Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 luglio 2021, n. 21074

Infortunio sul lavoro, Risarcimento dei danni patrimoniali e
non patrimoniali, Responsabilità, Violazioni delle regole prevenzionali

 

Fatti di causa

 

La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza n.
696/2015, pubblicata il 25.11.2015, ha respinto il gravame interposto da J. L.,
nei confronti della ATI-F.S. Associazione Temporanea di Impresa (d’ora in
avanti ATI-F.S.), avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n.
918/2014, depositata il 3.10.2014, con la quale era stato rigettato il ricorso
del lavoratore diretto ad ottenere la dichiarazione di responsabilità della
ATI-F.S. per le conseguenze pregiudizievoli allo stesso derivate
dall’infortunio occorsogli in data 23.9.2008, durante l’allestimento di uno
stand posto nella Piazza del D.P. ed altresì il risarcimento dei danni
patrimoniali e non patrimoniali asseritamente subiti a causa dell’evento e non
indennizzati dall’INAIL.

La Corte di merito, per quanto ancora in questa sede
rileva, ha osservato che «l’attore nel ricorso introduttivo di primo grado
(come pure nel corso del libero interrogatorio davanti al Tribunale) ha
univocamente affermato di essersi procurato la lesione che lamenta a causa
dell’urto con uno dei ganci che avrebbero sostenuto un contenitore utilizzato
per movimentare a mezzo di una gru alcuni tubi…, gancio che si sarebbe
staccato dalla catena che lo collegava alla gru colpendolo violentemente al
volto»; e che, come «correttamente rilevato dal primo giudice, l’azione
allegata in ricorso come lesiva non ha trovato riscontro nell’istruttoria
svolta nel corso del giudizio», data anche «l’effettiva difformità tra le
modalità di esecuzione della prestazione del ricorrente nella concreta
situazione di fatto, quali emerse in giudizio, e la dinamica dell’evento
descritta nel ricorso di primo grado, e la difformità relativa, non a qualche
dettaglio, ma specificamente all’azione affermata come produttiva del danno,
così essendo rimaste indimostrate anche le violazioni delle regole
prevenzionali imputate all’appellata».

Per la cassazione della sentenza J.L. ha proposto
ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ai sensi
dell’art. 378 del codice di rito.

La ATI-F.S. non ha svolto attività difensiva.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo si denunzia, in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la «nullità della sentenza per avere
la Corte d’Appello ritenuto, in violazione del principi di corrispondenza tra
chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., che non sia consentito al
giudice pronunciare sulla domanda, sulla base di una ricostruzione dei fatti
(nel caso di specie riguardanti la dinamica dell’infortunio) così come
emergenti dall’istruttoria svolta, autonoma rispetto a quella prospettata dal
ricorrente», e si assume che la decisione impugnata sarebbe manifestamente
errata «laddove ha fatto discendere la reiezione della domanda dalla mera
diversità tra la ricostruzione dell’infortunio dedotta nel ricorso introduttivo
e quella emersa all’esito dell’istruttoria», mentre «tale diversità non appare
affatto decisiva, dal momento che la stessa riguarda solo il profilo della
dinamica dell’incidente che ha prodotto le lesioni, ma non è tale da importare
una modifica della domanda, posto che non risultano in alcun modo mutati né il
petitum né la causa petendi».

2. Con il secondo motivo si censura, «in subordine»,
la «violazione degli artt. 2087, 1218 e 2697 c.c.», in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 3, c.p.c., e si lamenta che «l’errore nel quale è incorsa
la sentenza impugnata sia quello denunciato con il motivo precedente, e cioè
che alla Corte fosse precluso l’esame della fondatezza della domanda con
riferimento ad una dinamica dell’infortunio diversa da quella dedotta nel
ricorso» ed altresì che, dal momento che «nella sentenza impugnata si leggono
una serie di rilievi riferibili alla dinamica dell’infortunio come poi
accertata (e cioè che il ricorrente non aveva fornito “alcuna specifica
allegazione” in ordine “ai profili di concreta nocività”
dell’ambiente, “alla formazione che sarebbe stata in effetti necessaria e
sufficiente per impedire l’evento” e più in generale alle norme
prevenzionali asseritamente violate), gli stessi devono ritenersi espressi ad
abundantiam e, quindi estranei alla ratio decidendi».

1.1; 2.2; I due motivi (il secondo dei quali,
peraltro, formulato «in subordine») – da trattare insieme, perché connessi –
non sono fondati. Motivatamente, infatti, i giudici di secondo grado, sulla
scorta del materiale probatorio acquisito, hanno osservato che il L., nel
ricorso introduttivo del giudizio di primo grado – ed altresì durante il libero
interrogatorio dinanzi al Tribunale -, «aveva univocamente affermato di essersi
procurato la lesione che lamenta a causa dell’urto con uno dei ganci che
avrebbero sostenuto un contenitore utilizzato per movimentare a mezzo di una
gru alcuni tubi; gancio che si sarebbe staccato dalla catena che lo collegava
alla gru colpendolo violentemente al volto», ma che tale dinamica non è stata
suffragata dagli elementi delibatori assunti nel corso dell’istruttoria, poiché
l’unico teste escusso ha, invece, «riferito di avere visto l’appellante
piegarsi e quindi, nell’atto di rialzarsi, urtare contro una sbarra che era
trasportata a mano da un altro dipendente». Pertanto, deve affermarsi, in linea
con gli arresti giurisprudenziali di legittimità, che il L. abbia posto in
essere una condotta abnorme, consistita nel piegarsi, senza stare attento alla
sbarra che aveva di fronte, «contro la quale ha urtato». Per la qual cosa, i
giudici di seconda istanza hanno condivisibilmente concluso che non può
affermarsi, in carenza di delibazione al riguardo, la responsabilità datoriale,
non essendovi certezza sulle modalità di svolgimento dei fatti per cui è causa.
Ed invero, la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che «la
condotta del lavoratore può comportare esonero totale dell’imprenditore da ogni
responsabilità, quando presenti i caratteri di esorbitanza, così da porsi come
causa esclusiva dell’evento» (cfr., tra le molte, Cass. nn. 19494/2009;
9698/2009) e la domanda sia carente, come nella fattispecie, di qualsiasi
specifica allegazione anche circa la formazione che sarebbe stata necessaria ad
impedire l’evento verificatosi.

3. Per tutto quanto esposto, il ricorso va
rigettato.

4. Nulla va disposto per le spese del giudizio di
legittimità, poiché la ATI-F.S. è rimasta intimata.

5. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla
data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui
all’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo quanto
specificato in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
– bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

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