Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 ottobre 2021, n. 27031

Tributi, Accertamento, Rettifica reddito d’impresa, Lavori
concessi in subappalto a ditte individuali, Riqualificazione in rapporti di
lavoro subordinato, Esclusione, Criteri, Legittimità

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza della Commissione Tributaria di
secondo grado di Trento, veniva accolto l’appello proposto da S.H. avverso la
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Trento n. 78/4/10 con cui
era stato rigettato il ricorso del contribuente avverso gli avvisi di
accertamento IRPEF, IVA, IRAP e sanzioni per gli anni di imposta 2003, 2004,
2005 e 2006 emessi dall’Agenzia delle Entrate.

2. In particolare, premesso che le riprese traevano
origine dalla riqualificazione da parte dell’Agenzia del rapporto di lavoro
svolto da T.A. e R.M. – titolari di ditte subappaltatrici individuali – in
favore del contribuente come di natura subordinata, la CTR non condivideva la
riqualificazione del rapporto posta alla base delle riprese, poggiante tra
l’altro sulle dichiarazioni dei lavoratori e del fatto che le sedi coincidevano
con le abitazioni, elementi da cui l’Agenzia desumeva l’assenza di autonoma
organizzazione. Il giudice d’appello al proposito valutava l’interesse dei
lavoratori a vedersi riconosciuta la subordinazione e teneva conto di ulteriori
dichiarazioni da loro rese, contrarie al loro interesse, secondo le quali nei
periodi di imposta in contestazione avevano svolto lavori loro subappaltati dal
contribuente servendosi di attrezzature di loro proprietà e senza alcun vincolo
di subordinazione.

3. Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia
delle Entrate per un unico motivo, cui replica il contribuente con
controricorso.

 

Considerato che

 

4. Con un unico motivo di censura – ex art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. – viene
prospettata l’omessa motivazione da parte del giudice d’appello in relazione a
fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti con
riferimento alla corretta qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente
tra l’impresa del contribuente e gli artigiani T. e R., e il controricorrente
eccepisce in via preliminare l’inammissibilità del motivo.

5. Il motivo è inammissibile.

La Corte rammenta che la qualificazione giuridica
del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito è censurabile in sede
di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di
individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre
l’accertamento degli elementi che rivelano l’effettiva presenza del parametro
stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali
e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce
apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente
motivato, resta insindacabile in cassazione (Cass.
Sez. L, Sentenza n. 14160 del 23/06/2014; conforme a Cass. Sez. L, Sentenza
n. 16681 del 27/07/2007).

6. Orbene, la motivazione del giudice d’appello nel
caso di specie sorregge la ratio deciderteli sfavorevole alla ricorrente, e
tiene conto di precisi riferimenti istruttori, compresi gli elementi da cui
potenzialmente desumere l’assenza di autonoma organizzazione (la casa sede della
ditta artigiana) e soppesa sia le iniziali dichiarazioni rese dai lavoratori
T.A. e R.M., incrociandole con il loro interesse al riconoscimento della
subordinazione, sia le ulteriori dichiarazioni dai medesimi rese in data
24.9.2008, secondo le quali essi hanno svolto lavori loro subappaltati dal
contribuente servendosi di attrezzature di loro proprietà e senza alcun vincolo
di subordinazione, valorizzando queste ultime alla luce del loro contenuto
contrario all’interesse dei dichiaranti.

La CTR ha dunque soppesato complessivo quadro
probatorio, e ne ha desunto in termini argomentati e logici l’assenza di
fondamento sicuro per la riqualificazione del duplice rapporto di lavoro da
autonomo a dipendente alla base delle riprese.

7. Inoltre, anche la tecnica di formulazione della
censura genera un ulteriore profilo di inammissibilità, in quanto il vizio è
dedotto non quale violazione di legge bensì come vizio motivazionale senza il
rispetto dei limiti introdotti dal riformato art.360
primo comma n.5 applicabile ratione temoris. Al proposito va reiterato che l’art. 54, comma primo, lett. b), del
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla I. 7 agosto 2012, n. 134, ha modificato il testo
del- l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.,
e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno
successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto
e, dunque, dall’11 settembre 2012.

8. La novella trova perciò applicazione nella
fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 16 settembre
2013 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto
censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio come precedentemente previsto dal “vecchio” n.5, con
conseguente ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso il quale non ha
tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U,
Sentenza n. 19881 del 2014).

9. In conclusione, in accoglimento dell’eccezione
preliminare sollevata dal controricorrente, il ricorso dev’essere dichiarato
inammissibile e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza. Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1- quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla
prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma dello stesso articolo
13, comma 1-bis.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per
compensi, Euro 200,00 per spese borsuali, Spese forfetarie 15%, Iva e Cpa.

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