Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2023, n. 3439

Lavoro, Inserimento, nei contratti a termine, di una “causale” palesemente errata, Proroga del termine, Esistenza del nesso di causalità tra inadempimento e danno, Incongruenza motivazionale, Accoglimento

 

Rilevato che

 

Con la sentenza impugnata, in riforma della pronunzia del Tribunale di Sassari, S. G. C. è stato tra l’altro condannato al pagamento, in favore della “A.T.P.” di Sassari, dell’importo di € 231.088,06 a titolo di risarcimento del danno corrispondente alla complessiva somma versata dall’azienda a vari lavoratori assunti a tempo determinato sulla base di contratti predisposti dal C. e ritenuti illegittimi in sede giudiziale; a sostegno della decisione è stato evidenziato che il C., in qualità di dirigente responsabile preposto alla gestione del personale, era incorso in responsabilità certamente da attribuire alla grave negligenza commessa nella indicazione di clausola inappropriata (recante la seguente locuzione: “in considerazione della necessità tecnico-produttiva di esecuzione di servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale …”), «atteso che, a fronte della specifica previsione del c.c.n.l. del 27 novembre 2000 per la stipula di contratti a termine nel periodo di espletamento del concorso per l’assunzione di autisti di linea, il C. ha dimostrato di ignorarne colpevolmente il contenuto, senza neppure addurre alcuna giustificazione a sostegno della fondatezza dell’inserimento della diversa clausola (indipendentemente dalla genericità della diversa clausola effettivamente inserita)»;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S. G. C., affidato a sette motivi;

l’“A.T.P.” di Sassari ha resistito con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale affidato ad un motivo, anche illustrato con memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo il ricorrente – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza ex art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – si duole che il giudice del gravame abbia statuito – benché la condotta di inadempimento allegata facesse riferimento ad un solo elemento di responsabilità, incentrato sulla mancata utilizzazione della specifica clausola del c.c.n.l. relativa al “periodo necessario all’espletamento delle procedure di assunzione” – l’infondatezza “dell’accusa di inadempimento formulata dall’Azienda contro il C. sulla base di quell’elemento di responsabilità”, non mandandolo tuttavia assolto, ravvisando la responsabilità contrattuale del lavoratore “sia nella viziata predisposizione del contratto sia nella parimenti viziata proroga del termine”, omettendo tuttavia di considerare che la condotta asseritamente doverosa non avrebbe comunque attribuito validità ai contratti, per come evidenziato da una sentenza della Suprema Corte (Cass. n. 17457 del 2014), con conseguente “non imputabilità” dell’inadempimento (comunque “slegato eziologicamente dal pregiudizio contro di lui invocato da ATP sulla base di quel presupposto”); evidenzia, inoltre, la contraddittorietà e non comprensibilità della sentenza – nella parte in cui ha conferito rilevanza all’omesso uso della specifica clausola contrattuale – “proprio per la precedente considerazione che la tesi dell’ATP (alla luce della giurisprudenza maturata) era infondata”;

con il secondo motivo – denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nullità della sentenza per violazione del citato art. 112 c.p.c. e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – lamenta che il predetto giudice abbia ricollegato la responsabilità del lavoratore anche alla “proroga” del termine, nonostante tale profilo di inadempimento non fosse stato denunciato dall’azienda neppure in appello, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed emissione di una pronunzia, quanto alla proroga, incoerente ed apparente;

con il terzo motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175 c.c., 1218 c.c. e 1375 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – si duole che la Corte territoriale abbia rilevato l’inadempimento del dirigente da una condotta (id. est.: pattuizione della proroga) che, in primo grado, la stessa azienda aveva escluso dagli elementi di responsabilità, ritenendo doveroso un contratto unico con scadenza al termine del concorso, integrando la doglianza concernente il superamento del limite temporale del contratto – introdotta solo nel grado di appello, con la quale, pertanto, l’azienda sarebbe andata “contra factum proprium” – un abuso del diritto avallato dal giudice del gravame senza congrua motivazione;

con il quarto motivo – denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 345 c.p.c. e 433 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – lamenta che la predetta Corte non abbia colto la novità dell’allegazione, in appello – rispetto agli assunti dell’azienda nel giudizio di primo grado – del superamento del limite annuale dei 90 giorni o anche delle proroghe dei contratti;

con il quinto motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – si duole che il giudice di appello non abbia espresso alcuna motivazione circa l’esistenza del nesso di causalità tra inadempimento e danno, che andava escluso in quanto il superamento del limite temporale dei contratti si poneva come causa connotata da autonoma sufficienza, facendo cadere il nesso eziologico tra la condotta del lavoratore e l’evento lesivo lamentato dall’azienda;

con il sesto motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 c.c., 1225 c.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – lamenta che il predetto giudice, da un lato, abbia quantificato, senza motivare sul punto, i danni subiti dall’azienda sulla base degli importi da quest’ultima erogati ai lavoratori a seguito di provvedimenti giurisdizionali non ancora tutti passati in giudicato (con possibilità, quindi, di revisione al ribasso di detti importi) e, dall’altro, non abbia verificato se il danno così come determinato potesse essere prevedibile dal lavoratore, in difetto di allegazione al riguardo ad opera dell’azienda;

con il settimo motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché nullità della sentenza, per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., e per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – si duole che la Corte territoriale non abbia dato rilievo alla condotta dell’azienda nella causazione del danno, derivata dalla “carenza probatoria” addebitatale nei procedimenti aventi ad oggetto la legittimità dei contratti a termine, benché il lavoratore nelle sue difese avesse chiesto valutarsi ed apprezzarsi l’aggravamento del danno – integrato anche dal ritardo nei pagamenti e dall’esecuzione forzata, che avevano condotto al riconoscimento di interessi e spese, messe poi a carico del lavoratore medesimo quale posta risarcitoria – per colpevole condotta dell’azienda medesima;

con l’unico motivo di ricorso incidentale l’ “ATP” – denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e 2233 c.c., nonché del DM n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – lamenta che la predetta Corte, con riferimento al giudizio di appello, non abbia liquidato il compenso per la fase istruttoria e per quella decisionale.

 

Ritenuto che

 

Il primo e il quinto motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati – con assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale e di quello del ricorso incidentale – in quanto, a fronte di un denunziato inadempimento del lavoratore incentrato sull’inserimento, nei contratti a termine, di una “causale” palesemente errata, è stato accertato (per come emerge dalla stessa sentenza impugnata, mediante il richiamo a Cass. n. 17457/2014, ove si legge, per quanto di interesse, che «se per un verso è … certo che la stessa potesse avvalersi della norma speciale che le consentiva di ricorrere a quel tipo di assunzioni temporanee, è d’altro canto pur vero che risultano violati nel caso di specie i divieti sanciti dall’art. 5, commi 15 e 17 D.L. cit., ossia di superamento della durata di novanta giorni di servizio nell’arco di un anno solare e di nuova assunzione prima dello spirare del termine di sei mesi dal compimento del periodo complessivo di impiego non superiore a novanta giorni nel corso dell’anno solare. La loro inosservanza comporta, come si è ripetuto, la sanzione della nullità di diritto del provvedimento di assunzione …») che, in vari casi, la nullità non è stato il derivato della genericità o della non veridicità di detta causale, bensì della violazione dei divieti sanciti dall’art. 5, quindicesimo e diciassettesimo comma, del d.l. n. 702 del 1978;

il che trova riscontro in un passo della stessa sentenza impugnata, ove si legge che «l’ulteriore profilo di nullità dei contratti a termine individuato dalla Cassazione (…) è affermativo, comunque, della infondatezza della tesi dell’azienda secondo cui la previsione del ccnl sulla causale dei contratti a termine sarebbe idonea ad escludere la nullità del termine apposto ai contratti in discussione»;

in tal quadro, la sentenza in questione è certamente affetta dalla gravissima incongruenza motivazionale denunziata, poiché in essa si dà atto del fatto che, in alcuni giudizi scrutinati dalla Cassazione, l’apposizione della “appropriata” causale non avrebbe comunque determinato la validità dei contratti stipulati, essendo la nullità di questi ultimi dipesa da violazioni non ascritte al lavoratore (e neppure ritenute in sentenza, nella quale vi è un fugace riferimento alla “viziata proroga del termine”, da intendersi tuttavia riferita alla clausola originariamente apposta);

pertanto, l’impianto motivazionale di supporto alla declaratoria di accoglimento della domanda proposta dall’azienda è tale da fornire, contraddittoriamente, implicita (ma al contempo chiara) evidenza della mancanza del nesso causale tra dedotto inadempimento e danno, dovendo la sussistenza di quest’ultimo apprezzarsi, invece, in correlazione con la declaratoria di illegittimità dei contratti a termine esclusivamente fondata sulla sussistenza di “causale” generica o non appropriata;

ricorre quindi il caso di una motivazione che non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” nei sensi di cui, tra le molte, a Cass., S.U., n. 8053 e 8054 del 2014;

la sentenza, pertanto, va cassata – nei sensi cui in motivazione – con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo ed il quinto motivo del ricorso principale ai sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale e di quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2023, n. 3439
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: