Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 giugno 2021, n. 17967

Infortunio in itinere, Tutela indennitaria, INAIL, Danno
differenziale, Distinzione delle diverse componenti, Liquidazione, Calcolo
del risarcimento

Fatti di causa

M. A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di
Bologna, S. M. e la D.L.I. S.p.A. (a seguito di modifica della denominazione
sociale, divenuta V. Ass.ni S.p.A.), per sentirli condannare, in solido tra
loro, al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro verificatosi il 3
giugno 2008, mentre si A. trovava alla guida della propria motocicletta che era
entrato in collisione con l’autovettura condotta dal M. il quale si era immesso
nel traffico accedendo da un parcheggio, senza concedere la precedenza.
Trattandosi di infortunio in itinere, Inail ammetteva
il caso alla tutela indennitaria e, successivamente, interveniva
volontariamente nel giudizio promosso dal lavoratore, al fine di esercitare
l’azione di surrogazione ai sensi degli articoli
1916 c.c. e 142 del decreto
legislativo n. 209 del 2005, chiedendo la condanna dei convenuti, in solido
tra loro, al rimborso delle prestazioni assicurative erogate in favore
dell’infortunato, quantificate in euro 84.352,77. Il Tribunale di Bologna, con
sentenza n. 20920 del 2013, accertava una responsabilità concorrente del
danneggiato e del responsabile civile, ai sensi dell’articolo
2054, secondo comma c.c. e, conseguentemente, rigettava la domanda
dell’attore in quanto il pregiudizio liquidabile in ambito civilistico
risultava inferiore all’indennizzo percepito da Inail
e condannava i convenuti in solido al rimborso, in favore dell’ente
previdenziale, della somma di euro 35.162,50, oltre rivalutazione e interessi,
determinata a titolo di risarcimento del danno biologico permanente nella
misura di euro 30.000 e per danno biologico temporaneo, per la restante parte,
escludendo la sussistenza di un danno patrimoniale in ambito civilistico.

Secondo il Tribunale, per il principio di omogeneità
dei titoli di danno civilistico riconosciuti al danneggiato, costituiva posta
surrogabile solo la componente del danno biologico, escludendo quella
patrimoniale, ritenuta pari ad euro 43.897,91. La restante parte (determinata
in euro 40.454,51) era suscettibile di surrogazione sino alla concorrenza del
corrispondente danno civilistico risarcito al danneggiato e quindi, sino
all’importo di euro 35.162,50.

Avverso tale decisione proponeva appello M. A.,
censurando il concorso di responsabilità affermato in sentenza, lamentando
un’inadeguata personalizzazione del danno biologico e la mancata liquidazione
di quello patrimoniale. Infine, secondo l’appellante, il Tribunale avrebbe
erroneamente considerato per intero la rivalsa di Inail,
senza differenziare la quota di rendita erogata per il danno biologico e quella
riferita alle conseguenze patrimoniali dell’infortunio.

Si costituiva Inail
contestando il gravame e proponendo appello incidentale, anche con riferimento
al calcolo del danno differenziale. Trattandosi di invalidità superiore al 16%
la rendita era riferita, per una quota, al danno biologico, e per altra quota,
alle conseguenze patrimoniali dell’inabilità permanente.

Conseguentemente, secondo l’appellante incidentale,
il danno differenziato avrebbe dovuto essere determinato “avuto riguardo
all’ammontare complessivo dei rispettivi indennizzi” e non operato posta
per posta. Si costituiva la compagnia di assicurazione contestando la fondatezza
dell’appello principale e di quello incidentale.

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 3
settembre 2018, in riforma della decisione impugnata, dichiarava la
responsabilità di P.M. A. nella misura del 20% e di S. M., per la restante misura. 

Condannava i convenuti in solido a corrispondere la
somma complessiva di euro 39.653,63, oltre interessi e, in parziale
accoglimento dell’appello incidentale, condannava la compagnia al pagamento, in
favore dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul
Lavoro, alla complessiva somma di euro 9.267,09, oltre rivalutazione e
interessi, provvedendo sulle spese. Avverso tale decisione propone ricorso per
cassazione l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro,
affidandosi a tre motivi illustrati da memoria. Gli intimati non svolgono
attività processuale in questa sede.

La trattazione del ricorso è stata fissata in
udienza pubblica, ma il Collegio ha proceduto in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 23, comma 8 – bis d. I.
n. 137 del 2020, convertito con I. n. 176 del
2020, in mancanza di richiesta di discussione orale, con adozione della
presente decisione in forma di sentenza in ragione della modalità di
trattazione già fissata. Il Procuratore generale ha formulato le sue
conclusioni motivate ritualmente comunicate alle parti insistendo per
l’accoglimento del ricorso quanto al solo secondo motivo.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c,
la violazione dell’art. 10,
del d.p.r. 30.6.1965, n. 1124, e dell’art. 1916 c.c. e dell’art. 142, cod. ass.
priv, per ciò che concerne la liquidazione del
danno per poste omogenee, con distinzione delle diverse componenti, effettuata
dalla Corte di appello di Bologna, in quanto superata dalle modifiche apportate
dall’art. 1, comma 1126, della
legge n. 30.12.2018, n. 145, al predetto art. 10 (e all’art. 11) del d.p.r. 1124/1965. La decisione impugnata avrebbe fatto
applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ma
oggi superati dalle modifiche introdotte dalla legge
n. 145 del 2018. L’art. 10
del d.p.r. n. 1124 del 1965, aveva subito
modifiche rilevanti ai commi 6, 7 ed 8. Nel comma 6, si esclude il risarcimento
nell’ipotesi in cui il giudice riconosca che, in considerazione dei pregiudizi
oggetto di indennizzo, sulla base di una valutazione “a qualsiasi titolo e
indistintamente”, quegli importi risultino superiori al pregiudizio
sofferto dal danneggiato. Il comma 7, precisa che il risarcimento è dovuto solo
“per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti per le
somme liquidate complessivamente a qualunque titolo, a norma dell’articolo 13, comma due, lettere A e B
del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38”. Infine, il comma 8,
prevede che, con riferimento ai precedenti commi, l’indennità di infortunio è
rappresentata dal valore capitale della rendita complessivamente liquidata,
calcolato in base alle tabelle di cui all’articolo 39, “nonché da
ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo”.

Sulla base di tali elementi, la Corte territoriale
avrebbe dovuto detrarre, dal risarcimento complessivo per i pregiudizi oggetto
di indennizzo, quanto erogato dall’Inail, senza
alcuna distinzione collegata alle poste di danno in precedenza indennizzate. In
considerazione anche della nuova formulazione del primo comma del successivo articolo 11, l’azione di
regresso dell’Istituto consentirebbe di recuperare tutte le somme, a qualsiasi
titolo erogate, in favore degli aventi diritto, con l’unico limite del danno
risarcibile in ambito civile.

Anche all’articolo 142 del decreto legislativo
n. 209 del 2005 sono state apportate delle modifiche che si riferiscono al
“complessivo risarcimento dovuto … da erogare a qualsiasi titolo”.

Secondo il ricorrente, pur avendo agito ai sensi
dell’articolo 142, sulla base
di un costante orientamento di legittimità, al fine della liquidazione di
quanto dovuto dal terzo responsabile dell’infortunio, sarebbe applicabile la
disciplina prevista dal d.p.r.
n. 1124 del 1965 dettata in favore del lavoratore infortunato.

Orbene, poiché l’articolo 1, comma 1126 e l’articolo 19 della legge n. 145 del
2018 sono entrati in vigore il 1 gennaio 2019, sarebbero applicabili ai
giudizi ancora pendenti trattandosi di norme implicitamente interpretative e
ciò in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui la nuova legge diretta
a disciplinare gli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico è
immediatamente applicabile, indipendentemente dalla correlazione con il fatto
giuridico generatore (sinistro stradale, nel caso di specie). Sotto altro
profilo, il favore per la determinazione del danno differenziale riferibile ad
un mero criterio quantitativo, avrebbe trovato un implicito riconoscimento
nelle decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di compensatio lucri cum damno (Cass. 22 maggio 2018 nn. 12564-5-6 e 7) atteso il valore meramente descrittivo della
partizione in plurime voci di danno del pregiudizio subito dalla persona,
considerata come valore unitario.

Infine, la distinzione tra danni differenziali
(indennizzati) e danni complementari (non ammessi alla tutela Inail) sarebbe incerta, come pure la rigida
differenziazione tra danno patrimoniale e non patrimoniale, in ambito
previdenziale.

Il motivo è infondato.

La censura si basa sulla natura di legge
interpretativa, e quindi retroattiva, attribuita alla modifica dell’art. 10, citato.

Ma a tale proposito, va preliminarmente rilevato che
-come riconosciuto anche dal ricorrente in memoria- l’art. 3-sexies, comma 1, del D.L. 30
aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58 ha abrogato la lett. b) dell’articolo 10, settimo comma, del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965,
n. 1124, che aveva inserito, dopo le parole: « a norma degli articoli 66 e seguenti », le
seguenti: «e per le somme liquidate complessivamente ed a qualunque titolo a
norma dell’articolo 13, comma 2,
lettere a) e b), del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 ».

Conseguentemente, poiché dopo sei mesi dall’entrata
in vigore, sono state abrogate, in virtù di un emendamento introdotto alla
Camera durante la discussione della legge di conversione del d.l. n. 34/2019, le
disposizioni che erano intervenute a modificare gli artt. 10 (commi 6, 7 ed 8) ed 11
(commi 1 e 3) del d.P.R. 31 giugno 1965, n. 1124,
nonché il comma 2 dell’art. 142
cod. ass, le tematiche dell’ambito della rivalsa,
della surroga e del danno differenziale in ambito INAIL, vanno risolte sulla
base dell’orientamento di legittimità precedente al 30 dicembre 2018.
Rimangono, quindi, intangibili i diritti del danneggiato – assicurato INAIL, al
risarcimento di quei danni che non prevedono copertura da parte dell’Istituto.

Va data continuità ai principi richiamati dalla
decisione impugnata e da ultimo ribaditi da questa Corte secondo cui: in tema
di danno cd. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra
l’erogazione Inail ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000
ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di
ritenere che le somme versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi
integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o
ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il
danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con
l’indennizzo erogato dall’Inali secondo il criterio delle poste omogenee,
tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico
permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di
danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non
patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità
lavorativa specifica dell’assicurato; successivamente, con riferimento al danno
non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno
espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno
biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore
capitale della sola quota della rendita Inail
destinata a ristorare il danno biologico permanente (da ultimo, Cass. Sez. L. n. 9112 del
02/04/2019 – Rv. 653452 – 01).

Quanto alla possibilità di applicare al caso di
specie la disciplina come novellata anche all’ipotesi, ricorrente nella
fattispecie in oggetto, di fatto illecito precedente all’entrata in vigore
della legge n. 145 del 2018, tale eventualità,
come rilevato anche dal ricorrente in memoria, è stata esclusa dalla
giurisprudenza (successiva al deposito del ricorso) di questa Corte che ha
affermato che le modifiche del citato art. 10 del d. P.R. n. 1124 del
1965, introdotte dalla I. n. 145 del 2018,
sono di natura innovativa e non meramente interpretativa, con la conseguenza
che non si applicano agli infortuni sul lavoro verificatisi ed alle malattie
professionali denunciate prima del primo gennaio 2019 (Cass.
Sez. L – , Sentenza n. 8580 del 27/03/2019, Rv.
653211 – 01).

In considerazione della omogeneità della disciplina
applicabile per il rimborso di una rendita erogata, sia per il caso di
infortunio da sinistro stradale, che per l’indennizzo relativo a malattie
professionali come pure a quello per infortuni sul lavoro (Cass,
5 marzo 2008, n. 5935; Cass. 5 novembre 2002, n.
16563 e altre) il principio affermato da questa Corte riguarda, oltre che il
dato temporale dell’infortunio sul lavoro o della malattia professionale
denunziata, anche quello “(della data di verificazione del sinistro in
itinere rilevante nel caso di specie. Non vi sono ragioni per discostarsi da
tale orientamento.

Le considerazioni contenute nella memoria depositata
da INAIL ex art. 378 c.p.c. non consentono di superare le argomentazioni sopra
espresse, atteso che questa Corte, nelle decisioni successive alla citata
sentenza a Sezioni Unite in tema di compensatio lucri
cum damno, ha
consapevolmente ribadito i principi sopra indicati, affermando che
“l’importo della rendita per l’inabilità permanente corrisposta dall’INAIL
per l’infortunio “in itinere” occorso al lavoratore va detratto dalle
somme in concreto dovute a quest’ultimo, allo stesso titolo, dal terzo
responsabile del fatto illecito” (Cass. Sez. 3 –
Sentenza n. 2550 del 30/01/2019

). Il danneggiato, pertanto, ha “diritto ad
ottenere l’importo residuo, nel caso in cui il danno liquidato sia stato
soltanto in parte coperto dalla predetta prestazione assicurativa, e non somme
ulteriori” (Cass. Sez. 3, n. 14362 del
27/05/2019 e negli stessi termini: Cass. Sez. 3, n.
18050 del 05/07/2019; Cass.Sez. 6 3, n. 26647 del
18/10/2019; Cass. Sez. 6 L, n. 17655 del 25/08/2020;
Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24474 del 04/11/2020).

Con il secondo motivo, si
deduce la violazione dell’art. 13, del d.lgs. 23.2.2000, n. 38,
dell’art. 1916 c.c. e dell’art. 142 cod. ass. priv., avendo la Corte di appello
erroneamente omesso di ritenere i responsabili civili tenuti al rimborso degli
acconti erogati da I.N.A.I.L. per l’indennizzo del danno biologico, con acconti
pari ad € 11.521; somma che sarebbe andata a decurtazione dell’importo
riconosciuto al danneggiato. In particolare, il giudice di merito aveva
determinato il danno differenziale sulla base del risarcimento del danno
civilistico riferito alla nuova percentuale di responsabilità del conducente
del veicolo antagonista (80%), cui corrispondeva l’importo di euro 54.372,78 e
aveva detratto da tale importo, quanto erogato da INAIL in quota capitale della
rendita per l’indennizzo del danno biologico (euro 28.871,58).

Pertanto il
danno biologico differenziale spettante alla vittima, oltre a quanto liquidato
da Inail, sarebbe stato pari ad euro 25.501,2.
L’importo non considerato ammonterebbe ad euro 11.512,25 che avrebbe dovuto
essere destinato all’Inali, a titolo di surroga, perché riferito agli acconti
già erogati.

Il motivo è
fondato, in quanto anche la suddetta erogazione periodica costituisce un
credito surrogabile a favore di I.N.A.I.L. Il conteggio operato dal giudice di
appello è errato, attesa l’omessa considerazione degli acconti e dei ratei
comunque erogati per l’indennizzo del danno biologico, risultanti
dall’attestato di costo, aggiornato al 9 gennaio 2018, preso in esame dalla
Corte d’Appello e depositato all’udienza di precisazione delle conclusioni.

In definitiva,
l’errore risiede nel fatto di avere limitato il diritto di surrogazione alle
sole somme erogate a titolo di valore capitale della rendita per l’indennizzo
del danno biologico e non anche ai ratei e agli acconti già pagati, sempre a
titolo di danno biologico, trattandosi di invalidità permanente superiore al
16%.

In questi
termini occorre dare continuità a quanto affermato da questa Corte in
fattispecie analoghe a quelle in esame, ribadendo che, nei casi in cui la
rendita sia stata erogata, in parte, prima dei provvedimenti di competenza del
giudice civile in tema di risarcimento del danno, il giudice di merito dovrà
prendere in esame, al momento della proposizione della domanda di surrogazione,
anche i ratei della rendita già erogati e che Inail continuerà
a versare in corso di causa.

Pertanto, il
calcolo del credito surrogatoria di Inail deve
avvenire considerando, da un lato, i ratei già corrisposti (da rivalutare,
trattandosi di debito di valore) e, dall’altro, capitalizzando (e quindi
trasformando il capitale) la rendita ancora da erogare, riferita alla speranza
di vita del beneficiario (Cass, 15 ottobre 2018, n.
25618). A tali criteri dovrà attenersi il giudice del rinvio. Con il terzo
motivo si lamenta la violazione del giudicato interno, essendo stata
interamente attribuita al danneggiato la voce di € 8.920,80, dovuta a titolo di
inabilità temporanea, in quanto non erogata a suo favore da I.N.A.I.L. e quindi
da riconoscersi interamente a favore del predetto danneggiato, il quale,
peraltro, non avrebbe espresso alcuna doglianza specifica, riferita a tale
voce. In particolare, la Corte territoriale avrebbe affermato un principio
astrattamente corretto e cioè quello secondo cui la quota relativa al danno
biologico temporaneo non compariva nel prospetto Inail.
Facendo discendere da ciò il diritto del danneggiato al riconoscimento
dell’intero importo, senza alcuna decurtazione per effetto dell’intervento
dell’assicuratore sociale. Nel caso di specie, però, il Tribunale aveva
liquidato in favore del danneggiato A. il danno biologico permanente e quello
temporaneo, attribuendolo integralmente all’Inail,
poiché tale ente aveva erogato un importo di gran lunga superiore all’ammontare
complessivo della voce del danno biologico.

In sede di
appello, il danneggiato nulla avrebbe dedotto riguardo all’attribuzione in
favore di Inail dell’importo relativo al danno
biologico temporaneo che, effettivamente, non viene indennizzato dall’Istituto.
Pertanto, l’appellante aveva aderito alla decisione del Tribunale, accettando
che il danno biologico temporaneo rimanesse assoggettato alla rivalsa dell’Inail.

La censura è
inammissibile perché dedotta in violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. Il motivo si fonda sul presupposto che l’appellante non
avrebbe impugnato espressamente il capo della sentenza di primo grado con cui
l’importo liquidato per il danno biologico temporaneo sarebbe stato
(interamente e, per tale motivo, erroneamente) attribuito all’Inali in
accoglimento dell’azione di surroga.

Tale profilo non è dedotto
compiutamente, poiché l’Istituto ricorrente alle pagine 4 e 5 del ricorso,
dedicate all’illustrazione sommaria dei fatti e, a pagina 18, riferita alla
deduzione del terzo motivo, non trascrive compiutamente il contenuto dell’atto
di appello, limitandosi a precisare (pagina 4) che, secondo l’appellante il
Tribunale aveva “erroneamente valutato la rivalsa di Inail
per intero, nei limiti del quantum civilisticamente
liquidato a titolo non patrimoniale e patrimoniale, senza differenziare la
somma e/o quota di rendita erogata per danno biologico e la quota di rendita
erogata per le conseguenze patrimoniali dell’infortunio”.

Parte ricorrente desume da ciò che
l’appellante avrebbe richiesto un danno differenziale pari ad euro 63.877,
ottenuto dalla differenza tra quanto liquidato in ambito civilistico per danno
biologico, sia permanente che temporaneo, rispetto a quanto erogato dall’Inail per valore capitale della rendita riferita al
danno biologico. In sostanza, secondo l’istituto, l’appellante non avrebbe
inteso escludere dalla rivalsa il danno biologico temporaneo.

Ma tale circostanza non può essere
valutata sulla base degli elementi addotti e neppure dal breve passaggio
riportato a pagina 18 del ricorso, nel quale – nell’effettuare il conteggio-
l’appellante si sarebbe limitato a menzionare tutte le voci di danno non
patrimoniale, detraendo quanto determinato da Inail
per valore capitale. Infine, oltre alla mancata indicazione dello specifico
contenuto dell’atto, difetta anche la localizzazione della sentenza di primo
grado e tale profilo risulta dirimente.

Ne consegue che il ricorso per
cassazione deve essere accolto con riferimento al secondo motivo, mentre gli
altri motivi sono destituiti di fondamento; la sentenza va cassata con rinvio,
demandandosi alla Corte territoriale il calcolo del credito surrogatorio di Inail da operare considerando, da un lato, i ratei già
corrisposti (da rivalutare, trattandosi di debito di valore) e, dall’altro,
capitalizzando (e quindi trasformando il capitale) la rendita ancora da
erogare, riferita alla speranza di vita del beneficiario.

 

P.T.M.

 

accoglie il secondo motivo di
ricorso; rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo;

cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente
giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa
composizione.

 

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