Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2019, n. 30564

Pensione per cieco civile, Redditi da lavoro superiore ai
limiti di legge, Diritto ratei di pensione maturati, Prescrizione

Rilevato che

 

1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di
Appello di Ancona, decidendo in sede di rinvio, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, ha confermato la sentenza di primo grado, di
accoglimento della domanda di G.M. per il ripristino della pensione per cieco
civile (revocata nel 1992, a decorrere da gennaio 1993), benché titolare di
redditi da lavoro superiore ai limiti di legge e ha dichiarato estinto, per
prescrizione, il diritto ai ratei di pensione maturati prima del quinquennio
anteriore all’11.12.2009;

2. avverso tale sentenza l’Inps ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi, al quale l’intimato non ha opposto difese;

 

Considerato che

 

3. con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 443 cod.proc.civ., 7 legge n. 533 del 1973, 1,
14, 17 legge n. 382 del 1970, per non avere la Corte territoriale rilevato
l’improponibilità della domanda in difetto di un presupposto dell’azione, quale
la mancata presentazione della domanda amministrativa, erroneamente asserendo
che detta eccezione non fosse stata fatta oggetto di contestazione in appello –
per essere stata detta eccezione svolta fin dalla costituzione in giudizio
innanzi al giudice di primo grado – e disattendendo il dictum della sentenza rescindente
di accertamento dei requisiti di proponibilità dell’azione;

4. con il secondo motivo si deduce violazione ed
erronea applicazione di plurime violazioni di legge (L. n. 153 del 1969, art. 68,
del r.d.l. n. 636 del 1939,
art. 10, come novellato dal d.l.
n. 463 del 1983, artt. 6 e 8) per la ritenuta compatibilità della pensione
percepita dal cieco civile con i redditi da lavoro dipendente percepiti, in
applicazione della deroga, in favore dei non vedenti, al generale divieto di
cumulare la pensione di invalidità con il reddito e la condanna al pagamento
dei ratei pensionistici nonostante la titolarità di redditi da lavoro
dipendente assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche;

5. con il terzo motivo si deduce violazione di
plurime disposizioni di legge per avere la Corte di merito condannato l’ente
previdenziale al pagamento dei ratei della pensione di invalidità di cieco
civile nonostante l’assistito percepisse redditi superiori ai limiti di legge
derivanti dal lavoro di centralinista svolto alle dipendenze della Provincia di
Terni;

6. il ricorso è da accogliere;

7. l’ordinanza rescindente di questa Corte, n. 13269
del 2013, in considerazione dell’epoca del provvedimento di revoca della
prestazione ha escluso, ratione temporis, l’applicabilità della disciplina che
ha modificato il procedimento di accesso alle prestazioni assistenziali
eliminando i ricorsi amministrativi ed introducendo rigorosi termini di
decadenza; ha dichiarato assorbite le censure formulate nel ricorso incidentale
dell’INPS e ha demandato, al giudice del rinvio, l’accertamento dei requisiti
di proponibilità dell’azione e dei presupposti per l’erogazione della
prestazione;

8. i giudici di appello hanno incentrato la
decisione esclusivamente sulla questione del superamento dei limiti reddituali,
ritenendo incontestati gli altri presupposti e devoluta solo la detta questione
di merito;

9. osserva questa Corte che, preso atto del vincolo
derivante dalla sentenza rescindente, la domanda, allo stato, non risulterebbe
proponibile, in difetto di un presupposto dell’azione (la mancata presentazione
della domanda amministrativa), ciò tuttavia non esime dalla disamina, comunque,
dei motivi svolti dall’INPS che, per essere fondati, conducono al rigetto della
domanda, con decisione nel merito in questa sede di legittimità, in coerenza
con i consolidati principi ai quali i giudici di appello non si sono attenuti;

10. per costante giurisprudenza di questa Corte,
alla quale va data in questa sede continuità (v., da ultimo, da Cass. n. 8382 del 2019), la pensione non
reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all’art. 7 legge n. 66 del
1962, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello
stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante
nell’ambito di cui all’art. 38, primo comma, Cost.,
sicché l’erogazione della prestazione cessa al superamento del limite di
reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’art. 12 legge n. 118 del 1971,
di conversione del d.l. n. 5 del 1971, dovendosi ritenere inapplicabili sia l’art. 68, legge n. 153 del 1969,
dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia l’art. 8, comma 1-bis, del d.l. n.
463 del 1983, conv. con modif. in legge n. 638
del 1983, che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei
ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di
stretta interpretazione – intese a favorire il reinserimento del pensionato
cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e il cui
fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38, secondo comma, Cost. – e, dunque,
insuscettibili di applicazione analogica (v., anche, Cass. n. 24192 del 2013;
Cass. n. 16133 del 2016, Cass. nn. 11437 e 16979 del 2017; Cass. n. 30830 del
2018);

11. si richiamano per intero le ampie argomentazioni
espresse nei citati precedenti di legittimità, anche sotto il profilo della
compatibilità costituzionale dei trattamenti legislativi differenti in
relazione ai quali va esclusa ogni violazione del principio costituzionale di
uguaglianza;

12. il ricorso è, dunque da accogliere e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel
merito con il rigetto della domanda G.M.;

13. il prolungarsi del mancato accertamento, da
parte dei giudici di merito, della proponibilità della domanda e il
comportamento processuale dell’intimato, che nulla ha opposto, in questa sede,
ai rilievi dell’I.N.P.S. e non ha in alcun modo dato causa all’errore di
diritto contenuto nel provvedimento impugnato, consigliano la compensazione,
tra le parti, delle spese dell’intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda di G.M.; spese compensate dell’intero
processo.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2019, n. 30564
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: