Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2022, n. 28208

Lavoro, Collaborazioni a progetto, Natura subordinata delle
prestazioni, Evasione contributiva, Regime sanzionatorio

 

Rilevato che

 

1. la Corte di appello di Torino, con la sentenza
impugnata, ha rigettato l’appello avverso la decisione di primo grado che, a
sua volta, aveva respinto le domande volte all’accertamento negativo dei
crediti per contributi previdenziali, premi e sanzioni, oggetto di un verbale
ispettivo, e, poi, di successive ordinanze ingiunzioni e cartelle esattoriali;

2. per quanto di rilievo in questa sede, in
discussione la natura di più rapporti lavorativi, la Corte di appello, quanto
alle collaborazioni formalmente a progetto, ha osservato come i contratti di
lavoro fossero carenti dell’indicazione di uno specifico progetto e/o programma
e delineassero, in realtà, un assetto negoziale riconducibile alla fattispecie
di cui all’art. 2094 cod.civ.;

3. la Corte territoriale ha, in particolare,
rilevato come «la natura subordinata delle prestazioni, già tratteggiata dalle
scritture contrattuali costituenti la veste formale del rapporto, (avesse)
trovato nei fatti molteplici conferme»; le prestazioni lavorative controverse,
infatti, in nulla si differenziavano rispetto all’ordinaria attività aziendale
e gli obiettivi dichiarati nei vari contratti riguardavano la mera esecuzione
di operazioni già predeterminate che il collaboratore era tenuto a svolgere nel
rispetto di specifiche istruzioni promananti, in parte, dal cliente finale, in
parte, dalla società datoriale;

4. rispetto ad una specifica posizione lavorativa,
per la quale risultava stipulato, invece, un contratto di collaborazione
commerciale, ai sensi dell’art. 2222 cod.civ.,
la Corte territoriale osservava, poi, come, al di là del nomen iuris attribuito
dalle parti, il contratto, oltre a contenere elementi scarsamente compatibili
con la proclamata natura autonoma dell’attività, fosse stato eseguito secondo
lo schema della subordinazione; ne erano conferma, l’assunzione, da parte del
lavoratore, di un ruolo stabile nell’ambito dell’organizzazione aziendale –
ruolo che in altre zone era affidato al personale dipendente- l’utilizzazione
di strumenti messi a disposizione della società, la remunerazione con un
compenso mensile fisso;

5. in ordine al quantum, la Corte ha ritenuto che la
contribuzione andasse parametrata al cd. minimale contributivo, tenuto conto
della retribuzione fissata dal contratto collettivo nazionale di lavoro di
riferimento e che inoltre il regime sanzionatorio fosse stato correttamente
calcolato dall’INPS, avuto riguardo all’ipotesi più grave dell’evasione; il
versamento dei contributi in misura inferiore al dovuto, infatti, era conseguenza
dell’adozione di «una veste formale» dei rapporti non corrispondenti alla reale
natura degli stessi, idonea ad occultare il presupposto della maggiore
contribuzione dovuta che l’Inps aveva potuto accertare solo a seguito
dell’ispezione culminata nel verbale di accertamento impugnato;

6. avverso la decisione, ha proposto ricorso la
società D.A. SPA, con cinque motivi;

7. hanno resistito, con controricorso, il Ministero
del Lavoro e delle Politiche sociali, l’INPS e l’INAIL. E’ rimasta intimata
Equitalia Nord SpA.

 

Considerato che

 

8. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione
e falsa applicazione degli artt. 2084 e 2222 cod. civ. nonché degli artt. 61, 62, 69 del D.Lgs. nr. 276 del 2003
nel testo vigente prima della legge nr. 92 del 2012;
dell’art. 2697 cod.civ., degli artt. 115 e 116
cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360
nr. 5 cod.proc.civ. – motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria ed
illogica su punti essenziali, in relazione all’accertamento reso in merito alle
posizioni lavorative caratterizzate da collaborazioni a progetto;

9. con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione e falsa applicazione degli artt 2094,
2222 e 2697
cod.civ., degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – motivazione omessa
e/o insufficiente, contraddittoria ed illogica in relazione alle statuizioni rese
in ordine alla posizione lavorativa di R.G.;

10. i motivi, intimamente connessi, possono
trattarsi congiuntamente e sono, nel complesso, da respingere;

11. tutte le censure investono, sub specie di
violazione di legge, l’apprezzamento delle fonti di prova, non sindacabile in
questa sede (Cass. nr. 30182 del 2018) se non nei ristretti limiti del vizio di
motivazione, ratione temporis applicabile;

12. i motivi, infatti, piuttosto che evidenziare
violazioni puntuali di norme di diritto, sostanziali e/o processuali,
rinvenibili nella sentenza impugnata, si risolvono in una critica dell’iter
logico-argomentativo che sorregge la decisione; nessuno di essi, però,
illustra, nei rigorosi termini richiesti dal vigente testo dell’art. 360 nr.5 cod. proc. civ. (applicabile alla
fattispecie), il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto
di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass.,
sez.un., nr. 8053 del 2014);

13. quanto alla denuncia di una carenza
motivazionale, la sintetica esposizione, nello storico di lite, delle ragioni
fondanti la decisione rende manifesta l’infondatezza del rilievo;

14. come chiarito dalla giurisprudenza di questa
Corte (Cass., sez. un., nr. 19881 del 2014; Cass.,
sez.un., nr. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360, primo comma, nr. 5, cod. proc. civ.,
disposta dall’art. 54 del D.L.
nr  del 2012 deve essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo
costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto
denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una
violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un «error in
procedendo» che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di «mancanza
assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», di «motivazione
apparente», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», di
«motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», non essendo invece
più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente
motivazione (Cass., sez. un., nr. 14477 del 2015;
ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. nr. 31543 del 2018); evenienze non
ricorrenti nel caso di specie, ove la Corte di appello ha chiaramente
illustrato le ragioni per cui i rapporti di lavoro non corrispondessero allo
schema formale adottato dalle parti;

15. l’infondatezza dei primi due motivi determina
l’assorbimento del terzo, relativo all’accertamento conseguenziale della
maggiore contribuzione dovuta. La violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.Lgs. nr. 314 del 1997
e dell’art. 1 del D.L. nr. 338
del 1989 – legge nr. 389 del 1989 – è,
invero, dedotta solo quale effetto (dell’accoglimento) delle censure sopra
esaminate;

16. con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione e falsa applicazione dell’art.
116, comma 8, lett. a) e dell’art. 116, comma 8, lett. b) della legge 388 del
2000 nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5
cod.proc.civ. – motivazione insufficiente e illogica;

17. si censura l’applicazione del più grave regime
sanzionatorio dell’evasione, poiché nella documentazione aziendale erano
riscontrabili gli elementi per il calcolo dell’addebito contributivo;

18. con il quinto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta
violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis,
comma 2, della legge nr.  del 1996,
dell’art. 4 bis, comma 2, del d.Lgs.
nr.  del 2000, dell’art. 39, comma 1, D.L. nr.112 del
2008 (legge nr.133 del 2008), degli artt. 1 e 2 della legge nr. 4 del
1953, degli artt. 3, 14, 18 della legge 689 del 1981
nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.-
motivazione carente e insufficiente su di un punto essenziale ai fini della
decisione; si contesta il giudizio, reso dalla Corte di merito, di
intenzionalità della condotta ai fini del regime sanzionatorio applicato;

19. anche il quarto ed il quinto motivo vanno
esaminati congiuntamene, per stretta connessione;

20. questa Corte ha ritenuto che, in presenza
dell’accertamento giudiziale di esistenza, tra le parti, di un contratto di
lavoro subordinato in luogo di un lavoro a progetto (per la mancanza di uno
specifico progetto), benché regolarmente denunciato e registrato, ricorra
l’ipotesi di «evasione» contributiva di cui all’art. 116, comma 8, lett. b), della
legge nr. 388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di «omissione»
contributiva di cui alla lettera a) della medesima norma, in quanto la
stipulazione di un contratto di lavoro a progetto privo dei requisiti
prescritti dalla legge implica occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o
di entrambi e fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzarlo
allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti, sicché grava
sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento
fraudolento e, quindi, la sua buona fede, che non può tuttavia reputarsi
assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati omessi o
infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è obbligatoria la tenuta;
in tale contesto, spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove
dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione( Cass. nr. 6405 del 2017. Tra le successive, ex
plurimis, v. in motiv. Cass. nr.24364 del 2019; Cass.
nr.3823 del 2020), con valutazione sindacabile in sede di legittimità nei
ristretti limiti in cui lo è qualsiasi giudizio di fatto;

21. nel caso di specie, la Corte di merito ha
proceduto all’accertamento di sussistenza dell’intenzionalità della condotta,
volta ad occultare i rapporti di lavoro effettivi e l’accertamento in tal senso
reso non è stato adeguatamente censurato; i rilievi presentano i medesimi
limiti di ammissibilità già indicati in relazione agli altri motivi di ricorso;

22. sulla base delle svolte argomentazioni, il
ricorso va complessivamente respinto;

23. le spese seguono la soccombenza e si liquidano,
in favore di ciascuna parte controricorrente, come da dispositivo; nulla deve
provvedersi in relazione ad Equitalia Nord Spa, in difetto di attività
difensiva;

24. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, va, infine, dato atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a
norma dello stesso art. 13, comma 1
bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente a rimborsare ai
controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di legittimità, che liquida,
in favore dell’I.N.P.S., in Euro 13.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi,
spese generali ed accessori di legge, in favore dell’INAIL, in Euro 7.000,00,
oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge e, in
favore del Ministero in epigrafe, in Euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate
a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a
norma dello stesso art. 13, comma 1
bis, ove dovuto.

 

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