Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2021, n. 13555

Pretesa contributiva INPS, Illegittimità, Iscrizione nella
gestione commercianti, Attività di mera riscossione dei canoni di un immobile
affittato

 

Rilevato che

 

Con sentenza del 28.10.14, la Corte d’Appello di
Bologna ha confermato la sentenza del tribunale di Ravenna del 2013 che aveva
dichiarato l’illegittimità della pretesa contributiva INPS basata sulle
iscrizione del M. alla gestione commercianti quale amministratore di società e condannato
l’Inps a restituire quanto indebitamente ricevuto.

In particolare, la corte territoriale ha accertato
che l’attività societaria riguardava concessione in locazione di immobili di
proprietà e ritenuto che tale attività non fosse commerciale ai fini
dell’iscrizione nella gestione suddetta.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo,
mentre il M. è rimasto intimato.

 

Considerato che

 

Con unico motivo si deduce – ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’articolo 1 commi 202 – 203 e 208
della legge 662 del 1996, per aver escluso la natura commerciale
dell’attività. Questa Corte (tra le tante, Cass. Sez. L, Ordinanza n. 5052 del
2020, N. 3479/20, 17643/16) ha già affermato
il principio, cui si intende dare continuità, secondo cui, ai fini della
iscrizione nella gestione commercianti, l’attività di mera riscossione dei
canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività di impresa,
indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale
(Cass. n. 3145 del 2013), salvo che si dia prova che costituisca attività
commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. n. 845 del 2010; Cass. 24.5.2018 n. 12981), e che inoltre
l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in
implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248
cc, non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo
contributivo di cui difettino i presupposti, per come sopra ricostruiti (Cass. n. 27588 del 2016). Inoltre, è stato
precisato che l’onere della prova grava sull’ente che esige i contributi (Cass. n. 3835 del 2016; Cass. n. 5210 del 2017) ed esso può dirsi assolto
attraverso la prova di un effettivo svolgimento di una attività di lavoro
prevalente ed abituale all’interno della società, rispetto alla quale la
dichiarazione del contribuente nella compilazione del modello unico può
svolgere una funzione probatoria a condizione che la stessa offra gli elementi
di fatto da cui sia desumibile la sussistenza effettiva dell’attività
lavorativa, riguardando altrimenti la citata annotazione soltanto le pretese
impositive che si fondino sui dati allegati dall’obbligato (Cass. n. 8611 del
2019; Cass n. 19467 del 2018).

Quanto, poi, ai requisiti congiunti di abitualità e
di prevalenza dell’attività di socio di società, essi sono da riferire
all’attività lavorativa espletata dal soggetto considerato in seno all’impresa
che costituisce l’oggetto della società, a prescindere dall’attività
eventualmente esercitata in quanto amministratore, per la quale semmai ricorre
l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata di cui alla legge n. 335 del 1995, in modo che sia assicurato
alla gestione commercianti il socio di società che si dedica abitualmente e
prevalentemente al lavoro in azienda, indipendentemente dal fatto che il suo
apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali,
materiale e personali) dell’impresa (cfr. Cass. 17.7.2017 n. 17639).

Nel caso in esame, con valutazione in fatto non
sindacabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha applicato
correttamente i suddetti principi negando la sussistenza dell’attività
prevalente ed abituale di lavoro dell’intimata.

Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve,
pertanto, essere rigettato.

Nulla per spese, essendo la parte rimasta intimata.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2021, n. 13555
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