Il rapporto assicurativo è disciplinato dalla legge vigente nel tempo in cui è sorto e la pensione di reversibilità spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso.

 Nota a Cass. (ord.) 24 ottobre 2018, n. 27019

Daria Pietrocarlo

Sebbene la pensione di reversibilità sia acquisita dal superstite iure proprio e non iure hereditatis, i relativi requisiti amministrativi, contributivi e anagrafici non devono essere riferiti all’assetto normativo in vigore al momento del decesso del pensionato, anziché a quello in cui lo stesso è stato collocato in quiescenza né al superstite, in quanto ciò vanificherebbe le caratteristiche e le finalità della prestazione, per ottenere la quale basta il mero rapporto di coniugio o di parentela (v., per tutte, Cass. n. 3300/2012 e Cass. n. 21545/2008).

L’importante principio è affermato dalla Corte di Cassazione (24 ottobre 2018, n. 27019), la quale rileva come dall’art. 13, co.1, RDL. n. 636/1939, si evince che:

a) “la pensione di reversibilità spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso, tanto che tale prestazione viene anche definita a ‘perfezionamento traslato’”;

b) “la pensione di reversibilità costituisce, per il superstite, una sorta di proiezione di quella funzione di sostentamento che a suo favore svolgeva, quando era in vita, il de cuius” (v. Corte Cost. n. 495/1993 e n. 195/1990);

c) anche la determinazione del quantum del trattamento riservato ai superstiti dipende dall’ammontare della prestazione previdenziale dovuta al de cuius (v. art. 13, co. 1, cit.).

Ne consegue che, nella fattispecie sottoposta all’attenzione dei giudici, dal momento che il rapporto assicurativo è disciplinato dalla legge vigente nel tempo in cui è sorto ed essendo stato il coniuge della controricorrente titolare di pensione fin dal 1986, trova applicazione la normativa all’epoca vigente, ossia la Convenzione Italia – Jugoslavia stipulata il 14.11.1957 ed entrata in vigore il 1°.1.1961, in virtù della quale per la totalizzazione dei contributi versati in Italia e nella ex Jugoslavia basta l’avvenuto versamento anche d’un solo contributo settimanale.

La Corte, peraltro, aveva già affermato che “la pensione di reversibilità in regime internazionale, benché acquisita dal superstite “iure proprio“, spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso” (v. Cass. n. 23841/2015)

Il RDL 14 aprile 1939, n. 636, conv. in L. 6 luglio 1939, n. 1272, all’art. 13 (abrogato, a decorrere dal 16 dicembre 2009, dall’art. 2, co. 1, del DL 22 dicembre 2008 n. 200. Successivamente l’efficacia della norma è stata ripristinata dall’art. 1, co. 2, del D.LGS. 1° dicembre 2009, n. 179), stabilisce che:

“Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempre che per quest’ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’articolo 9, n. 2, lettere a), e b) , spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi.

Tale pensione è stabilita nelle seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato a norma dell’articolo 12:

a) il 60 per cento al coniuge;

b) il 20 per cento a ciascun figlio se ha diritto a pensione anche il coniuge, oppure il 40 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli.

Per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età di cui al primo comma è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26° anno di età, qualora frequentino l’Università.

La pensione ai superstiti non può, in ogni caso, essere complessivamente né inferiore al 60 per cento, né superiore all’intero ammontare della pensione calcolata a norma dell’art. 12.

Se superstite è il marito, la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell’articolo 10 (La Corte costituzionale, con sentenza 30 gennaio 1980, n. 6, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui stabilisce che “se superstite è il marito la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell’art. 10.).

Qualora non vi siano né coniuge né figli superstiti o, pure esistendo, non abbiano titolo alla pensione, questa spetta ai genitori superstiti di età superiore ai 65 anni che non siano titolari di pensione e alla data della morte dell’assicurato o del pensionato risultino a suo carico. In mancanza anche dei genitori la pensione spetta ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti che non siano titolari di pensione, sempre che al momento della morte del dante causa risultino permanentemente inabili al lavoro e a suo carico.

Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell’assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa.

Il figlio riconosciuto inabile al lavoro a norma dell’articolo 39 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nel periodo compreso tra la data della morte dell’assicurato o del pensionato e il compimento del 18° anno di età, conserva il diritto alla pensione di reversibilità anche dopo il compimento della predetta età.

La pensione spettante a norma del presente articolo ai genitori ed ai fratelli e sorelle è dovuta nella misura del 15% per ciascuno.

Nel caso di concorso di più fratelli e sorelle la pensione non può essere complessivamente superiore all’intero importo della pensione calcolata a norma dell’articolo 12” (La Corte costituzionale, con sentenza 31 dicembre 1993, n. 495 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilità sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo già liquidata al pensionato o che l’assicurato avrebbe comunque diritto di percepire).

Pensione di reversibilità in regime internazionale
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