Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 agosto 2021, n. 22083

Pensione di anzianità, Retrodatazione della decorrenza,
Domanda amministrativa, Requisito contributivo

 

Rilevato in fatto

 

Che, con sentenza depositata il 23.2.2015, la Corte
d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
rigettato la domanda di R.P. volta alla retrodatazione della decorrenza della
sua pensione di anzianità dalla domanda amministrativa del 9.9.2010, invece che
da quella successiva in cui, reso edotto della carenza del requisito
contributivo, egli aveva presentato domanda di ricongiunzione all’INPS dei
periodi contributivi per i quali era stato assicurato all’INPDAP; che avverso
tale pronuncia R.P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di
censura, successivamente illustrato con memoria; che l’INPS ha resistito con
controricorso;

 

Considerato in diritto

 

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente
denuncia violazione degli artt. 115 c.p.c., 1, I. n. 29/1979, 5, d.P.R. n. 488/1968, e 22, I. n. 153/1969, per avere
la Corte di merito ritenuto che, risultando dalla documentazione in atti che la
domanda di pensione di anzianità era stata presentata anteriormente alla
cessazione dell’attività lavorativa, essa non avrebbe potuto essere accolta in
data anteriore a quella in cui l’INPS, a seguito della domanda dì
ricongiunzione, le aveva dato corso;

che, al riguardo, non può condividersi l’assunto di
parte ricorrente secondo cui i giudici di merito non avrebbero dovuto esaminare
la documentazione proveniente dall’INPDAP e attestante che la cessazione della
sua attività lavorativa era avvenuta anteriormente alla data di presentazione
della domanda di pensione, atteso che il principio richiamato da Cass. S.U. n.
2435 del 2008, secondo cui giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti
prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte ne faccia specifica istanza,
esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con
riguardo alle sue pretese, risultandone altrimenti impedita al giudice la
valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione
(così già Cass. n. 8304 del 1990), va contemperato con l’altro, parimenti
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, mentre il potere di
allegazione compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei
modi previsti dal rito in concreto applicabile (pertanto sempre soggiacendo
alle relative preclusioni e decadenze), il potere di rilevazione compete dalla
parte (e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte) solo
nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente
prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso
di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero
quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile
l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità
d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto risultanti
dal materiale probatorio legittimamente acquisito (così, tra le più recenti,
Cass. nn. 12353 del 2010, 27405 del 2018 e 20317 del 2019, tutte sulla scorta
di Cass. S.U. n. 1099 del 1998);

che, controvertendosi nel caso di specie di un fatto
costitutivo del diritto a pensione, affatto correttamente i giudici di merito
hanno tenuto conto delle risultanze della documentazione versata in atti e da
cui risultava che la domanda di pensione di anzianità era stata presentata in
epoca anteriore alla cessazione dell’attività lavorativa; che la costante
giurisprudenza di questa Corte di legittimità, oltre a considerare la
cessazione dell’attività lavorativa, al pari dell’anzianità contributiva ed
assicurativa, quale presupposto necessario per l’insorgenza del diritto alla
pensione di anzianità, ha ritenuto momento fondante quello di presentazione
della domanda (così da ult. Cass. n. 14417 del
2019);

che, avendo i giudici di merito accertato che al
momento della presentazione della domanda del 9.9.2010 l’odierno ricorrente era
ancora in servizio (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata), nessun diritto
poteva egli vantare alla pensione di anzianità, difettando non soltanto il
requisito contributivo necessario al suo conseguimento, ma principalmente il
presupposto concernente la cessazione del rapporto di lavoro;

che il ricorso, pertanto, va rigettato,
provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che
seguono la soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono
i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove
dovuto, previsto per il ricorso;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in €
2.200,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari
al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

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