Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2022, n. 28286

Lavoro, C.c.n.l. acquedottisti, Cessione dei contratti di
lavoro, Orario di lavoro superiore, Differenze retributive, Accertamento,
Esclusione

Rilevato che

 

1. La Corte d’Appello di Napoli ha respinto
l’appello dei lavoratori in epigrafe indicati, confermando la pronuncia di
primo grado con cui era stata rigettata la domanda proposta dai predetti nei
confronti del C.I.S.I. (nel prosieguo, C.I.S.I.) e della società E.V.I. s.p.a.
in liquidazione (nel prosieguo, EVI s.p.a.) e volta al riconoscimento del
diritto alla conservazione delle prerogative in godimento prima del passaggio
del rapporto di lavoro da C.I.S.I. e EVI s.p.a., relative al monte ore di 36
ore settimanali e alle differenze retributive derivanti dall’orario di 38,5 ore
settimanali svolte alle dipendenze della cessionaria.

2. La Corte territoriale ha interpretato i verbali
di conciliazione sottoscritti da ciascun lavoratore con la EVI s.p.a. ed ha
ritenuto che essi recassero un chiaro riferimento all’applicazione ai rapporti
di lavoro del contratto collettivo privatistico degli acquedottisti, in cui era
previsto un monte ore ordinario per i lavoratori full time di 38,5 ore
settimanali; ha rilevato come non vi fosse alcuna prova della applicazione ai
rapporti di lavoro con il C.I.S.I. di un contratto collettivo Enti Pubblici in
cui fosse previsto un orario settimanale di 36 ore e che non ricorressero i
requisiti di cui all’art. 437 cod. proc. civ.
per l’acquisizione d’ufficio dei documenti non tempestivamente prodotti in
primo grado dai ricorrenti.

3. Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori
indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi. Il C.I.S.I.
e la società EVI s.p.a. in liquidazione hanno resistito con distinti
controricorsi.

4. Tutte le parti hanno depositato memoria, ai sensi
dell’art. 380 bis.1. c.p.c.

 

Considerato che

 

5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
violazione ed omessa applicazione dell’art. 2112
cod. civ. e dell’art. 36 Cost. in relazione
alla erronea interpretazione dei verbali di conciliazione in tema di unicità
del rapporto, orario di lavoro ed equivalenza della retribuzione; inoltre,
violazione ed omessa applicazione dell’art. 2103
cod. civ. e dell’art. 36 Cost.

6. Si deduce che con accordi conciliativi prodotti
in primo grado sia C.I.S.I. che EVI s.p.a. avevano riconosciuto la nullità dei
contratti a termine conclusi sotto il vigore della legge
230 del 1962 e riconosciuto l’esistenza di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato la cui decorrenza doveva necessariamente essere fissata alla data
della prima assunzione; che la sentenza impugnata non ha correttamente
applicato l’art. 2112 cod. civ., che impone di
considerare un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dall’inizio
del primo rapporto di lavoro stagionale e non ha rilevato l’illegittimità della
imposizione ai lavoratori di un orario superiore a quello richiesto prima del
trasferimento, avendo invece considerato le condizioni di fatto imposte
all’atto di sottoscrizione della lettera di assunzione da parte di EVI s.p.a.
in data 23.12.2002 e il riferimento ivi fatto al c.c.n.l. Acquedottisti; che la
Corte di merito non ha tenuto conto dell’accordo sindacale sottoscritto dalle
OO.SS. con EVI s.p.a il 24.7.2003, con cui la società, al fine di compensare il
disagio conseguente all’aumentato numero di ore lavorative settimanali per il
passaggio dal Settore Pubblico con orario di 36 ore settimanali al Settore
Acquedotti con 38 ore settimanali, intendeva riconoscere ai dipendenti
interessati al passaggio permessi retribuiti compensativi per un totale di 12
giornate su base annua, corrispondenti a 72 ore; che l’orario di 38 ore è stato
richiesto solo agli attuali ricorrenti mentre il restante personale ha
continuato a prestare servizio per 36 ore settimanali e solo dopo successivi
accordi sindacali intervenuti sino al 24.7.2003 l’orario di 38 ore è divenuto
effettivo per tutti; che i ricorrenti hanno subito una decurtazione della loro
paga all’atto del trasferimento dei contratti di lavoro a EVI s.p.a. e non
hanno goduto neanche di riposi e permessi retribuiti aggiuntivi.

7. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc.
civ., violazione degli artt. 416 e 345 cod. proc. civ., dell’art. 111 Cost., per avere il Tribunale ammesso
documentazione prodotta da EVI s.p.a. solo in fase di decisione e per non aver
la Corte d’appello ammesso i documenti rilevanti e decisivi prodotti dagli
appellanti, in violazione del principio del giusto processo. I documenti non
ammessi in appello erano indispensabili poiché fornivano la prova decisiva del
fatto che prima del 2000 gli appellanti e l’altro personale dipendente
rendevano una prestazione di 36 ore settimanali, in applicazione del d.P.R. 268/1987.

 8. Con il
terzo motivo di ricorso è dedotto, in relazione all’art.
360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per la mancata ammissione
della prova testimoniale articolata nel ricorso di primo grado, nonché omesso
esame della documentazione rilevante e decisiva prodotta in appello ed omesso
esame della censura svolta avverso la sentenza di primo grado per violazione dell’art. 416 cod. proc. civ. a causa della ammissione
di documenti tardivamente prodotti dalle parti convenute.

9. I motivi di ricorso presentano plurimi profili di
inammissibilità.

10. Le censure sono articolate attraverso vari
riferimenti ad accordi conciliativi e ad accordi sindacali, neanche esattamente
individuati, che se pure localizzati negli atti processuali non sono in alcun
modo trascritti nel ricorso per cassazione, almeno nelle parti rilevanti. Non
solo, è dedotta la violazione dell’art. 2112 cod.
civ. ma non esiste alcun accertamento nella sentenza impugnata
dell’avvenuto trasferimento di azienda o di ramo di azienda e le domande
formulate in primo grado, come trascritte a pag. 2 del ricorso per cassazione,
recano riferimenti alla cessione dei contratti di lavoro, figura giuridica
contemplata dall’art. 1406 cod. civ. Peraltro,
i rilievi svolti nei motivi di ricorso non si confrontano con la ratio decidendi
della sentenza impugnata, che ha individuato la fonte di disciplina del
rapporto di lavoro degli attuali ricorrenti nei verbali di conciliazione dai
medesimi sottoscritti nel dicembre 2003 con la EVI s.p.a. Parimenti
inammissibili sono le censure mosse col secondo e col terzo motivo di ricorso,
sia nella parte i cui criticano le statuizioni di primo grado di ammissione di
documentazione tardivamente prodotta, non censurabili con il ricorso per
cassazione, e sia nella parte in cui denunciano la violazione di norme
processuali sul presupposto di decisività delle prove non ammesse nel giudizio
di appello (atte a dimostrare lo svolgimento da parte degli attuali ricorrenti
prima del 2000 di un orario di lavoro 36 ore settimanali), presupposto non
dimostrato ed anzi smentito dall’accertamento contenuto nella sentenza
d’appello, e non validamente contrastato, sulla fonte di disciplina dei
rapporti di lavoro in oggetto costituita dal verbale di conciliazione del
dicembre 2003.

11. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato
inammissibile.

12. La regolazione delle spese segue il criterio di
soccombenza, in favore di ciascun controricorrente.

13. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in € 3.700,00 per compensi professionali, €
200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori
come per legge, nei confronti di ciascuna parte controricorrente.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13, se dovuto.

 

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