Nel procedimento di applicazione di una sanzione disciplinare, il datore di lavoro deve attenersi a due regole essenziali per la legittimità della procedura: l’immutabilità e l’immediatezza (o tempestività) della contestazione.

 Immutabilità

“Il principio della immutabilità della contestazione, ossia della necessaria corrispondenza tra contestazione degli addebiti e fatti sanzionati nel provvedimento punitivo finale, tutela il diritto di difesa dell’incolpato, che sarebbe irrimediabilmente compromesso qualora il provvedimento disciplinare venisse adottato in relazione a condotte, omissive o commissive, sulle quali non si sia svolto il contraddittorio” (Cass. 30 novembre 2017, n. 28797).

Come si vede, però, l’immutabilità (come accade nel processo penale – art. 521 c.p.c.) riguarda il “fatto” e non la qualificazione giuridica dello stesso. Con la conseguenza che il datore di lavoro se da una parte non può mutare il fatto contestato, dall’altra può ricondurre l’addebito ad una diversa ipotesi disciplinare, atteso che, in tal caso, non si verifica una modificazione del fatto, ma solo un diverso apprezzamento dello stesso (v. Cass. S.U. 20 maggio 2014, n. 11024 e Cass. 22 marzo 2011, n. 6499).

Immediatezza

Il principio dell’immediatezza della contestazione mira, per un verso, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettività, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per potere contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti e, per l’altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile (dal momento che l’esercizio del potere disciplinare ha carattere facoltativo e postula, nella sua esplicazione, che il datore di lavoro si comporti in conformità ai canoni della buona fede e correttezza) (v. Cass. 5 dicembre 2017, n. 29056 e Cass. n. 13167/2009).

Secondo la giurisprudenza consolidata, “in materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione integra elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro in quanto, per la funzione di garanzia che assolve, l’interesse del datore di lavoro all’acquisizione di ulteriori elementi a conforto della colpevolezza del lavoratore non può pregiudicare il diritto di quest’ultimo ad una pronta ed effettiva difesa, sicché, ove la contestazione sia tardiva, resta precluso l’esercizio del potere e la sanzione irrogata è invalida” (v. Cass. n. 29056/2017, cit. e, tra le altre, Cass. n. 19115/2013).

Sotto il profilo applicativo, quando vi sia un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare, la tempestività di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto (nelle sue linee essenziali) al dipendente; riferibilità la cui prova è a carico del datore di lavoro (v., fra tante, Cass. 19 maggio 2017, n. 12712, annotata, in questo sito, da P. PIZZUTI; nonché Cass. n. 4724/2014 e Cass. n. 7410/2010).

Sempre alla luce della giurisprudenza di questa S.C., il criterio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, poiché si deve tener conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti, la complessità dell’organizzazione aziendale (v. Cass. n. 10688/2017). Sicché più approfondite indagini del datore di lavoro sui fatti passibili di responsabilità disciplinare non inficiano il relativo procedimento (v. Cass. n. 13482/2004).

MNB

Immediatezza ed immutabilità della contestazione disciplinare
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