Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2019, n. 31374

Infortunio sul lavoro, Obbligo di protezione gravante sul
datore di lavoro, Danno biologico, Mansioni incompatibili con lo stato di
salute

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 2258 del 16.10.2017 la Corte di
appello di Bari – confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede
emessa in data 14.10.2015 – ha respinto la domanda proposta da U. C. nei
confronti di T. s.p.a. per il risarcimento del danno biologico conseguente
all’infortunio subito dal coniuge, N. A., in data 15.6.1971 e alla successiva
prosecuzione (sino al 1993) del rapporto di lavoro in mansioni incompatibili
con lo stato di salute.

2. La Corte distrettuale ha rilevato che il
Tribunale di Bari, adito sempre dalla C. per il risarcimento del danno
conseguente al suddetto infortunio e alla successiva illegittima protrazione
del rapporto di lavoro, aveva – con sentenza emessa in data 4.12.2007-18.2.2008
– rigettato la domanda ed accertato la sussistenza del rapporto di lavoro
subordinato concernente il dante causa A. con la Rete F. I. s.p.a.;
l’imputazione del rapporto di lavoro a T. s.p.a. era, pertanto, preclusa dal
precedente giudicato.

3. Avverso la detta sentenza L. C. ha proposto
ricorso per cassazione affidato a otto motivi, illustrati da memoria. La
società T. s.p.a. resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con i primi due motivi di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 2909 cod.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto intervenuto un giudicato
esterno tra le parti nonostante la società T. s.p.a. non si fosse costituita
nella causa proposta, nel 2001, dalla C. e la suddetta controversia avesse
oggetto diverso da quello introdotto con la successiva causa nel 2009, ossia
l’azione risarcitoria di natura contrattuale (e non quella di natura
extracontrattuale, iure hereditatis, avanzata successivamente), dovendosi,
altresì, notare l’omessa pronuncia di difetto di legittimazione passiva nei
confronti di T. s.p.a.

2. Con i successivi motivi (dal terzo all’ottavo),
si denunzia violazione degli artt. 2043, 2087, 2909 cod.civ.,
112, 132, 118 disp.att. cod.proc.civ., 111 Cost. nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, inutilmente rilevato che il ricorso proposto
dalla C. nel 2001 conteneva insufficienti allegazioni in ordine alla
inosservanza dell’obbligo di protezione, trattandosi, con riguardo al ricorso
proposto nel 2009, di domanda diversa, avente titolo risarcitorio
extracontrattuale (danno biologico iure hereditatis) e dovendosi rinvenire nel
costante e lineare aggravamento nosologico dell’A. un danno c.d. tanatologico,
avente quale unico fatto costitutivo l’evento morte, il cui accertamento è
stato completamente omesso.

3. I primi due motivi del ricorso non sono fondati.

Parte ricorrente rileva di aver instaurato nel 2001,
in qualità di erede di N. A., una controversia nei confronti di T. s.p.a. per
accertare l’inadempimento all’obbligo di protezione gravante sul datore di
lavoro ex art. 2087 cod.civ. in relazione
all’infortunio subito dall’A. nel giugno 1971 e al decesso del proprio dante
causa (avvenuto nel settembre 1998); aggiunge che in detta controversia era
intervenuta volontariamente la società Rete F. I. s.p.a.

Parte ricorrente non trascrive (nemmeno per
estratto) il suddetto ricorso né fornisce al contempo alla Corte elementi
sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti
processuali, in violazione del duplice onere, rispettivamente previsto a
presidio del suddetto principio dagli artt. 366,
primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4,
cod.proc.civ. (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224;
Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3
novembre 2011, n. 22726). Resta, dunque, priva di riscontro l’affermazione
del ricorrente tesa a circoscrivere l’ambito della lite proposta dalla C. nel
2001 al risarcimento del danno di natura contrattuale (con esclusione di quello
extracontrattuale, iure hereditatis).

La Corte distrettuale, nella sentenza impugnata,
precisa che il ricorso, promosso dalla C. nel 2009, aveva ad oggetto “il
danno biologico arrecato”.

La controversia, definita dal Tribunale di Bari con
sentenza 4.12.2007-18.2.2008, ha imputato il rapporto di lavoro dell’A. a Rete
F. I. s.p.a. ed ha rigettato la domanda della C. non rinvenendo alcuna
violazione dell’obbligo di protezione da parte del datore di lavoro.

Ebbene, in relazione alla mancata dichiarazione di
contumacia (in specie, con riguardo a T. s.p.a.), questa Corte ha affermato che
la mancata indicazione della parte contumace nell’epigrafe della sentenza e la
mancata dichiarazione di contumacia della stessa non incidono sulla regolarità
del contraddittorio e non comportano, quindi, alcuna nullità, ove risulti che
la parte sia stata regolarmente citata in giudizio, configurandosi un mero
errore materiale, emendabile con il procedimento di cui all’art. 287 cod. proc. civ. (Cass. n. 22918 del
2013).

E’, pertanto, priva di pregio la censura svolta
dalla ricorrente in relazione all’omessa indicazione nell’intestazione della
sentenza del 2008 del Tribunale di Bari (sentenza, peraltro, non trascritta)
della società T., seppure destinataria della medesima pronuncia, ed alla
mancata declaratoria della sua contumacia, giacché trattasi di mere
irregolarità sanabili con il procedimento di correzione di errore materiale e
non implicanti nullità della pronuncia, non essendo emerso che la notificazione
del ricorso introduttivo del giudizio, ad iniziativa della stessa C., non si
fosse perfezionata nei confronti di detta parte (cfr., tra le altre, Cass. n.
8545 del 2003, n. 25238 del 2010 in motiv., Cass. n. 22918 del 2013).

Questa Corte ha affermato, altresì, che l’efficacia
del giudicato copre anche la questione pregiudiziale in senso logico su cui si
fonda la pronuncia, ossia il fatto costitutivo del diritto fatto valere (Cass. n. 25304 del 2015, Cass. n. 28415 del
2017), sicché ove il giudice abbia accertato l’adempimento dell’obbligo di
protezione, ex art. 2087 cod.civ., in capo al
datore di lavoro ha, preliminarmente, verificato, con efficacia di giudicato,
il fatto costitutivo del diritto ossia la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato tra le parti.

Nel caso di specie, l’assenza di inadempimenti
all’obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro ex art. 2087 cod.civ. ai fini del risarcimento del
danno biologico subito dalla C. è stata dichiarata dal Tribunale di Bari con la
sentenza emessa nel 2008 in ragione del preliminare accertamento in fatto della
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra A. e Rete F. I. s.p.a.

Tale statuizione, non impugnata dall’erede
(soccombente sulla domanda di risarcimento del danno biologico), è divenuta
definitiva.

Correttamente la Corte distrettuale ha, dunque,
rilevato la formazione del giudicato, non potendo fondare la sua decisione —
neppure in relazione ad una eventuale diversa domanda di risarcimento del danno
— sulla affermazione della esistenza di un rapporto di lavoro tra A. e T.
s.p.a., perché tale accertamento è in contrasto con il giudicato formatosi nel
2008 (che ha individuato nella Rete F. I. s.p.a. il datore di lavoro di A.).

Infine, va rammentato che questa Corte ha
ripetutamente affermato che la legittimazione passiva attiene al dovere del
convenuto di subire il giudizio instaurato dall’attore con una determinata
prospettazione del rapporto oggetto della controversia, indipendentemente dalla
effettiva sussistenza e titolarità dello stesso; costituisce, invece, questione
di merito quella sollevata dal convenuto col dedurre la propria estraneità al
rapporto, ossia la mancanza di titolarità affermata, invece, da parte attrice
(cfr. Cass. n. 548 del 2002, e da ultimo Cass. n. 14243 del 2012). Non ha,
pertanto, pregio l’argomentazione del ricorrente che deduce come erroneamente
la Corte distrettuale (e dapprima il Tribunale) abbia trascurato di dichiarare
– rilevando il giudicato esterno – il difetto di legittimazione passiva di T.,
trattandosi di condizione dell’azione distinta dall’accertamento della
titolarità del rapporto di lavoro.

4. Gli ulteriori motivi di ricorso, attinenti al
nesso causale intercorrente tra il dedotto inadempimento agli obblighi di
protezione da parte di T. s.p.a. e il decesso di A., sono assorbiti in
considerazione dell’intervenuto giudicato che ha riconosciuto Rete F. I. s.p.a.
quale datore di lavoro del dante causa.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese
di lite del presente giudizio seguono il criterio della soccombenza dettato
dall’art. 91 cod.proc.civ. e sono liquidate
come da dispositivo.

6. Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato – se dovuto -, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24
dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, a favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi nonché in euro
5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%
ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso articolo
13.

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