Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2021, n. 23900

Rapporto di lavoro, Effettiva prestazione nel fondo del
nucleo familiare, Accertamento della posizione assicurativo-previdenziale,
Requisiti

 

Rilevato in fatto

 

che, con sentenza depositata il 4.5.2015, la Corte
d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato
la domanda di C. P. volta all’accertamento della propria posizione
assicurativo-previdenziale presso lo SCAU nel periodo 1980-1993;

che avverso tale pronuncia C. P. ha proposto ricorso
per cassazione, deducendo cinque motivi di censura, successivamente illustrati
con memoria;

che l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso
notificatogli;

 

Considerato in diritto

 

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia
nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo, per non avere
la Corte di merito esaminato la documentazione allegata a sostegno della
domanda e da cui risultava che egli aveva coltivato direttamente e abitualmente
il proprio fondo in Lacedonia, che richiedeva più di 104 giornate l’anno di
lavoro e costituiva la sua unica fonte di reddito;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta
violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere la Corte territoriale
rigettato l’appello sul rilievo che non era stata provata l’effettiva
prestazione di lavoro nel fondo del nucleo familiare in misura non inferiore ad
un terzo di quella occorrente per le normali necessità del fondo, sebbene la
carenza di tale requisito non fosse mai stata eccepita dall’INPS né avesse
formato oggetto di alcuna valutazione in prime cure;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di
violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e 2712 c.c. e degli artt. 115,
116, 214 e 215 c.p.c., per avere la Corte di merito deciso la causa sulla
scorta di un documento prodotto dall’INPS e che, benché da lui sottoscritto,
risultava alterato e contraffatto nel suo contenuto, come tempestivamente
rilevato fin dalla prima udienza avanti al giudice di prime cure;

che, con il quarto motivo (erroneamente rubricato
come quinto), il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo, per
avere la Corte territoriale disatteso la CTU disposta in seconde cure nella
parte in cui aveva accertato che il fabbisogno lavorativo del fondo non era
inferiore a 104 giornate annue;

che, con il quinto motivo (erroneamente rubricato
come sesto), il ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo per
non avere la Corte di merito statuito circa la sua istanza istruttoria volta ad
acquisire la documentazione relativa alla sua originaria iscrizione presso lo
SCAU, che – disattesa in prime cure – era stata espressamente riproposta in
sede di gravame;

che, al riguardo, va premesso che i giudici
territoriali, dopo aver accertato che l’odierno ricorrente era iscritto allo
SCAU «per il solo contributo all’assicurazione infortuni», valorizzando
all’uopo la «dichiarazione ai fini delle assicurazioni sociali dei coltivatori
diretti» da lui sottoscritta e reputando implausibili le censure relative a
«diciture aggiunte all’insaputa del ricorrente, non essendo il medesimo in
possesso di una copia diversa priva di tali specificazioni», hanno altresì
verificato che egli, nel periodo in questione, ha «versato contributi ai fini
antinfortunistici», restando indimostrata «l’esistenza dei versamenti
all’assicurazione IVS» (cfr. pagg. 3-4 della sentenza impugnata);

che, ciò posto, risulta evidente che i mezzi di
censura, complessivamente considerati, sottendono una richiesta di
rivalutazione del materiale probatorio acquisito al processo e sulla scorta del
quale i giudici di merito hanno reputato infondato il presupposto di fatto
oggetto della domanda, che è richiesta inammissibile in questa sede di
legittimità;

che, più specificamente, tanto va rilevato per il
primo e il terzo motivo, con cui il ricorrente si duole del fatto che i giudici
non abbiano attribuito rilevanza probatoria alla documentazione da lui prodotta
e l’abbiano invece attribuita alla dichiarazione da lui sottoscritta e prodotta
dall’INPS;

che, con specifico riguardo al terzo motivo, va
escluso che, nel valutare come riferibile al ricorrente il contenuto della
dichiarazione da lui sottoscritta e prodotta dall’INPS, i giudici territoriali
abbiano violato le disposizioni richiamate nella rubrica, essendosi chiarito
che il disconoscimento di scrittura privata non costituisce mezzo processuale
idoneo a dimostrare l’abusivo riempimento del foglio in bianco, dovendo invece
essere proposta la querela di falso se si sostenga che nessun accordo per il
riempimento fosse stato raggiunto dalle parti e dovendo invece essere fornita
la prova di un accordo dal contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto,
se si sostenga che l’accordo raggiunto fosse appunto diverso (così Cass. n.
7975 del 2000, cui hanno dato seguito, tra le tante, Cass. nn. 25445 del 2010 e
5417 del 2014);

che il quinto motivo è affatto inammissibile, non
essendo il rigetto (in specie implicito) dell’ordine di esibizione sindacabile
in sede di legittimità, siccome strumento istruttorio residuale utilizzabile
soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e l’iniziativa
non presenti finalità esplorative (così, tra le tante, Cass. nn. 23120 del 2010
e 24188 del 2013);

che, tanto premesso, il secondo e il quarto motivo
risultano inammissibili per difetto d’interesse, riguardando statuizioni della
sentenza che costituiscono un’ulteriore ratio decidendi rispetto
all’accertamento che nessun versamento contributivo ai fini IVS risultava
imputabile al ricorrente nel periodo in questione, di talché giammai il loro
eventuale accoglimento potrebbe condurre alla cassazione del provvedimento
impugnato;

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, nulla
statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità per non avere l’INPS svolto
alcuna apprezzabile attività difensiva al di là del deposito della procura in
calce al ricorso notificatogli;

che, in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13.

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