Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 luglio 2021, n. 21801

Rapporto di lavoro, Inquadramento, Accertamento della
discriminazione indiretta di genere, Criterio di computo del punteggio per
esperienza di servizio maturata

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza in data 18 ottobre 2016 nr. 551 la
Corte d’appello di Torino riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede
e, per l’effetto, respingeva la domanda proposta da A.S., dipendente della
AGENZIA DELLE ENTRATE – inquadrata come funzionario di III area F1 – per
l’accertamento della discriminazione indiretta di genere operata dal datore di
lavoro nella selezione per la progressione economica alla posizione F2, in
ragione del bando pubblicato in data 30 dicembre 2010 ed in relazione al
criterio di computo del punteggio per «esperienza di servizio maturata».

2. La Corte territoriale esponeva che il bando, per
effetto delle successive note del direttore centrale del personale negli anni
2011/2012, prevedeva che la «esperienza di servizio» venisse calcolata per i
lavoratori part time riproporzionando i periodi di servizio alla minore
attività lavorativa svolta.

3. In dissenso dal Tribunale, riteneva che la regola
non producesse un effettivo svantaggio per i lavoratori di genere femminile, in
quanto il criterio del riproporzionamento del punteggio si applicava a tutti i
lavoratori part-time, indipendentemente dal genere.

4. Sin dal ricorso introduttivo la parte aveva
allegato che dei 303 dipendenti che si erano collocati in posizione utile nella
procedura gestita dalla direzione generale del Piemonte solo 14 avevano il
contratto part time e che soltanto il 30,62% dei partecipanti con contratto
part time aveva ottenuto la progressione rispetto al 55,28% dei partecipanti
con contratto a tempo pieno; tali percentuali non erano rilevanti, in quanto
configuravano uno squilibrio tra lavoratori part tinge e lavoratori a tempo
pieno, prospettiva questa, diversa da quella posta a base della domanda.

5. Nella prospettiva corretta, nell’ambito della
direzione regionale Piemonte partecipavano alla procedura 81 dipendenti part
time, di cui l’82% donne (67 donne); di questi avevano ottenuto la progressione
33 dipendenti, dei quali il 91% donne (30 donne), il che escludeva la
discriminazione.

6. Era pur vero che, nell’ambito del gruppo dei
lavoratori part time, le donne escluse dalla progressione erano in numero
maggiore degli uomini ma ciò non era l’effetto, diretto o indiretto, del
criterio di selezione contestato ma del fatto che all’interno del gruppo dei
lavoratori part time le donne erano in percentuale di gran lunga maggiore
(oltre l’80%).

7. Le pretese erano state prospettate unicamente con
riferimento alla discriminazione di genere.

8. In ogni caso, poiché le difese della AGENZIA
DELLE ENTRATE riguardavano anche il principio di non discriminazione di cui
all’articolo 4 D.Ls nr.61/2000,
per ragioni di completezza, il giudice dell’appello escludeva anche la
discriminazione in danno dei dipendenti part time, per la legittima
applicazione del criterio del pro rata temporis e per la diversità delle
situazioni nelle quali le assenze, in forza di legge o per accordo sindacale,
erano equiparate dal bando della selezione ad un periodo lavorato.

9.Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza A.S., articolato in due motivi.

10. Alla udienza camerale del 26 febbraio 2020, in
relazione alla quale la ricorrente depositava memoria, la causa è stata
rinviata a nuovo ruolo per la rinnovazione della notifica del ricorso alla
AGENZIA DELLE ENTRATE, invalidamente avvenuta presso l’avvocatura distrettuale
dello Stato. All’esito dell’adempimento la AGENZIA DELLE ENTRATE si è
costituita con controricorso; la controinteressata E.V. è rimasta intimata.

11.La causa è stata fissata per la trattazione in
pubblica udienza, in relazione alla quale la ricorrente ha depositato nuova
memoria.

12. Il PM ha chiesto accogliersi il secondo motivo
di ricorso, respinto il primo

 

Ragioni della decisione

 

1.Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto — ai
sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ. —
nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., addebitando al giudice
dell’appello la modifica del reale oggetto della domanda, che consisteva nella
discriminazione indiretta di genere del criterio selettivo.

2. Il  motivo
è infondato.

3.La Corte territoriale non ha deciso su una domanda
diversa rispetto a quella proposta dalla parte ma si è espressa sulla denuncia
di una discriminazione indiretta per genere, che ha ritenuto infondata.

4. Ciò che la parte lamenta nel motivo, in realtà,
non è un vizio di attività del giudice, ma, piuttosto, la adozione in sentenza
di un erroneo criterio di verifica della discriminazione indiretta e, dunque,
un errore di diritto.

5. Con il secondo motivo la parte ricorrente ha
denunciato — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ. — violazione e falsa applicazione degli articoli 25 e 40 D.Lgs. nr. 198/2006, dell’articolo 4 D.Lgs nr. 61/2000 e
dell’accordo per la procedura selettiva del 22 dicembre 2010 e del 19 aprile
2011.

6. In particolare, si deduce che:

– rientrano nella nozione di discriminazione
indiretta — di cui all’articolo 25,
comma due, D.Lgs. nr. 198/2006 — i criteri di selezione dei lavoratori
suscettibili di produrre un effetto sperequato in danno di un genere rispetto
all’altro, nonostante la neutralità del criterio adottato. Sotto questo
profilo, l’istituto del part time è collegato in misura preponderante al genere
femminile, che se ne avvale quale modalità di lavoro più compatibile con le
necessità familiari; pertanto la scelta di ridurre il punteggio per il lavoro
part time incideva astrattamente su entrambi i sessi ma realizzava una
discriminazione indiretta di genere.

– il Collegio d’appello aveva ritenuto applicabile
la regola del pro rata temporis, di cui all’articolo
4 D.Lgs nr. 61/2000, che aveva ad oggetto i soli istituti economici e non
anche la progressione professionale.

– nella sentenza si affermava che in alcuni casi di
assenze (aspettativa per mandato elettorale, per dottorato di ricerca o borsa
di studio, per permessi sindacali, per servizio militare o nel casi di
distacchi) la riduzione dell’esperienza di servizio era esclusa in forza della
legge o del contratto collettivo; tuttavia tali norme si riferivano al computo
della anzianità di servizio e non anche agli istituti collegati al servizio
effettivo.

– contrariamente a quanto affermato nella sentenza
impugnata, i parametri della «esperienza di servizio maturata» e dei «titoli di
studio, culturali e professionali» non avevano lo stesso peso: il punteggio per
i titoli era attribuito una sola volta in base al titolo più elevato; quello
per la esperienza aumentava in ragione di ciascun anno di servizio sicchè la
sua riduzione per il part time non poteva essere compensata dai titoli
posseduti.

7. Il  motivo
è fondato, nei limiti di cui segue.

8. Giova premettere che le censure sono ammissibili
nella sola parte in cui colgono la statuizione che ha negato la esistenza di
una discriminazione di genere e non anche laddove contestano la statuizione con
cui è stata esclusa la discriminazione del lavoro part time.

9.La Corte territoriale ha dato atto che la domanda
della lavoratrice vedeva unicamente sulla discriminazione di genere e che la
sua insussistenza era decisiva del giudizio; ha tuttavia impropriamente svolto
ulteriori ed articolate considerazioni sulla inesistenza di una discriminazione
in danno dei lavoratori part time, «per ragioni di completezza», ispirate dalle
difese svolte dalla Agenzia delle Entrate.

10.Trattasi, dunque, di motivazione ad abundatiam,
che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cassazione
civile sez. I, 10/04/2018, n.8755; Cassazione civile sez. lav., 22/10/2014,
n.22380 e giurisprudenza ivi citata), essendo priva di alcuna influenza sul
dispositivo della sentenza, non può essere oggetto di ricorso per cassazione,
per difetto di interesse.

11. Il motivo di ricorso, così delimitato nell’ammissibilità,
è fondato.

12.L’ indagine svolta dalla Corte di merito per
escludere la discriminazione di genere, che ha valorizzato il fatto che a tutti
i dipendenti part time fosse stato riservato un trattamento identico,
indipendentemente dal genere, è pertinente alla discriminazione diretta.

13. Nella fattispecie di causa, tuttavia, la
lavoratrice non denunciava una discriminazione diretta ma una discriminazione
indiretta — caratterizzata proprio dal carattere apparentemente neutro della
disposizione censurata e dall’effetto di particolare svantaggio da essa
prodotto per i titolari del fattore protetto — sicchè la verifica non andava
compiuta avendo riguardo al «trattamento» ma all’ «effetto» discriminatorio.

14. In coerenza con la definizione di discriminazione
indiretta contenuta nelle fonti interne ed internazionali, l’articolo 25, comma 2, D.Lgs. 198/2006
ravvisa una discriminazione indiretta di genere «quando una disposizione, un
criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente
neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una
posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro
sesso…».

15. Secondo una costante giurisprudenza della Corte
di Giustizia, l’esistenza di detta posizione di particolare svantaggio nella
discriminazione indiretta di genere può essere dimostrata provando che una
disposizione colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore
le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (tra le
tante: Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 in causa C-274/18
Schuch-Ghannadan, punto 45; Corte di Giustizia, sent. 8 maggio 2019, in causa C
161/18, Vi.Vi.La, punto 38; Corte di Giustizia, sent. 12 ottobre 2004 in causa
C 313/02 Wippel, punti 43 e 55; Corte di Giustizia, sent.23 ottobre 2003 in
cause C 4/02 e C5/02 Schonheit e Becker, punto 69).

16. La sentenza impugnata— dopo avere erroneamente
valorizzato il fatto che il criterio di selezione colpiva tutti i lavoratori
part time, indipendentemente dal genere— ha verificato l’«effetto
discriminatorio», con il criterio dei dati statistici ma all’interno della sola
categoria dei dipendenti part-time, giungendo ad affermare che, tra i dipendenti
part time, le donne non erano state svantaggiate rispetto agli uomini dal
criterio di selezione.

17. Anche in questo caso la metodologia di indagine
non è corretta.

18. Al fine di verificare la esistenza di una
discriminazione indiretta di genere il giudice, nel caso in cui disponga di
dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione l’insieme dei
lavoratori assoggettati alla disposizione di cui si dubita; il miglior metodo
di comparazione consiste, poi, nel confrontare tra loro: le proporzioni
rispettive di lavoratori che sono e che non sono «colpiti» dall’asserita
disparità di trattamento all’interno della manodopera di sesso maschile
(rientrante nel campo di applicazione della disposizione) e le medesime
proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile (Corte di Giustizia, sent. 24.9.2020 in causa C
223/2019 YS, punto 52; sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 47;sent. 8 maggio
2019 cit., punto 39 ).

19. Nella fattispecie di causa andava in primo luogo
individuato  l’insieme dei lavoratori
destinatari della disposizione. La Corte di merito ha limitato l’indagine ai
lavoratori della direzione regionale del Piemonte che avevano partecipato alla
progressione economica dal livello F1 al livello F2.

20. La procedura, tuttavia, era stata avviata dalla
direzione centrale e non risulta territorialmente limitata alla Regione
Piemonte.

21. Inoltre, sempre sotto il profilo dei
destinatari, mentre il bando era diretto a tutti i dipendenti della Agenzia
delle Entrate in possesso dei requisiti di partecipazione alla selezione, le
note successive, degli anni 2011/2012, erano evidentemente rivolte ai soli
lavoratori che avevano effettivamente presentato la domanda di partecipazione
nel termine previsto dal bando. Di qui la necessità di individuare la specifica
disposizione censurata come discriminatoria ( se il bando del 30.12.2010 o le
note successive, emanate tra il settembre 2011 ed il marzo 2012) e l’ambito
completo dei destinatari, anche in relazione ad eventuali progressioni diverse
ed ulteriori rispetto a quella dal livello F1 al livello F2 .

22. Una volta individuati i destinatari della
disposizione denunciata, il giudice del merito avrebbe dovuto procedere con il
metodo comparativo, tenendo conto che i lavoratori «colpiti» dalla disposizione
erano tutti i lavoratori part time, ai quali veniva ridotto il punteggio
riconosciuto dal bando per ciascun anno di servizio, in proporzione alla
riduzione della prestazione oraria.

23. Per applicare correttamente il metodo di comparazione/
il giudice avrebbe dovuto, dunque, individuare, nell’ambito dei destinatari
della disposizione, come sopra fissato: in quale percentuale dei lavoratori di
sesso maschile vi erano soggetti colpiti (in quanto part time ) o non colpiti
(in quanto full time) dalla disposizione ed in quale percentuale delle
lavoratrici di sesso femminile vi erano dipendenti colpite (part time) o non
colpite (full time) dalla disposizione.

24. All’esito del raffronto tra le rispettive
percentuali, l’effetto discriminatorio emergerebbe se i dipendenti part time
colpiti dal criterio di selezione fossero costituti in percentuale
significativamente prevalente da donne.

25. In detta eventualità, spetterebbe al datore di
lavoro provare la sussistenza della causa di giustificazione prevista dall’articolo 25, comma 2, D.Lgs. nr.
198/2006 ovvero: che la disposizione adottata riguardava requisiti
essenziali allo svolgimento della attività lavorativa; che essa rispondeva ad
un obiettivo legittimo; che i mezzi impiegati per il suo conseguimento erano
appropriati e necessari.

26. A tale riguardo, l’esperienza di servizio
costituisce un requisito essenziale per il riconoscimento della progressione
economica, ai sensi dell’articolo
82, comma 1, e dell’articolo 83,comma 6, CCNL del Comparto Agenzie fiscali
2002/205. Il sistema di sviluppo economico è, infatti, correlato al diverso
grado di abilità professionale progressivamente acquisito dai dipendenti nello
svolgimento delle funzioni proprie dell’area e del profilo di appartenenza; tra
i criteri oggettivi di valutazione per i passaggi alle fasce retributive
successive a quella iniziale figura l’ esperienza professionale maturata.

27. Dunque, l’obiettivo di apprezzare in misura
puntale l’ esperienza di servizio è in sé legittimo. Occorre, tuttavia,
rammentare, in relazione al giudizio di adeguatezza e necessità dei mezzi
impiegati, che, come risulta da giurisprudenza costante della Corte di
Giustizia, «l’affermazione secondo la quale sussiste un nesso particolare tra
la durata di un’attività professionale e l’acquisizione di un certo livello di
conoscenze o di esperienze non consente di elaborare criteri oggettivi ed
estranei ad ogni discriminazione. Infatti, sebbene l’anzianità vada di pari
passo con l’esperienza, l’obiettività di un siffatto criterio dipende dal
complesso delle circostanze del caso concreto, segnatamente dalla relazione tra
la natura della funzione esercitata e l’esperienza che l’esercizio di questa
funzione apporta a un certo numero di ore di lavoro effettuate» (in termini:
Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 39).

28. Il giudice del merito, nell’ipotesi di accertato
«effetto discriminatorio», dovrà dunque valutare se nel contesto specifico
degli impieghi interessati dalla disposizione ed, in particolare, delle
mansioni svolte dalla parte ricorrente, esista o meno un nesso tra l’esperienza
acquisita con l’esercizio della funzione ed il numero delle ore di lavoro
svolte (Corte di Giustizia, sent. da ultimo citata, punto 40 e punto 50), con
onere della prova a carico dell’INPS.

29. La sentenza impugnata deve essere pertanto
cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso e la causa rinviata alla
Corte d’Appello di Torino in diversa composizione affinchè effettui una nuova
indagine sull’esistenza della denunciata discriminazione indiretta di genere,
anche nell’esercizio dei suoi poteri istruttori ex articolo
437 comma due cod.proc.civ., avvalendosi, in caso di utilizzo del criterio
statistico, del metodo sopra indicato.

30. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla
disciplina delle spese del presente grado

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo motivo di ricorso, per quanto di
ragione; rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia— anche per le spese— alla Corte d’Appello di Torino in diversa
composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 luglio 2021, n. 21801
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