Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2021, n. 27315

Professionista, Avvocato, Compensi, Rideterminazione,
Ricostruzione della posizione retributiva, contributiva e previdenziale

Rilevato

1. T.A., dipendente del Comune di Treviso con la
qualifica di Avvocato, in servizio preso l’Avvocatura civica del Comune, aveva
convenuto in giudizio quest’ultimo per chiedere: la rideterminazione
dell’esatto ammontare dei compensi professionali spettanti, al netto di IRAP,
CPDEL, ed INAIL a carico del Comune, maturati nel periodo dal 1 gennaio 2004 al
31 dicembre 2005, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; la condanna del
Comune alla restituzione delle somme trattenute (€ 15.662, 18, già detratta la
somma di € 3.449,40, corrisposta dal Comune il 24 ottobre 2008), oltre
rivalutazione monetaria e interessi legali; la condanna del Comune al pagamento
della rivalutazione monetaria e degli interessi, maturati dal giorno del dovuto
a quello di effettivo pagamento, sulla somma (€ 3.449,40) trattenuta a titolo
di IRAP su compensi professionali dovuti nel periodo gennaio 2006-novembre
2007, e restituita in esito alla delibera del 24 settembre 2008; la condanna
del Comune alla ricostruzione della propria posizione retributiva, contributiva
e previdenziale conseguente alla rideterminazione dei compensi professionali;
l’accertamento dell’obbligo del Comune a tenere essa dipendente indenne dalla
eventuale maggiore imposta IRPEF, in caso di accertamento dell’obbligo a suo
carico di ulteriori versamenti dell’imposta IRPEF; l’accertamento del diritto
ad ottenere il rimborso della tassa di iscrizione annuale all’Albo
Professionale.

2. il giudice di primo grado accolse la domanda
riguardante la corretta liquidazione dei compensi professionali relativi al
periodo 1.1.2004- 31.12.2005, ma solo in relazione alla richiesta di
determinazione degli stesi al netto dell’ IRAP e non anche in relazione alla
richiesta di determinazione al netto degli oneri previdenziali CPDEL e Inail;
dichiarò il conseguente obbligo dell’ Amministrazione all’integrale
ricostituzione della posizione retributiva, contributiva e previdenziale ed a
tenere indenne la ricorrente dall’eventuale somma aggiuntiva dovuta all’erario
a titolo di IRPEF e alla corresponsione degli interessi legali sulla somma
corrisposta dall’Amministrazione, ma negò il diritto alla rivalutazione
monetaria; condannò l’ Amministrazione al rimborso della quota di iscrizione
all’Albo professionale per l’anno 2008.

3. la Corte di Appello di Venezia, adita in via
principale dalla T. e, in via incidentale dal Comune di Treviso, ha rigettato
l’appello principale, ha accolto l’appello incidentale e, in parziale riforma
della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dalla T.;

4. la Corte territoriale ha ritenuto che: era
infondato l’appello principale, avente ad oggetto la statuizione di primo
grado, con la quale era stata rigettata la domanda della ricorrente, volta
all’accertamento del diritto a vedersi liquidare i compensi professionali nei
periodo dal 1 gennaio 2004 al 31 «dicembre 2005 al netto degli oneri
previdenziali ed assicurativi; la sentenza del giudice di primo grado era
condivisibile nella parte in cui aveva ritenuto che, prima dell’entrata in
vigore della I. n. 266 del 2005, si doveva tenere conto della disposizione
contenuta nell’ art. 27 del CCNL 14.9.2000, che aveva rimesso alla
contrattazione integrativa solo la correlazione tra i compensi aggiuntivi agli
avvocati dipendenti per le cause aventi esito positivo e la retribuzione di
risultato, e aveva attribuito al Comune il potere di disciplinare
unilateralmente la corresponsione dei compensi professionali agli avvocati
dipendenti, con l’unico limite del rispetto del R.D.L. n. 1578 del 1933 sulla
legge professionale, la cui osservanza nella specie non era in discussione;
l’art. 27 c. 13 del R.D. L. n. 680 del 1938 sull’ordinamento dei dipendenti
degli enti locali, per i contributi previdenziali, e l’art. 27 del T.U. n. 1124
del 1965, per i premi INAIL, invocati dalla ricorrente, non prevedevano
alcunché in relazione alle modalità da seguire in ordine al calcolo e alla
ripartizione delle diverse tipologie di oneri da applicarsi nella
corresponsione dei compensi professionali, dovuti occasionalmente agli
Avvocati; sicchè, non esistendo una specifica normativa di riferimento per le
modalità di pagamento dei compensi professionali, ciò che rilevava era solo la
disciplina del CCNL che aveva rinviato al potere regolamentare dei singoli
Enti; il quadro normativo richiamato per rigettare l’appello principale giustificava
l’accoglimento del ricorso incidentale, con il quale era stata impugnata la
statuizione che aveva accertato il diritto della ricorrente alla
rideterminazione dei compensi professionali maturati dall’1.1.2004 al
31.12.2005 al netto dell’IRAP e aveva condannato il Comune alla restituzione
della somma trattenuta indebitamente per il suddetto titolo; la delibera del
Comune n. 91671 del 13.12.2004, pur erronea nella parte in cui aveva fatto
riferimento all’art. 3 c. 29 della I. n. 350/2003, posto che la disposizione
riguardava solo i professionisti tecnici di cui alla legge Merloni n. 109 del
1994, era legittima, nonostante fosse stata adottata in epoca antecedente
l’entrata in vigore dell’art. 1 c. 208 della I. n. 266 del 2005; la delibera
non aveva individuato un soggetto passivo del tributo diverso da quello
stabilito dalla legge (dipendente pubblico in luogo del datore di lavoro), ma
aveva previsto che i compensi lordi spettanti agli addetti all’Avvocatura
civica, comprensivi di IRAP, CPDEL, e INAIL, a carico dell’ente potevano
spettare in percentuale rispetto al trattamento economico lordo annuo in misura
superiore a quella precedente; il Comune aveva pagato l’IRAP allo Stato sui
compensi aggiuntivi versati alla ricorrente per le cause conclusesi favorevolmente
per l’amministrazione e dalla documentazione emergeva che la ricorrente, a
seguito della modifica regolamentare, in virtù dell’aumento delle percentuali
ragguagliate alla retribuzione annua – lorda, non aveva subito alcuna
diminuzione di quanto avrebbe percepito prima della delibera del Comune;

5. avverso questa sentenza T. A. ha proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi, al quale il Comune di Treviso ha
resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

 

Considerato

 

Sintesi dei motivi

la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1
n. 3 cod.proc.civ.:

6. con il primo motivo violazione dell’art. 2115
cod.civ., dell’art. 27 D.P.R. n. 1124 del 1965, dell’art. 27 c. 13 R.D.L. n.
680 del 1938; la ricorrente assume: l’inconferenza del richiamo operato dalla
Corte territoriale alla sentenza di questa Corte n. 17941 del 2006, perché
relativa a fattispecie, diversa da quella oggetto del presente giudizio,
connotata dall’assenza di disposizioni contrattuali o amministrative regolanti
il compenso professionale in relazione alle spese di giudizio rimborsate
all’Ente datore di lavoro; l’inderogabilità delle disposizioni contenute
nell’art. 2115 cod.civ., nell’art. 27 del D.P.R. n. 1124 del 196, nell’art. 27
c. 13 del R.D.L. n. 680 del 1938; la ricorrente sostiene che l’art. 27 del CCNL
del 14 settembre 2000 non poteva disporre alcunché sugli oneri contributivi e,
nemmeno, attribuire all’Amministrazione il potere di disciplinare
unilateralmente la materia in contrasto con le norme inderogabili di legge;

7. con il secondo motivo, la violazione dell’art. 3
del d.lgs. n. 446 del 1997, asserendo che il fatto che il Comune abbia versato
l’IRAP, attingendo la somma dalla retribuzione del dipendente (con il sistema
della trattenuta alla fonte), determina una inversione del soggetto passivo
dell’imposta, non consentita dall’art. 3 del d.lgs. n. 446 del 1997, e assume
il carattere inderogabile di tale disposizione; richiama la disposizione
contenuta nell’art. 1 della I. n. 266 del 2005 e, precisato che essa non
regola, ratione temporis, la fattispecie dedotta in giudizio, osserva che essa,
nella interpretazione datane dalle Sezioni Riunite di Controllo della Corte dei
conti n. 33/2010, esclude la riconducibilità dell’Irap nell’ambito degli oneri riflessi;

8. in via preliminare, va disattesa l’eccezione,
formulata dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso per carenza di
interesse ad agire, sul rilievo che la Corte territoriale, ha accertato che, a
seguito della modifica del regolamento in virtù dell’aumento delle percentuali
ragguagliate alla retribuzione annua lorda, la ricorrente non ha subito alcuna
diminuzione di quanto in concreto avrebbe percepito prima della delibera
contestata; l’eccezione non tiene conto del fatto che ciò che oggi viene in
discussione non è la misura del compenso professionale, ma la sottoposizione di
detto compenso agli oneri contributivi previdenziali e fiscali (IRAP);

Esame dei motivi

9. il primo motivo è fondato;

10. è indiscusso tra le parti che, fino al 31
dicembre 2003, il Comune, in applicazione degli artt. 9 e 10 del
“Regolamento di organizzazione dell’Avvocatura Civica e della
rappresentanza e difesa in giudizio dell’Amministrazione Comunale di  Treviso”, approvato con delibera della
Giunta Comunale n. 1474/6 del 9 gennaio 2002, aveva liquidato in favore degli
Avvocati interni, e, quindi, della ricorrente, i compensi dovuti per le
controversie da loro patrocinate, concluse con esito favorevole per
l’Amministrazione, al netto degli “oneri riflessi”;

11. è, altrettanto, incontroverso che il Regolamento
(in parte qua riprodotto nel ricorso), a seguito delle modifiche apportate
dalla delibera della Giunta Comunale n. 91671/501 del 13 dicembre 2004,
prevedeva che i compensi, correlati alle controversie, conclusesi
favorevolmente per il Comune, sarebbero stati liquidati al lordo dei cd
“oneri riflessi”, comprendendo le somme dovute a titolo di IRAP,
contribuzione previdenziale CPDEL e premi INAIL e che a far data dal 1 gennaio
2004 il Comune aveva liquidato i predetti compensi al lordo delle somme dovute
a titolo di IRAP, contributi CPDEL e premi Inail;

12. la materia delle contribuzioni, nell’ambito
della previdenza ed assistenza obbligatoria, è disciplinata dall’ art. 2115
cod.civ. il quale dispone che “Salvo diverse disposizioni della legge [o
delle norme corporative], l’imprenditore e il prestatore di lavoro
contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza.

L’imprenditore è responsabile del versamento del
contributo, anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro, salvo
il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali. È nullo qualsiasi patto
diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o
all’assistenza”.

13. analoga disposizione si rinviene nell’art. 27 c.
13 del R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le
pensioni agli impiegati degli Enti locali) che dispone che “I contributi
sono pagati integralmente dagli Enti, i quali si rivalgono verso gli impiegati
iscritti alla Cassa per le quote a loro carico”;

14. questa Corte ha costantemente affermato che,
secondo il disposto dell’art. 2115, 3 comma, cod.civ., è nullo qualsiasi patto
diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza e che
non è possibile che le parti intervengano su eventuali obblighi del datore di
lavoro di corrispondere all’Inps i contributi assicurativi ed ritenuto
inapplicabile il divieto posto dall’art. 2115 cod.civ. ove le parti abbiano
inteso transigere solo sul danno subito, dal lavoratore, per l’irregolare
versamento dei contributi stessi (Cass. n. 15308/2004, Cass. n. 6111/1985,
Cass. n. 5977/1984, Cass. n. 885 del 1981);

15. il sistema della contribuzione per
l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, è ad esclusivo
carico del datore di lavoro (Cass. n. 2202 /1998, Cass. n. 4399/1988), posto
che l’art. 27 del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 dispone che “La spesa
dell’assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro. Chiunque mediante
ritenute, dirette o indirette, sulle retribuzioni, sia in denaro, sia in
natura, fa concorrere prestatori d’opera alla spesa dell’assicurazione a cui è
obbligato ai termini del presente titolo, è punito con l’ammenda sino a lire
quattrocentomila. Le compagnie portuali previste nell’art. 9 hanno il diritto
di rivalsa nei confronti delle persone o degli enti, nell’interesse dei quali
le ‘operazioni da esse svolte sono compiute”.

16. in applicazione dei principi innanzi richiamati
deve escludersi che il Comune potesse porre a carico dei lavoratori, e quindi
della odierna ricorrente, la parte dei contributi previdenziali ed
assistenziali e quelli relativi alla copertura assicurativa gestita dall’
Inail, di cui il Comune stesso era onerato, in virtù del richiamato art. 2115
cod.civ.

17. il principio di inderogabilità di cui all’ art.
2115 cod.civ., nei termini innanzi ricostruito, esclude che siffatto potere
possa ritenersi radicato nell’ art. 27 del CCNL per il personale del comparto
delle regioni e delle autonomie locali, successivo a quello dell’1.4.1999, che
rimette al potere unilaterale degli enti provvisti di Avvocatura, costituita
secondo i rispettivi ordinamenti, la disciplina della corresponsione dei
compensi professionali “dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente,
secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578” e
alla regolazione, in sede di contrattazione decentrata integrativa “la
correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di
cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999”;

18. alla fattispecie in esame non trova applicazione
ratione temporis, la I. 23 dicembre 2005, n. 266 ( entrata in vigore il 1
gennaio 2006), che all’art. 1 c. 208, per la dichiarata esigenza di
contenimento della spesa pubblica, ha introdotto una deroga all’art. 2115 del
codice civile, disponendo che “Le somme finalizzate alla corresponsione di
compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna
delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni
contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del
datore di lavoro”, ha previsto l’accollo contributivo a integrale carico
del lavoratore, per la parte relativa ai compensi professionali (norma ritenuta
legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 33 del 2009);

19. il secondo motivo è fondato

20. l’IRAP è un’imposta che, come affermato dalla
Corte costituzionale (C. cost. n. 156/2001) e da questa Corte (Cass. Sez. Un.
n. 12111/2009; Cass. 23333/2016) colpisce non i redditi personali, ma il valore
aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate; essa, pertanto,
essa non può che gravare sul datore di lavoro;

21. anche la Corte dei Conti ( deliberazione a
sezioni Riunite in sede di controllo n. 33 del 2010) ha affermato che il
presupposto impositivo dell’Irap si realizza in capo all’ente che eroga il
compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo
dell’imposta, cioè colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto
titolare di una organizzazione, è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai
fini di detto tributo e che, pertanto, l’onere fiscale non può gravare sul
lavoratore dipendente in relazione ai compensi di natura retributiva, bensì
unicamente sull’ente datore di lavoro;

22. la Corte dei Conti ha escluso che i commi 207 e
208 dell’art. 1 della legge n. 266/2005 (come detto non applicabile ratione
temporis alla fattispecie in esame), nella parte in cui si riferiscono,
rispettivamente, agli “oneri assistenziali e previdenziali a carico dell’amministrazione”-
e, quanto al personale delle avvocature interne degli enti pubblici, agli
“oneri riflessi”, possano essere interpretati nel senso di
ricomprendere anche la maggiore imposta, che il datore di lavoro dovrà
corrispondere a titolo di maggiorazione IRAP, in – ragione del compenso
aggiuntivo corrisposto al proprio personale;

23. la Corte dei Conti, ha precisato che, pur
essendo l’Amministrazione tenuta ad erogare i compensi professionali senza
trattenere la quota necessaria a pagare all’IRAP, essa è, nondimeno, obbligata
al rispetto della disciplina sulla copertura dei fondi e, quindi, della regola
della copertura finanziaria imposta dall’ art. 81 c. 4 della Costituzione, con
la conseguenza che essa è tenuta a quantificare le disponibilità destinabili ad
avvocati e professionisti accantonando le somme necessarie per fronteggiare
l’onere IRAP , al pari di quanto è tenuta a fare per il pagamento delle altre
retribuzioni al personale pubblico;

24. questi principi sono stati condivisi da questa
Corte nella sentenza n. 21398/2019 (richiamata dal controricorrente nella
memoria difensiva), che, sia pure con riguardo a fattispecie diversa da quella
in esame ( veniva in discussione il compenso incentivante per le opere di
progettazione), ha affermato che “L’incentivo, di cui all’art. 8 della I.
n. 109 del 1994 (ora art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006), previsto
per i dipendenti che hanno partecipato alle opere di progettazione, direzione o
collaudo di opere pubbliche, va calcolato al netto dell’IRAP, quale onere posto
ad esclusivo carico dell’amministrazione, tenuta al versamento del tributo;
tuttavia, per il principio di necessaria copertura della spesa pubblica, le
amministrazioni dovranno quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo
di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla
ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati
al netto degli oneri assicurativi e previdenziali”.

25. alle considerazioni svolte, consegue
l’affermazione del principio di diritto che segue.

26. “I compensi professionali, dovuti ai sensi
dell’art. 27 del CCNL del 14 settembre 2000 per il personale del comparto delle
regioni e delle autonomie locali, successivo a quello dell’1.4.1999, spettano,
in conformità alla disposizione contenuta nell’art. 2115 cod.civ., nei casi non
regolati ratione temporis dall’art. 1 c. 208 della I. 23 dicembre 2005, n. 266,
al netto degli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali, della spesa
dell’assicurazione Inail e della imposta IRAP gravante sulla Pubblica
Amministrazione datrice di lavoro”;

27. il ricorso va, in conclusione accolto, e la
sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio di diritto innanzi
enunciato, va cassata;

28. la causa va rimessa alla Corte di Appello di
Venezia, in diversa composizione, che deciderà nel merito, con applicazione del
principio di diritto enunciato nel punto n.

26 di questa ordinanza, provvedendo anche sulle
spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso,

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla
Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche in ordine alle
spese del presente giudizio.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2021, n. 27315
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