Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 luglio 2021, n. 19520

Trasferimento di azienda ex art.
2112 cod. civ., Nullità dell’accordo conciliativo, Conservazione
dell’inquadramento di quadro e del trattamento retributivo fruiti nel periodo
alla dipendenze della società cedente, Accertamento

 

Fatti di causa

 

1. D.D., divenuto dipendente di L.S. s.p.a. a
seguito trasferimento di azienda ai sensi dell’art.
2112 cod. civ., dalla società R. s.r.l., sua originaria datrice di lavoro,
adiva il giudice del lavoro chiedendo, previa declaratoria di nullità
dell’accordo conciliativo del 18.5.2012 concluso con L.S. s.p.a. in sede
sindacale, accertarsi il diritto alla conservazione dell’inquadramento di
quadro ed al relativo trattamento retributivo fruiti nel periodo alla
dipendenze della società cedente.

2. Il giudice di primo grado ha accolto la domanda.

3. La Corte di appello di Roma ha confermato la
statuizione di accoglimento.

3.1. In particolare, la Corte di merito ha ritenuto
che le emergenze istruttorie confermassero che l’accordo conciliativo era stato
raggiunto senza la effettiva attività assistenza del lavoratore da parte del
rappresentante sindacale presente, non facente parte della organizzazione
sindacale alla qua il D. era iscritto ed il cui ruolo in sede di conciliazione
era stato di natura esclusivamente formale; dalla prova documentale era emerso,
inoltre, che tra la società cedente e la cessionaria L.S. s.p.a. era
intervenuto un vero e proprio trasferimento di azienda (e non una mera cessione
del contratto di servizio con la Regione, come sostenuto dalla società
convenuta) per cui il D. aveva diritto ai sensi dell’art.
2112 cod. civ. alla conservazione dell’inquadramento e del trattamento
economico goduti presso la società cedente; a tanto conseguiva la sostituzione
di diritto, ai sensi dell’art. 1419, comma 2, cod.
civ., delle clausole dell’accordo transattivo in contrasto con la
inderogabile previsione dell’art. 2112 cod. civ.
e l’obbligo di L.S. s.p.a. di conformarsi al regolamento contrattuale scaturito
dalla operata sostituzione, nella successiva assunzione del 21 maggio 2012;

4. Per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso L. s.p.a. quale successore di L.S. s.p.a. sulla base di un unico
articolato motivo; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai
sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con unico motivo di ricorso parte ricorrente,
deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.
1362 e sgg., degli artt. 2112 e 2113 cod.civ., dell’art.
115, comma 1, cod. proc. civ., dell’art. 412
ter cod. proc. civ. nonché dell’art. 47 legge n. 428/1990,
censura la sentenza impugnata per avere escluso la inoppugnabilità dell’accordo
stipulato in sede sindacale il 18 maggio 2012; evidenzia, a tal fine, che tale
accordo costituiva mera adesione del D. all’accordo sindacale di armonizzazione
del 3 marzo 2012 siglato ai sensi dell’art. 47 legge n. 428/1990
nell’ambito del contratto con il quale L.S. s.p.a. era subentrata nel servizio
della società R. s.r.l.; la sentenza impugnata aveva errato nel ricostruire, in
violazione dei canoni legali di interpretazione di cui agli artt. 1362 e sgg. cod. civ., il contenuto
dell’accordo conciliativo pretermettendo la considerazione che nelle relative
premesse le parti stipulanti avevano dato espressamente atto di voler dare
attuazione alle intese raggiunte nell’accordo di armonizzazione; in tale
contesto, l’accordo individuale del 18.5.2012 si configurava come espressione
di libera manifestazione di adesione e/o ratifica di quanto convenuto con
l’accordo di armonizzazione, accordo sottoscritto non solo dalle federazioni
sindacali maggiormente rappresentative ma anche dalle rappresentanze aziendali
dei lavoratori.

2. Il ricorso è inammissibile per plurimi profili.

2.1. Occorre premettere che nessuna censura viene
sviluppata per contrastare l’accertamento del giudice di merito in ordine al
difetto di effettività dell’assistenza sindacale solo formalmente assicurata al
lavoratore in sede di sottoscrizione dell’accordo individuale conciliativo. Le
ragioni di doglianza risultano incentrate, infatti, esclusivamente sulla
conformità dell’accordo conciliativo individuale alle intese raggiunte dalle
parti collettive in sede di accordo di armonizzazione stipulato ai sensi dell’art. 47 legge n. 428/1990.

2.2. Tale questione, implicante accertamento di
fatto, non è stata in alcun modo affrontata dal giudice del merito e pertanto
il ricorrente aveva l’onere – onere in concreto non assolto-, onde evitare una
statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare
l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche,
per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in
quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di
esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 09/08/2018 n. 20694; Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n.
20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540), giacché i motivi- di ricorso devono
investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio
di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la
prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella
fase di merito né rilevabili di ufficio.

2.3. Né il riferimento all’accordo di armonizzazione
può essere recuperato dalla denunzia di violazione dei criteri legali di
interpretazione formulata dalla ricorrente, denunzia non conforme
all’insegnamento di questa Corte secondo il quale l’interpretazione del
contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata
al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per
violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di
motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè
tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per
giungere alla decisione. In questa prospettiva è stato puntualizzato che ai
fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente
l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria
la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo
e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato mentre
la denuncia del vizio di motivazione dev’essere, invece, effettuata mediante la
precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità
consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato
estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da
mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità
razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal
ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza.
In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che
quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in
astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più
interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto
l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del
fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass.
12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi
escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal
ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini
dell’annullamento di quest’ultima (Cass.
06/06/2013 n. 14318; Cass. 22/11/2010, n.
23635).

2.3. Parte ricorrente non ha osservato tale
indicazioni in quanto si è limitata a dedurre la omessa considerazione delle
premesse dell’accordo individuale, che contenevano un riferimento all’accordo
di armonizzazione, senza puntualmente chiarire come la asserita pretermissione
di tali premesse era destinata a riflettersi sulla validità del contratto ed in
particolare delle clausole riconosciute affette da nullità per violazione di
norma imperative e sostituite ai sensi dell’art.
1419, comma 2, cod. proc. civ.

2.4. Tanto assorbe il concorrente profilo di
inammissibilità scaturente dalla violazione dell’art.
366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. per non avere l’odierna ricorrente
indicato la sede di produzione dell’accordo in oggetto nell’ambito del giudizio
di merito e per avere omesso di trascrivere o riassumere nei suoi esatti
termini il documento contrattuale, al fine di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza delle censure articolate senza dover
procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte, come prescritto (Cass.
13/11/2018, n. 29093; Cass. 19/08/2015, n. 16900; Cass. 11/01/2016, n. 195;
Cass. 12/12/2014, n. 26174; Cass. 24/10/2014, n. 22607; Cass. Sez. Un.
25/03/2010, n. 7161).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso
consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza.

4. Sussistono i presupposti processuali (nella
specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del
ricorrente, ai sensi dell’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis dello stesso art.
13, se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 e n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte
ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi €
5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese
forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Con distrazione in favore dei procuratori
antistatari .

Ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R. n.115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 luglio 2021, n. 19520
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: