Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 aprile 2021, n. 11009
Ricostituzione della posizione assicurativa, Periodi
lavorativi svolti in Albania, Pensione di vecchiaia, Minimale contributivo
determinato sulla base del contratto collettivo applicabile
Ritenuto che
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 29.5.15, in
riforma di sentenza del 2012 del tribunale della stessa sede, ha accolto la
domanda della signora K. volta alla ricostituzione della posizione assicurativa
sulla base dei periodi lavorativi svolti in Albania ex articolo 1 comma 1264 della legge
269/06, ed ha condannato l’Inps a liquidare la pensione di vecchiaia alla
stessa dal primo gennaio 2008 sulla base del rateo di euro 1189,11.
In particolare, premesso che la signora K. era
cittadina italiana che aveva lavorato in Albania per diversi anni come
ingegnere edile ed era rimpatriata nel 1992, la corte territoriale ha applicato
il minimale contributivo determinato sulla base del contratto collettivo
applicabile agli ingegneri che lavorano in Italia e che sono iscrìtti
all’A.G.O. ex articolo 1
decreto 338/89, convertito in legge 389/89,
ritenendo irrilevante che il lavoro fosse stato prestato in Albania in favore
dello Stato albanese e non per privati.
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un
articolato motivo, cui resiste l’assistita con controricorso.
Considerato che
Con unico motivo si deduce -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’art. 1 comma 1164 della legge 296
del 2006 e 2 DM 31.7.07, dell’art. 1 comma 1 del decreto legge
338/89 convertito in legge 389/89, nonché
dell’art. 7 decreto legge
463/83, convertito in legge 638/83, per
avere la sentenza impugnata determinato il minimale in relazione all’attività
specifica sebbene ciò non fosse previsto dalle norme e per non aver applicato
la disciplina speciale ex articolo
7 del decreto 463/83, ma solo quella del 1989 che invece è irretroattiva.
Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.
Occorre preliminarmente ricordare che l’art. 1 comma 1164 della legge
296/2006, nel rimandare a successivo decreto ministeriale le modalità
attuative della disposizione, stabilisce che “A decorrere dall’anno 2008,
i cittadini italiani rimpatriati dall’Albania possono ottenere a domanda,
dall’INPS, la ricostruzione, nell’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, delle posizioni assicurative
relative a periodi di lavoro dipendente ed autonomo effettivamente svolti nel
predetto Paese dal 1° gennaio 1955 al 31 dicembre 1997”. Il successivo decreto del Ministero del Lavoro e
della Previdenza Sociale 31 Luglio 2007 all’art. 2 prevede che “La
ricostruzione della posizione assicurativa nell’assicurazione generale
obbligatoria per invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dà titolo al
riconoscimento, ai fini del calcolo della pensione, di una anzianità
contributiva corrispondente all’effettivamente lavorato in Albania di valore
pari alla retribuzione mensile sul minimale di contribuzione vigente in Italia
nei periodi interessati dalla ricostruzione per i rispettivi settori.
Questa Corte, con sentenza Cass. Sez. L n. 17257 del 02/07/2018 (v. altresì
Cass. INI. 12036 del 19/6/2020; n. 17257 del
2/7/2018, Cass. n.23875 del 2/10/2018) ha affermato che il diritto alla
ricostruzione della posizione assicurativa relativa ai periodi di lavoro, sia
dipendente che autonomo, prestato in Albania dal 1° gennaio 1995 e fino al 31
dicembre 1997 da cittadini italiani successivamente rimpatriati, ha natura
previdenziale e non assistenziale, come emerge dalla lettera dell’art. 1, comma 1164, della I. n.
296 del 2006 e dell’art. 2 del
d.m. 31 luglio 2007 che fanno riferimento all’effettivo lavoro e ai diversi
settori lavorativi, sicché la disciplina applicabile per individuare il
minimale contributivo cui va parametrata la ricostruzione è quella di volta in
volta vigente nel tempo in Italia, nei diversi settori di attività e per i
periodi corrispondenti, senza che possa applicarsi un unico criterio normativo
di riferimento (come si giustificherebbe solo se la prestazione avesse un
carattere assistenziale).
La medesima pronuncia ha ricordato che la legge ha
voluto assicurare ai cittadini italiani rimpatriati dall’Albania con la
normativa sopra riportata è una “posizione assicurativa”,
corrispondente ai periodi di lavoro dipendente o autonomo effettivamente svolti
in Albania, e di valore pari a quella cui essi avrebbero avuto diritto se
avessero lavorato in Italia; ciò al fine del raggiungimento
dell’”anzianità contributiva” richiesta per I'”erogazione di una
prestazione pensionistica” di natura previdenziale nell’ambito dell’AGO;
mentre non rileva per la legge se i medesimi cittadini italiani abbiano o meno
conseguito una pensione straniera per effetto della stessa attività svolta in
Albania. Si è quindi pure escluso che ai fini in questione si possa applicare
sempre e soltanto un’unica normativa in materia di minimale contributivo, posto
che la legge fa riferimento invece al “minimale di contribuzione vigente
in Italia nei periodi interessati”; inoltre, poiché la stessa normativa
dettata in materia è mutata nel corso del tempo, non si può applicare un unico
criterio normativo di riferimento, dovendo bensì trovare applicazione i diversi
criteri vigenti nel periodo di svolgimento dell’attività lavorativa in
relazione alla quale occorre operare la ricostruzione della posizione
contributiva, dando rilievo all’attività lavorativa effettivamente svolta nei
settori e con le qualifiche di riferimento, se ed in quanto assumano rilievo ai
fini dell’applicazione della stessa normativa vigente nel tempo.
Al principio sopra indicato il Collegio intende dare
continuità, essendo dunque necessario da un lato distinguere i minimali in
relazione al quadro normativo vigente nei diversi periodi lavorativi, e
dall’altro lato, dovendo tenersi conto della specifica attività lavorative
svolta ove rilevante dalla normativa applicabile.
In tale ambito, considerata la differenza esistente
tra le retribuzioni nei settori pubblico e privato, dovrà farsi riferimento a
minimali contributivi previsti per il settore pubblico, in considerazione del
beneficiario della prestazione lavorativa della lavoratrice, e dovendo la
posizione della lavoratrice essere equiparata a quella che avrebbe avuto se
avesse lavorato in Italia nelle medesime condizioni.
La sentenza impugnata ha applicato un unico minimale
per tutto il periodo lavorativo, applicando retroattivamente la disciplina del
1989 e non tenendo conto dei minimali retributivi applicabili ratione temporis
ed in considerazione del settore pubblico del lavoro.
Per le ragioni esposte il ricorso va accolto e la
sentenza deve essere quindi cassata; la causa va rinviata alla medesima corte
in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle
spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del giudizio non
sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del
ricorrente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata nei
sensi di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla medesima corte d’appello in diversa composizione.