Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 giugno 2021, n. 17993

Inps, Cartelle esattoriali, Omissione contributiva,
Compenso, Tempo di viaggio, Compensi inferiori a quelli previsti dalla
contrattazione collettiva di settore

Fatti di causa

 

La Corte d’appello di Milano confermando la sentenza
del Tribunale, ha accolto l’opposizione proposta dalla soc.
S. avverso le cartelle aventi ad oggetto il pagamento all’Inps di contributi
relativi ai trattamenti erogati dalla società, in base ad accordi aziendali del
2002, ai dipendenti per il cd “tempo di viaggio”.

La Corte, riformata la sentenza del Tribunale
secondo cui era inammissibile la pretesa dell’Inps stante la definitività del
provvedimento del 15/10/2009 di annullamento del verbale ispettivo posto a base
della cartella riguardando tale annullamento solo i contributi dei compensi per
i trasfertisti e non i compensi 
forfettari per il tempo di viaggio, ha affermato che i compensi erano
stati erogati in base ad accordi aziendali del 2002 che prevedevano compensi
forfettari non commisurati al tempo di viaggio, ma diversificati secondo fasce
chilometriche e che secondo l’Inps, in tal modo, vi era la violazione del
minimale contributivo di cui alla L n 389/1989
per essere tali compensi inferiori a quelli previsti dalla contrattazione
collettiva di settore.

Secondo la Corte, tuttavia, non era sufficiente la
mancata erogazione di una voce e dei relativi contributi per integrare
automaticamente la violazione del CCNL, essendo necessario procedere ad un
calcolo della contribuzione complessivamente dovuta alla stregua del contratto
collettivo cd leader che nella fattispecie non era emersa , con la dovuta
certezza ,che il trattamento aziendale fosse inferiore a quello previsto dal CCNL,
che, infatti, non era contestato che, per effetto degli accordi aziendali
integrativi, i dipendenti avessero trattamenti economici globalmente
considerati maggiori rispetto a quelli del CCNL, così come indicato dalla S. e
sulla base della documentazione allegata.

Ha osservato ancora che, comunque, la società aveva
messo a disposizione degli ispettori i prospetti dove erano indicati per
ciascun dipendente la tipologia di viaggio , la destinazione , ma dalla
documentazione non era stato possibile stabilire il tempo di percorrenza dei
singoli viaggi e che tale circostanza non aveva consentito di verificare in
concreto se il compenso forfettario giornaliero previsto dagli accordi
aziendali fosse comunque inferiore al compenso dovuto in base al CCNL.

La Corte ha, altresì, riferito che gli ispettori
avevano considerato un tempo ipotetico di mezz’ora a viaggio e che tale metodo
di calcolo non era corretto e comunque non poteva essere posto a carico della
società fornire la prova della mancata violazione della normativa collettiva.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con tre
motivi. Resiste la soc S. che deposita controricorso
con ricorso incidentale condizionato cui replica l’Inps con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art
378 cpc.

 

Ragioni della decisione

 

3. Con il primo motivo l’Inps denuncia violazione
dell’art. 12 L n 153/1969,
1 DL n 338/1989 conv. in L n 389/1989,
interpretato autenticamente dall’art.
2, comma 25, L 549/1995 e dell’art. 2697 cc.
Osserva che i compensi di viaggio forfettari erogati ai lavoratori per
raggiungere il luogo di lavoro erano inferiori a quelli previsti dall’art. 27
del CCNL secondo cui le ore eccedenti il normale orario erano compensate con un
importo pari all’85%della retribuzione oraria ordinaria ; che invece l’accordo
aziendale dell’8/5/2002 non ancorava il compenso al superamento dell’orario di lavoro,ma prevedeva compensi differenziati secondo fasce
chilometriche.

Deduce che la S. non era stata in grado di provare
per ciascuno lavoratore la distanza percorsa e i tempi di percorrenza ; che
aveva ammesso di non aver applicato l’art. 27 CCNL; che aveva allegato che per
effetto degli accordi aziendali tutti i dipendenti avevano percepito
complessivamente trattamenti migliorativi rispetto al CCNL e che ,tuttavia, non
aveva provato che per ogni singolo lavoratore l’importo della contribuzione
versata sarebbe stata superiore se fosse stato applicato il CCNL, essendosi
limitata al complesso di retribuzione erogata a tutti i lavoratori, mentre,
invece, l’accertamento del rispetto della regola del minimale doveva essere
fatta con riferimento al singolo lavoratore e la prova doveva gravare sul
datore di lavoro.

4.Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 12 L n 153/1969, dell’art. 1 DL n 338/1989 con in L n 389/1989 interpretato autenticamente dall’art. 2, comma 25, L 549/1995 e
dell’art. 2697 cc.

Lamenta che non era stato compiuto per ogni singolo
lavoratore, oggetto dell’accertamento ispettivo, una comparazione fra l’importo
della contribuzione effettivamente versata e quella che avrebbe dovuto essere
versata sulla base del CCNL.

5. Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 12 L n 153/1969, 1 DL n 338/1989 con in L n 389/1989 interpretato autenticamente dall’art. 2, comma 25, L 549/1995 e
dell’art. 2697 cc Si duole che, contrariamente
a quanto affermato dalla Corte, l’ onere della prova gravava sulla S. che
assumeva di dover corrispondere una contribuzione inferiore .

6. La soc. S. con il primo
motivo del ricorso incidentale condizionato denuncia violazione dell’art. 21 nonies
e 21 quinquies
L. n 241/1990 e degli artt
1362 – 1371 cc con riferimento
all’interpretazione del provvedimento dell’Inps del 15/10/2009 n 120076 e della
sua successiva illegittima revoca .

Con il secondo motivo la controricorrente denuncia
violazione degli artt 342,
434 cpc circa
l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata specificità dei motivi
, rigettata dalla Corte territoriale.

6. Il ricorso principale va accolto, restando
assorbito il ricorso incidentale condizionato.

7. In fatto risulta accertato dalla Corte d’appello
che il cd “tempo viaggio” per raggiungere il luogo di lavoro è stato
compensato ai trasfertisti in base ad accordi aziendali, tenendo conto della
distanza chilometrica e non già sensi dell’art. 27 del CCNL che prevede, in
caso di eccedenza dell’orario normale, un compenso dell’ 85% della retribuzione
oraria.

Secondo l’Inps la S. su cui gravava l’onere
probatorio, non aveva provato se il compenso erogato in concreto fosse o meno
migliorativo rispetto a quello del CCNL, atteso che non era stato possibile
accertare la durata dei singoli viaggi e, dunque, se il compenso erogato in
concreto fosse o meno inferiore a quello dovuto in base al CCNL, con la
conseguenza che doveva ritenersi violata la regola del minimale retributivo ,in
assenza di prova da parte della S. di avere comunque, corrisposto per i singoli
lavoratori importi superiori a quelli della contrattazione collettiva di
settore .

8. Appare opportuno ricordare che, fin dalla sentenza n 11199/2002, le Sezioni unite di questa
Corte, nel risolvere un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che
“L’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei
contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che
sarebbe dovuta, ai lavoratori di un determinato settore, in applicazione dei
contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative
su base, nazionale; si tratta del cd “minimale contributivo” secondo il
riferimento ad essi operato, con esclusiva incidenza sul rapporto
previdenziale, dall’art. 1 del
DL 9 ottobre 1989 n. 338, convertito nella legge
n. 389/1989″.

Detta disposizione è stata autenticamente
interpretata dall’art. 2, comma
25, della L n 549/1995, il quale dispone che “L’art. 1 del DL 338/89
convertito con modificazioni in L n 389/1989 si
interpreta nel senso che in caso di pluralità di contratti collettivi
intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base
per il calcolo dei contributi è quella 
stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative della categoria” (si tratta del c.d. contratto leader). La
legge determina quindi un imponibile “minimo” da sottoporre a
contribuzione, al di sotto del quale non è possibile scendere, ancorché la
retribuzione dovuta ed erogata al lavoratore sia inferiore) e la contrattazione
collettiva funge da parametro per la determinazione dell’obbligo contributivo
minimo .

9. Ciò premesso nella fattispecie in esame l’Inps
denuncia la violazione del minimale contributivo in quanto il cd tempo viaggio
sarebbe stato retribuito non in applicazione dell’art.
27 cc, ma in modo forfettario in base ad accordo aziendale e sarebbe stato
onere del datore di lavoro provare che di fatto il compenso ricevuto fosse
analogo o superiore a quello dovuto in base al CCNL.

9. Premesso che senza dubbio è onere del datore di
lavoro fornire la prova dell’avvenuta corresponsione di contribuzione
parametrata alla retribuzione determinata dalla contrattazione collettiva di
settore , va altresì affermato che ai fini dell’accertamento del rispetto di
detto parametro ” debba farsi riferimento all’insieme delle voci
retributive ivi contemplate, e quindi alla retribuzione considerata nel suo
complesso, quale in esso determinata, a prescindere dall’articolazione nelle
singole, distinte voci. Non è, quindi, sufficiente la mancata erogazione di una
voce e dei relativi contributi per integrare automaticamente la omissione, ma è
necessario procedere ad un calcolo della contribuzione “complessivamente”
dovuta alla stregua del contratto leader”. La sentenza impugnata si è
espressa in questi termini , in conformità alla decisione di questa Corte n 9169/2003, e detti principi vanno qui
accolti e ribaditi.

10. Nella specie la Corte territoriale ha riferito
che” non è contestato in causa che, per effetto degli accordi aziendali
integrativi , nel periodo oggetto del controllo ispettivo, i dipendenti hanno
ottenuto / trattamenti economici (globalmente considerati e non riferiti
esclusivamente all’elemento retributivo del compenso per il tempo viaggio)
maggiori rispetto a quelli previsti dal CCNL come indicato dalla difesa S. e
come risulta dalla documentazione allegata in primo grado, dove sono stati
riepilogati e posti a confronti gli imponibili considerati dall’Inps nel
verbale di accertamento suddivisi per categoria di dipendenti con quelli
erogati da S. nello stesso periodo”.

Non risulta, dunque, alcun intento dell’azienda di
sottrarsi agli obblighi contributivi avendo di fatto versato – sulla base di
accordi aziendali e valutata anche la difficoltà di quantificazione della
durata dei singoli trasferimenti – alle casse dell’Inps importi superiori
rispetto a quello che avrebbe dovuto in base al CCNL.

11. Sulla base di tale accertamento in fatto
contenuto nella sentenza, e che cioè la S. riconosce ai lavoratori interessati
all’accertamento ispettivo un trattamento economico complessivo più favorevole
rispetto a quello previsto dal CCNL con conseguente corresponsione di una maggiore
contribuzione per effetto dell’applicazione degli altri istituti negoziali
previsti dai medesimi accordi aziendali più favorevoli rispetto al CCNL, la
richiesta dell’Istituto, oggetto del presente giudizio, non risulta fondata.

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso
principale deve essere rigettato. Il ricorso incidentale condizionato resta
assorbito.

11. Le spese di lite seguono la soccombenza.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13 , comma 1 quater, dpr n 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale condizionato . Condanna l’Inps a pagare le spese di lite
liquidate in Euro 38.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese
generali ed accessori di legge nonché Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il
ricorso a norma del comma 1 bis , dello stesso art 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 giugno 2021, n. 17993
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