Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 aprile 2023, n. 10114

Lavoro, Contratto libero professionale, Riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro, Ordine di servizio e confessione stragiudiziale, Valutazione delle risultanze istruttorie, Rigetto

 

Rilevato che

 

1. La Corte d’appello di Napoli ha respinto l’appello principale di C.B., confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro dal medesimo svolto presso la Casa di Cura S.R. spa;

ha accolto in parte l’appello incidentale proposto dalla Casa di Cura e dichiarato il rapporto di lavoro risolto per inadempimento del B..

2. La Corte di merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto: che le allegazioni a sostegno della domanda del lavoratore fossero talmente generiche da rendere inammissibile l’espletamento della prova testimoniale sulle circostanze dedotte; che le prove documentali e, in particolare, i prospetti dei turni di servizio, non dimostrassero l’esistenza di un vincolo di subordinazione ma unicamente l’esigenza organizzativa della Casa di Cura di coordinamento delle prestazioni rese dai medici; che il B. si fosse reso inadempiente agli obblighi contrattuali, avendo sospeso la propria attività dal gennaio 2009 (rectius, 2008), prima della scadenza del contratto fissata in marzo 2009 (rectius, 2008), a fronte del legittimo esercizio da parte della Casa di Cura della facoltà di modificare il compenso annuo pattuito in base alle variazioni del fatturato annuo, come previsto dall’art. 4 del contratto di collaborazione autonoma libero professionale concluso tra le parti.

3. Avverso tale sentenza C.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria. La Casa di Cura S.R. ha resistito con controricorso.

 

Considerato che

 

4. Preliminarmente si dà atto che la parte controricorrente ha eccepito la nullità del ricorso perché firmato solo digitalmente.

5. L’eccezione è infondata. Questa Corte ha giudicato ammissibile il ricorso per cassazione confezionato in formato pdf e sottoscritto con firma digitale e non con sottoscrizione autografa allorché l’originario ricorso, in formato analogico, e la procura che ad esso accede (quest’ultima sottoscritta in forma autografa), entrambi scansionati e firmati digitalmente, siano stati notificati a mezzo posta elettronica certificata e copia cartacea degli stessi, della relata di notifica, del messaggio di posta elettronica certificata e delle ricevute di accettazione e consegna risultino depositati in cancelleria, unitamente all’attestazione di conformità sottoscritta con firma autografa. Le dette formalità conferiscono difatti al ricorso depositato in cancelleria prova della sua autenticità e provenienza, essendo irrilevante l’assenza di sottoscrizione autografa dell’originario cartaceo e risultando la provenienza dal difensore munito di procura comunque attestata sia dalla procura che ad esso accede sia dalla firma digitale apposta al documento notificato per via telematica (v. Cass. 19434 del 2019). I requisiti elencati nella sentenza appena richiamata ricorrono nel caso in esame.

6. Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. in relazione agli artt. 2735 e 2733 c.c. e all’art. 116 c.p.c., per non avere la Corte attribuito valore di confessione stragiudiziale, con efficacia di prova legale, all’ordine di servizio (documento localizzato negli atti processuali e trascritto nelle parti rilevanti) atto a dimostrare l’assoggettamento del B. al potere direttivo e gerarchico della Casa di Cura.

7. Il motivo è inammissibile in quanto la parte ricorrente non specifica in quali atti processuali, che aveva l’obbligo di trascrivere, ed in che termini abbia sollevato tale questione nei precedenti gradi merito, posto che la sentenza impugnata non contiene alcun accenno in proposito (v. Cass. n. 23675 del 2013; n. 20703 del 2015; n. 18795 del 2015; n. 11166 del 2018).

8. Il motivo è, comunque, infondato. Secondo l’orientamento consolidato, una dichiarazione è qualificabile come confessione ove sussistano un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, ed un elemento oggettivo, che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo, che forma oggetto della confessione escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione (v. Cass. n. 12798 del 2018; Cass. n. 23495 del 2010; Cass. n. 19165 del 2005). Nessuno di questi requisiti ricorre nel caso in esame, per la natura di strumento organizzativo dei turni di servizio, risolvendosi il motivo di ricorso in una inammissibile sollecitazione di una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.

9. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. in relazione agli artt. 115 e 253 c.p.c. per avere la Corte di merito, al pari del Tribunale, giudicato generica ed ininfluente la prova testimoniale (ed esattamente il capitolo così formulato: “vero che il ricorrente dal 19.4.1993 al 31.12.2007 osservava i turni di lavoro secondo gli ordini di servizio predisposti dal dirigente sanitario”), sebbene la stessa fosse funzionale all’accertamento del requisito di assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro e alla prova dell’orario di lavoro osservato.

10. Il motivo è inammissibile dovendosi ribadire che spetta al giudice del merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge; di conseguenza la parte, con il ricorso per cassazione, non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operata dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. n. 29404 del 2017).

11. Con il terzo motivo si imputa alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., del principio inadimplenti non est adimplendum, dell’art. 1175 c.c. e degli artt. 1362 e ss. c.c. Si assume che la Corte abbia male interpretato il contratto e che, a fronte della nota del 31.12.2007 con cui la Casa di Cura aveva provveduto unilateralmente a revocare o sospendere il ruolo del B. di responsabile del reparto Chirurgia, assegnandolo al dott. S., legittimamente l’attuale ricorrente aveva comunicato, con nota dell’8.1.2008, di non accettare tale revoca ed aveva sospeso la sua attività, con conseguente illegittimità del recesso dal contratto da parte della Casa di Cura in data 26.5.2008.

12. Il motivo è inammissibile poiché il ricorrente non specifica in che termini e in quali atti processuali (che aveva l’obbligo di trascrivere) avesse dedotto l’illegittimità della revoca dell’incarico di responsabile del reparto Chirurgia (di cui alla nota del 31.12.2007) e sollevato l’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. al fine di giustificare la sospensione della sua attività dal gennaio 2008, chiedendo al contempo la declaratoria di illegittimità del recesso adottato della Casa di Cura il 26.5.2008.

13. Il motivo è inoltre inammissibile poiché si limita a prospettare una interpretazione alternativa degli atti richiamati, ed esattamente dell’art. 4 del contratto, senza rappresentare elementi idonei a far ritenere erronea la valutazione ermeneutica operata dal giudice del merito, cui l’attività di interpretazione degli atti negoziali e degli atti unilaterali è riservata (Cass. n. 15890 del 2007; n. 9245 del 2007; n. 15471 del 2017; n. 19089 del 2018).

14. Con il quarto motivo di ricorso si critica la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte di merito avrebbe omesso di considerare che l’art. 4 del contratto libero professionale non consentiva la modifica unilaterale dell’oggetto del rapporto, ma abilitava le parti solo ad una variazione del compenso annuo in base all’andamento del fatturato e che la illegittima revoca dell’incarico di responsabile del reparto Chirurgia, con nota del 31.12.2007, giustificava il comportamento del B. di sospendere la propria prestazione, a decorrere dal gennaio 2008 (e non dal gennaio 2009, come erroneamente indicato nella sentenza d’appello), con l’ulteriore conseguenza che il recesso della Casa di Cura in data 26.5.2008 non poteva considerarsi legittimamente esercitato.

15. Il motivo è inammissibile poiché deduce non l’omesso esame di un fatto storico, come necessario ai fini dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ma una questione giuridica, concernente l’applicazione di norme di diritto, già posta col precedente motivo di ricorso e dichiarata inammissibile.

16. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con il raddoppio del contributo unificato se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

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