Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 agosto 2021, n. 23331

Contratto di formazione e lavoro, Conversione in contratto a
tempo indeterminato, Accertamento del computo nell’anzianità di servizio,
Richiesta di riconoscimento del terzo elemento salariale

 

Fatto

 

Con sentenza 24 dicembre 2015, la Corte d’appello di
Napoli condannava A.N.M. (Azienda Napoletana Mobilità) al pagamento della somma
di € 2.608,90, oltre accessori di legge, a titolo di “terzo elemento
salariale”, in favore del proprio dipendente L.D.L., all’epoca in
contratto di formazione e lavoro convertito alla scadenza biennale in contratto
a tempo indeterminato, secondo la previsione dell’art. 4 dell’accordo 25 luglio 1997,
di rinnovo del CCNL per gli autoferrotranvieri, che lo aveva soppresso e fatto
confluire nei cd. trattamenti sostitutivi, mantenendolo ai soli lavoratori già
in servizio a tempo indeterminato: così riformando la sentenza di primo grado,
che ne aveva invece rigettato la domanda.

In esito a critica ricognizione della contrattazione
collettiva relativa alla composizione della retribuzione degli
autoferrotranvieri (art. 1 CCNL 12 marzo 1980) e di quella spettante agli
assunti con contratto di formazione e lavoro (art. 7 acc. naz. 11 aprile 1995), la
Corte partenopea, a differenza del Tribunale, escludeva che la suindicata
previsione contrattuale collettiva potesse derogare al regime di computo del
periodo di formazione e lavoro nell’anzianità di servizio una volta trasformato
il rapporto in lavoro a tempo indeterminato, stabilito dall’art. 3 d.l. 726/84 conv. in I. 863/84, alla luce del richiamato indirizzo di
legittimità (sensibile anche ad una declinazione della suddetta equiparazione
alla stregua di clausola di non discriminazione).

Sicché, riteneva che il lavoratore, una volta
inglobato nella propria anzianità di servizio il pregresso periodo di
formazione e lavoro, avesse diritto alla suddetta voce salariale. Ed essa,
esclusa la prescrizione eccepita per la sua tempestiva interruzione, la
liquidava secondo il corretto calcolo del lavoratore.

Con atto notificato il 8 marzo 2016, A.N.M.
ricorreva per cassazione con tre motivi, cui L.D.L. resisteva con
controricorso.

Assegnata per la trattazione all’adunanza camerale,
ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella
ravvisata insussistenza dei presupposti, la causa era quindi rinviata a nuovo
ruolo e fissata all’odierna pubblica udienza.

La società comunicava memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce nullità
della sentenza o del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la Corte territoriale
osservato il principio di corrispondenza della pronuncia alla domanda, sotto il
profilo di ultrapetizione in riferimento all’inclusione (nella ricostruzione
dello svolgimento del processo e con riflesso influenzante il successivo
percorso motivo) nella domanda del lavoratore, dell’accertamento del computo
nell’anzianità di servizio del periodo di formazione e lavoro anche ai fini
degli scatti di anzianità, in realtà fuori discussione e neppure oggetto della
sua domanda, anziché dell’unica richiesta di riconoscimento del terzo elemento
salariale, così ingenerando l’erroneo convincimento di un suo collegamento con
l’anzianità di servizio, in realtà inesistente per l’autonoma natura
retributiva dell’istituto contrattuale.

2. Con il secondo, essa deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 3,
quinto comma d.l. 726/1984 conv. in I. 863/1984,
4 Accordo nazionale 25 luglio 1997
per il rinnovo del CCNL per i dipendenti del settore degli autoferrotranvieri,
anche ai sensi degli artt. 1362 ss. ed omesso
esame su fatto decisivo per il giudizio, per l’erroneo riconoscimento al
lavoratore del diritto ad una voce retributiva accessoria (cd. terzo elemento
salariale), mai percepita in quanto non prevista dalla retribuzione stabilita
per gli assunti con contratto di formazione e lavoro (individuata dall’art. 7 dell’accordo nazionale 11 aprile
1995 nella retribuzione conglobata, nell’ex indennità di contingenza,
dall’indennità di mensa e domenicale), soppressa dall’art. 4 dell’accordo 25 luglio 1997,
di rinnovo del CCNL per gli autoferrotranvieri per farla confluire nei cd.
trattamenti sostitutivi così da mantenerla ai soli lavoratori già in servizio a
tempo indeterminato; né tale voce essendo collegata all’anzianità, senza
pertanto contrastare con la prescrizione normativa di computo del periodo di
formazione e lavoro nell’anzianità di servizio dei lavoratori a seguito della
trasformazione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato (art. 3 d.l. 726/84 conv. in I. 863/84), come ritenuto da copiosa
giurisprudenza di legittimità (in analoga materia di esclusione del diritto ai
lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro di un altro elemento
retributivo, parimenti non percepito né interferente con l’anzianità quali le
“competenze accessorie unificate”: c.d. CAU) successiva a quella,
rimasta isolata (Cass. 13496/2014) assunta a
fondamento decisorio dalla sentenza impugnata.

3. Premesso che il potere-dovere di inquadramento
nella esatta disciplina giuridica dei fatti e degli atti oggetto di
contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi
– sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel
tema controverso – sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il
giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (petitum o
causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum
immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello
conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o
delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass. 24 settembre 2015, n.
18868; Cass. 11 aprile 2018, n. 9002; Cass. 21 marzo 2019, n. 8048), ma che,
nel caso di specie, la Corte d’appello non ha reso alcuna pronuncia diversa ed
ulteriore rispetto alla condanna di pagamento del terzo elemento salariale, i
due motivi possono essere congiuntamente esaminati, per ragioni di stretta
connessione.

4. Essi sono fondati.

5. Preliminarmente, va rilevato che esula
dall’oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità del
contratto di formazione e lavoro, trasformato in rapporto a tempo indeterminato
alla sua scadenza; la causa petendi della rivendicazione economica non risiede
nell’assunto dell’esistenza di vizi del contratto di formazione lavoro, tali
giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato. Nella controversia non si fa, invero, questione di diritti
patrimoniali consequenziali all’accertamento della conversione del rapporto con
effetto ex tunc.

6. Questo Collegio ritiene di aderire all’orientamento
giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, espresso con le sentenze
nn. 34359/2019; 12335/2016; 22256/2015; 21329/2014; 19436/2014; 19435/2014;
18951/2014; 18950/2014; 18949/2014; 18948/2014; 18947/2014 emesse nei confronti
dell’ANM Azienda Napoletana mobilità (nello stesso senso, le sentenze
34358/2019; 34357/2019 emesse nei confronti di altre aziende), aventi tutte ad
oggetto elementi della retribuzione degli autoferrotranvieri (le competenze
accessorie unificate, c.d. CAU e il c.d. nuovo terzo elemento salariale), voci
che la contrattazione collettiva ha soppresso (in parte, riducendone il
valore), preservando il valore preesistente in favore dei soli dipendenti che
già ne beneficiavano sino al momento della soppressione, per evitare che i
medesimi subissero una improvvisa decurtazione della retribuzione.

7. Orbene, in questi i casi, sono stati esclusi –
dalla garanzia di mantenimento del livello retributivo goduto – coloro che,
alla data della stipula dei relativi accordi collettivi, erano in servizio con
contratto di formazione lavoro e che non avevano mai percepito quel
trattamento. E ciò, non perché dopo la trasformazione del contratto sia stata
disconosciuta l’anzianità di servizio maturata durante il periodo di
formazione, ma perché quegli elementi retributivi non avevano mai fatto parte
della retribuzione agli stessi erogata; per la qual cosa, nel momento in cui
sono stati totalmente (nel caso del c.d. terzo elemento) o parzialmente (nel
caso delle c.d. CAU) soppressi, non sii profilava, nei confronti dei medesimi,
alcun diritto quesito né alcun livello retributivo da mantenere o da
conservare.

8. Le considerazioni che precedono sono del tutto in
linea con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 20074/2010).

Ed infatti, essa ha espresso alcuni principi, da
mantenere fermi, secondo cui:

a) la previsione dell’art. 3 d.l. 726/1984, conv. in
I. 863/1984, per la quale, in caso di
trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo
indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata
nominativa entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e
lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità
di servizio, opera anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da
discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che abbiano
fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti
periodici di anzianità;

b) l’equiparazione tra periodo di formazione ed
anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo
carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì
disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla
sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre
un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che
abbiano avuto un pregresso periodo di formazione: sicché, con riguardo agli
istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco, ma non è
possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale
suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo
che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga.

9. Giova a questo punto ribadire l’appartenenza del
contratto di formazione lavoro (quale sua specie) al genere del contratto a
termine, pur nella sua eterogenea specificità di contratto a causa mista, per
la combinazione di formazione e lavoro (Cass. 4935/1995; Cass. 2822/1997).

Il fatto che, una volta trasformato in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, l’anzianità maturata nel periodo di formazione
sia utile anche ai fini economici, consentendo l’acquisizione di scatti di
anzianità od altri benefici connessi all’anzianità di servizio, siano essi di
origine legale o contrattuale, non comporta tuttavia che la natura del rapporto
divenga a tempo indeterminato fin dalla sua stipulazione. La trasformazione fa
sì che gli istituti legati all’anzianità retroagiscano alla stipula del
contratto di formazione, ma “per il resto, il lavoratore deve considerarsi
come neo-assunto”(Cass. n. 6018/2009;
Cass. n. 25256/2015).

10. Questa Corte, inoltre, ha già affermato (sentenze nn. 12321/2008 e 11206/2009) che l’autonomia contrattuale può
escludere, per i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro,
specifici elementi retributivi (a meno che non vi sia l’espletamento, con
pienezza di funzioni ed attribuzioni, delle mansioni proprie della qualifica di
destinazione) e che possa essere corrisposta una retribuzione inferiore
rispetto a quella degli altri dipendenti anche al fine di incentivare la
stabilizzazione del rapporto (Cass. n. 4475/12;
Cass. n. 19028/15; Cass.
n. 13617/20).

11. Ribadito allora il principio per il quale, in
caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo
indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata
nominativa entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e
lavoro, il periodo di formazione e lavoro debba essere computato nell’anzianità
di servizio, che in sé considerata costituisce la dimensione diacronica di un
fatto (qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore, riguardando
quindi la norma una situazione di fatto, ossia il periodo di formazione e
lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario), rilevante ai fini di vari
istituti di fonte legale o contrattuale (Cass.
S.U. 20074/2010), deve parimenti essere riaffermata la negazione del
riconoscimento del “terzo elemento salariale” a chi, al momento della
sua soppressione (per effetto dell’art. 4 dell’accordo nazionale 25 luglio
1997), già non lo percepisse, come appunto i lavoratori in formazione lavoro,
con contratto poi trasformato.

E ciò per essere tale istituto non collegato, così
come le competenze accessorie unificate (cd. CAU), alla maturazione dell’anzianità
di servizio.

Esso è stato, infatti, istituito con l’accordo nazionale 29 giugno 1988, al fine di
finanziare i passaggi di uno o due livelli nonché la nuova scala parametrale e
costituito per aggregazione dell’indennità giornaliera prevista dall’accordo
nazionale 21 maggio 1981, come riparametrata ad opera dell’accordo nazionale 17 giugno 1982 e di importi
retributivi reperiti dalle CAU e da altre indennità e compensi (art. 2). E
l’accordo 21 maggio 1981 riconosceva appunto, a ciascun agente e con decorrenza
1 giugno 1981, un’indennità giornaliera di lire 570 per ogni effettiva giornata
di prestazione, senza entrare a far parte della retribuzione normale e pertanto
non utile agli effetti di alcun altro istituto o materia previsti dal contratto
nazionale o da accordo o da contratti aziendali e neanche quindi ai fini dei
trattamenti di buonuscita e di tredicesima e quattordicesima mensilità (art.
4).

Il terzo elemento è quindi divenuto “nuovo
terzo elemento”, per effetto del CCNL 2
ottobre 1989, che, dopo averlo utilizzato per il conglobamento nelle nuove
retribuzioni (art. 2), ha fatto affluire i valori residui in un nuovo elemento
retributivo denominato “nuovo terzo elemento salariale”, parte
integrante della retribuzione normale prevista dall’art. 1 (Struttura della
retribuzione) del CCNL 12 marzo 1980 (art. 3), in corrispondenza dell’importo
al livello e alla qualifica di ciascun lavoratore (come da tabelle allegate al
CCNL 2 ottobre 1989, pgg. 147 ss.).

Infine, con l’art. 4 del CCNL del 25 luglio 1997, il
nuovo terzo elemento salariale è stato soppresso con decorrenza dalla sua data
di stipulazione; e dalla stessa data, i valori stabiliti dalla tabella retributiva
allegati numeri da 2/A a 2/E e da 3/A a 3/E sono confluiti, ferma restando in
via transitoria la disciplina di cui al punto 3 dell’accordo nazionale 2
ottobre 1989, nei trattamenti sostitutivi di cui all’art. 4 bis del CCNL 12
marzo 1980, così come integrato dal punto 4
dell’accordo nazionale 2 ottobre 1989, venendo mantenuti ai soli lavoratori
già in forza a tempo indeterminato alla medesima data di stipulazione del
(presente) contratto.

Sicché, alla luce del quadro contrattuale collettivo
illustrato, appare chiaro che il “terzo elemento salariale”,
mantenuto nel settore terziario, alla stregua di quota fissa della retribuzione
concordata con le controparti locali, a livello di accordi territoriali (provinciali
o regionali), è (stato) elemento retributivo autonomo da ogni computo
nell’anzianità di servizio.

12. L’orientamento ora ribadito dal Collegio è
altresì conforme alla disciplina comunitaria dettata in materia di contratti a
tempo determinato, di cui, come detto, il contratto di formazione e lavoro
rappresenta una species, in quanto – come ben evidenziato da Cass. n. 18947/14
e qui confermato – la fattispecie in esame non riguarda un’indennità il cui
riconoscimento trovi titolo nell’anzianità di servizio e, inoltre, la clausola
2, punto 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il
18.3.1999 e inserito nell’ambito della direttiva
1999/70/Ce del Consiglio del 28.6.1999) conferisce agli Stati membri un
margine di discrezionalità in ordine all’applicazione dell’Accordo quadro ai
“rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato”
nonché ai “contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un
programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale
pubblico o che usufruisca di contributi pubblici” (sentenza Adeneler, p.
57; Sibilio, pp. 52 e 53; Della Rocca, p. 35).

13. Infine, va rilevato che già Cass. nn. 18946 e 18947/2014 hanno espressamente
rilevato che la presente statuizione non si pone in contrasto con la pronuncia
di illegittimità adottata da Cass. n. 13496/14
perché in quel caso i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro
percepivano – sin dall’assunzione – tale emolumento (e con l’Accordo del 1997 si erano visti sopprimere la
voce retributiva), mentre nel caso di specie il giudice di merito ha accertato
che i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non hanno mai
percepito il c.d. nuovo terzo elemento salariale.

14. Alla stregua, pertanto, delle considerazioni che
precedono, deve affermarsi che non violano il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma
5, convertito in L. n. 863 del 1984 e
neppure introducono un trattamento discriminatorio, le clausole della
contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli
istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con
contratto di formazione lavoro dal personale già in servizio con rapporto a
tempo indeterminato, equiparando i primi al personale di nuova assunzione ai
limitati fini dell’attribuzione di nuove voci salariali, senza incidere sulla
conservazione dell’anzianità di servizio.

15. In conclusione, il ricorso va accolto (con
assorbimento del terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione del d.lg. 216/2003 di attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento
in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, per erroneo riconoscimento
del terzo elemento salariale al lavoratore che non ne abbia prima mai goduto
per essere in regime di contratto di formazione e lavoro, neppure detto
elemento essendo collegato all’anzianità di servizio, e pertanto
discriminatorio nei confronti dei lavoratori che lo abbiano invece goduto prima
della sua soppressione, con attribuzione di un eguale trattamento in situazioni
dissimili) e la sentenza cassata, con conseguente rigetto della domanda
originaria proposta dal lavoratore per l’accertamento del diritto alla
riscossione della voce retributiva denominata nuovo terzo elemento salariale.
Le spese di lite dell’intero processo sono interamente compensate fra le parti
in considerazione del diverso esito dei gradi di merito e della complessità della
fattispecie da raffrontare con l’evoluzione dell’orientamento
giurisprudenziale.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e, decidendo
nel merito, rigetta la domanda dei lavoratori e dichiara le spese dell’intero
processo compensate tra le parti.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 agosto 2021, n. 23331
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