Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 settembre 2021, n. 26442

Pensione ai superstiti, Riliquidazione, Neutralizzazione
delle contribuzioni ridotte rispetto al montante contributivo dell’ultimo
quinquennio, Limiti temporali, Principio dell’irriducibilità del livello di
pensione già raggiunto

 

1. Con sentenza del 23.10.14, la corte d’appello di
Bologna, in riforma della sentenza del 2012 del tribunale di Ravenna, ha
rigettato la domanda di riliquidazione della pensione ai superstiti proposta
dalla signora G..

2. In particolare, la corte territoriale – premesso
che a seguito della sentenza della corte costituzionale numero 264 del 1994 era
divenuto operativo il principio della cosiddetta neutralizzazione delle
contribuzioni ridotte rispetto al montante contributivo dell’ultimo quinquennio
prima del pensionamento – ha ritenuto possibile l’applicazione delle norme
anche dopo l’intervento costituzionale (che non ha inciso sul detto periodo
quinquennale legislativamente fissato) solo se vi sia stata  riduzione della retribuzione nel detto
periodo antecedente il sorgere del diritto a pensione.

3. Avverso tale sentenza ricorre la pensionata per
un motivo, cui resiste l’Inps con controricorso.

4. Con unico motivo di ricorso si deduce violazione
dell’articolo 3 co. 8 legge 297 dell’82 nonché 1, 3, 35, e 38 Costituzione, per
avere trascurato che la neutralizzazione era possibile senza limiti temporali a
condizione che la pensione fosse comunque maturata senza il periodo oggetto di
neutralizzazione, in applicazione del principio di irriducibilità del livello
di pensione già raggiunto.

5. Occorre premettere in fatto che è pacifico che
nella specie il dante causa della ricorrente era titolare dal 1.8.89 di assegno
ordinario di invalidità ex legge 222/84 e che tra il 1994 e il 2004 aveva
svolto attività lavorativa retribuita in misura inferiore rispetto a quanto
percepito nel quinquennio precedente la decorrenza della prestazione
pensionistica; è altresì pacifico che, e all’esito del decesso del dante causa,
dal 1.9.10 era stata liquidata la reversibilità al coniuge; infine, va rilevato
che nel caso la richiesta di neutralizzazione del periodo di contribuzione
inferiore è stato chiesto solo dall’avente causa del contribuente.

6. In diritto si osserva che l’articolo 3 della I.
297/1982 prevede che ” 1. Per i lavoratori dipendenti iscritti
all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidital, la vecchiaia ed i
superstiti, che alla data del 31 dicembre 1992 possono far valere un’anzianità
contributiva inferiore a 15 anni, la retribuzione annua pensionabile è
determinata con riferimento ai periodi indicati ai commi ottavo e
quattordicesimo dell’articolo 3 della legge 29 maggio 1982, n. 297,
incrementati dai periodi contributivi che intercorrono tra la predetta data e quella
immediatamente precedente la decorrenza della pensione. … 8. Per le pensioni
liquidate con decorrenza successiva al 30 giugno 1982, la retribuzione annua
pensionabile per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è costituita dalla quinta
parte della somma delle retribuzioni percepite in costanza di rapporto di
lavoro, o corrispondenti a periodi riconosciuti figurativamente, ovvero ad
eventuale contribuzione volontaria, risultate dalle ultime 260 settimane di
contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione”.

7. La norma impugnata è stata più volte dichiarata
costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale:

a. con sentenza n.822 del 1988 (nella parte in cui
non prevede, per i lavoratori prossimi alla pensione al momento della sua
entrata in vigore, o già pensionati, il mantenimento in vigore, ai fini della
liquidazione della pensione stessa, dei criteri dettati dall’art. 26, terzo
comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160);

b. con sentenza n. 307 del 1989 (nella parte in cui
non prevede che, in caso di prosecuzione volontaria nell’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti da parte del
lavoratore dipendente che abbia già conseguito in costanza di rapporto di
lavoro la prescritta anzianità assicurativa e contributiva, la pensione
liquidata non possa comunque essere inferiore a quella che sarebbe spettata al
raggiungimento dell’età pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria);

c. con sentenza n. 428 del 1992 (nella parte in cui
non consentiva, in caso di pensione di anzianità, il ricalcolo della pensione
stessa, dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, sulla base della sola
contribuzione obbligatoria, qualora ciò portasse ad un risultato più favorevole
all’assicurato);

d. con sentenza n. 264 del 1994 (nella parte in cui
non prevede che, nel caso di esercizio durante l’ultimo quinquennio di
contribuzione di attività lavorativa, meno retribuita da parte di un lavoratore
che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione
liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al
raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto,
i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito
dell’anzianità contributiva minima);

e. con sentenza n. 82 del 2017 (nella parte in cui
non prevede che, nell’ipotesi di lavoratore che abbia già maturato i requisiti
assicurativi e contributivi per conseguire la pensione e percepisca contributi
per disoccupazione nelle ultime duecentosessanta settimane antecedenti la
decorrenza della pensione, la pensione liquidata non possa essere comunque
inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età
pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di
contribuzione per disoccupazione relativi alle ultime duecentosessanta
settimane, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’anzianità
contributiva minima).

8. In tale quadro normativo, il motivo di ricorso
non può che ritenersi infondato.

9. Infatti, anche nel regime normativo seguente ai
detti interventi costituzionali, rimane rilevante il periodo legislativamente
fissato del quinquennio previsto dalla norma ed entro il quale può operare il
principio di neutralizzazione delle contribuzioni ridotte. Le situazioni
sottoposte al giudizio della Corte riguardavano del resto lavoratori, già in
possesso del requisito dell’anzianità contributiva minima, che avevano subito,
in coincidenza con il periodo di riferimento (le ultime 260 settimane di
contribuzione) o nel corso di esso, una riduzione della retribuzione
contributiva di tale misura da non essere compensata dal corrispondente
incremento dell’anzianità contributiva.

10. Come precisato nelle circolari n. 52 e 133 del
1995 dell’INPS, ai fini dell’applicabilità della sentenza n. 264/94 la
diminuzione della retribuzione deve essersi verificata nell’ultimo quinquennio
di contribuzione, e cioè in coincidenza con il periodo di riferimento (le
ultime 260 settimane di contribuzione) o nel corso di esso; conseguentemente,
se la riduzione della retribuzione ha avuto inizio anteriormente alle ultime
260 settimane di contribuzione, la sentenza in questione non è applicabile.

11. L’affermazione è in linea con quanto già
affermato da questa Corte di legittimità, che nella sentenza n. 11649 del
14/5/2018 ha espressamente confermato l’operatività del riferimento all’ultimo
quinquennio come limite al periodo suscettibile di neutralizzazione.

12. Infatti, in base ai principi enunciati dalla
Corte Costituzionale, l’esclusione dal calcolo della pensione dei periodi di
retribuzione ridotta non necessari ai fini del perfezionamento dell’anzianità
contributiva minima è finalizzata ad evitare un depauperamento del trattamento
pensionistico causato dallo svolgimento di un’attività lavorativa meno
retribuita nell’ultimo quinquennio di lavoro, onde con riferimento a tale
quinennio solamente opera il principio di neutralizzazione in discorso.

In particolare, le sentenze della Corte
costituzionale che hanno inciso sulla norma hanno lasciato immutato il periodo
di riferimento temporale del quinquennio, che è presupposto necessario
dell’applicabilità del principio.

Nello stesso senso, deve richiamarsi quanto da
ultimo statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 82 del 2017, che
dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, nella parte in cui non
prevede il diritto alla «neutralizzazione»dei periodi di contribuzione per
disoccupazione e per integrazione salariale anche oltre i limiti del
quinquennio, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della
Costituzione, dal medesimo Tribunale ordinario di Ravenna.

13. La stessa Corte costituzionale ha poi ritenuto
in linea generale che rientra nella discrezionalità del legislatore -che non
può essere sindacata dalla corte se non dia luogo a risultati irrazionali o
contrari ai principi costituzionali – la determinazione dei criteri e dei
coefficienti di calcolo per la determinazione della pensione, nel caso
costituiti dalla retribuzione annua media pensionabile dall’anzianità
contributiva. La Corte Costituzionale, nell’accogliere l’eccezione di
inammissibilità svolta dall’Avvocatura generale dello Stato, con riguardo alla
richiesta di estendere la “neutralizzazione” dei contributi per
disoccupazione e integrazione salariale anche oltre i limiti dell’ultimo
quinquennio che prelude alla decorrenza della pensione, ha infatti precisato
come “L’intervento auspicato si riverbera sulla determinazione del periodo
di riferimento della retribuzione pensionabile, che esprime una scelta
eminentemente discrezionale del legislatore (sentenza n. 388 del 1995, punto 4.
del Considerato in diritto, e sentenza n. 264 del 1994, punto 3. del
Considerato in diritto), volta a contemperare le esigenze di certezza con le
ragioni di tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori”.

14. Con riferimento al caso di specie, a parte il
rilievo che il dante causa era titolare solo di assegno e che solo la
ricorrente è titolare di pensione (ossia della prestazione cui solo si applica
il principio di neutralizzazione in discorso), si è correttamente rilevato
dalla corte territoriale che la neutralizzazione della contribuzione può
operare solo all’interno del periodo indicato dalla norma, e non anche in
relazione a periodi diversi, restando dunque non neutralizzabile il montante
contributivo minore che non si riferisca al periodo finale del rapporto contributivo
previdenziale e sia inoltre relativo -come nella specie- a periodi precedenti
l’ultimo quinquennio di contribuzione.

15. Le spese seguono la soccombenza.

16. Sussistono i requisiti processuali per il
raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al
pagamento in favore dell’INPS delle spese del giudizio di legittimità, che si
liquidano in euro 1500 per competenze professionali, e euro 200 per esborsi,
oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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