo capoverso di pg. 3
della sentenza), avendo “il datore il dovere di ricercare previamente,
nell’ambito della propria struttura produttiva e pur sempre senza essere onerato
da inesigibili modificazioni, una posizione di lavoro confacente” (così al
terzultimo capoverso di pg. 3 della sentenza); senza tuttavia ravvisare, nella
capitolazione probatoria di P. s.p.a. “nessuno specifico riferimento alla
impossibilità di ricevere proficuamente la prestazione nell’ufficio a quo di
Parma Est o ad una maggiore utilizzabilità del facere sub iudice, ove esplicato
presso la sede ad quem di Bibbiano”, risultando anzi dal “ricorso a
lavoro straordinario, ricavabile dalle raccolte testimonianze … non
comprovata una situazione di esuberanza presso l’ufficio a quo di Parma Est…
non specificamente censurata” (così agli ultimi due capoversi di pg. 3
della sentenza);

2.3. appare evidente che, sia pure con motivazione
estremamente concisa e a tratti criptica, la Corte territoriale abbia inteso le
ragioni organizzative datoriali nella loro declinazione in funzione protettiva
del lavoratore, a norma dell’art. 2087 c.c.,
tuttavia limitando l’accertamento, con evidente sua lacuna, alla sola non
comprovata situazione di esuberanza, che non esaurisce tuttavia l’indagine
giudiziale in una materia tanto delicata come l’utilizzabilità, all’interno
della struttura aziendale cui addetto, del lavoratore attinto da una inidoneità
fisica sopravvenuta (profilo peraltro evocato dalla locuzione, sopra citata:
“esigenza di ricevere proficuamente e, a latere lavoratori, intra vires,
una prestazione promanante da una ridotta capacità di lavoro”)-,

2.4. al riguardo, sono noti i principi (declinati in
specifico riferimento al licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del
lavoratore, ben trasponibili al caso in esame) per i quali il datore di lavoro
ha l’obbligo di previa verifica della possibilità di adattamenti organizzativi
ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità di un eventuale
recesso, in applicazione dell’art.
3, comma 3bis d.lg. 216/2003, di recepimento dell’art. 5 della Direttiva
2000/78/CE, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e
conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5 (Cass. 19 marzo 2018, n. 6798; Cass. 26 ottobre 2018, n. 27243; Cass. 21 maggio 2019, n. 13649), essendo egli
tenuto, pur senza modificare l’assetto organizzativo dei fattori produttivi
insindacabilmente stabiliti, ad assegnare all’invalido mansioni compatibili con
la natura e il grado delle sue menomazioni, reperendo nell’ambito della
struttura aziendale il posto di lavoro più adatto alle condizioni di salute di
tale lavoratore (Cass. 30 dicembre 2009, n. 27845);

2.5. ebbene, la ricorrente ha documentato,
nell’assoluzione dell’onere di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., di
avere comunicato il 12 settembre 2013 l’assegnazione temporanea della
lavoratrice dal CDP di Parma Recapito Ovest al CPD di Bibbiano per lo
svolgimento di attività interne (debitamente trascritta a pg. 11 del ricorso),
per effetto della certificazione medica 4 gennaio 2013 della sua soggezione ad
attacchi di panico e agorafobia durante la guida dell’auto soprattutto nelle
ore pomeridiane e serali con consiglio di non utilizzarla al lavoro per servizi
esterni (debitamente trascritta a pg. 12 del ricorso) e pertanto su richiesta
della lavoratrice di esonero da tali servizi; essa ha quindi attivato la
procedura di accertamento dell’idoneità fisica della lavoratrice presso la
Commissione ASL competente, ai sensi dell’art. 5 I. 300/1970, nell’ambito di
quelle soluzioni che consentano l’impiego del dipendente divenuto inidoneo
presso una sede di lavoro collocata preferibilmente nell’ambito del Comune o
della Provincia, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive (art. 81, terzo comma CCNL di P.
del 14 aprile 2011), nella prospettiva di assoluzione dell’obbligo
datoriale di adozione di adattamenti organizzativi ragionevoli;

2.6. sicché, la Corte felsinea ha del tutto
trascurato di verificare, come invece avrebbe dovuto alla luce delle risultanze
di causa, il profilo – coessenziale al compiuto accertamento comportato dalla
questione controvertita tra le parti – di quale sia il posto di lavoro da
assegnare da P. s.p.a. alla lavoratrice compatibile con le sue condizioni di
salute, in ragione della natura e del grado delle menomazioni, reperibile
nell’ambito della struttura aziendale;

3. la ricorrente deduce infine violazione dell’art. 115, 116 c.p.c.,
per la valutazione incongruente delle risultanze istruttorie, specificamente
riportate, da parte della Corte territoriale (terzo motivo);

4. esso è assorbito;

5. per le suesposte ragioni il ricorso deve essere
accolto, in relazione ai primi due motivi ed assorbito il terzo, con la cassazione
della sentenza impugnata e rinvio, per l’accertamento indicato al superiore
punto sub 2.6. e la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla
Corte d’appello di Bologna in diversa composizione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia,
anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte
d’appello di Bologna in diversa composizione.

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