Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 marzo 2022, n. 10121

Collocamento in mobilità lunga, Contributi figurativi,
Credito INPS, Applicabilità L. n. 335/1995, art. 3, co. 9, lett. b), Termine
di precrizione quinquennale

 

Rilevato che

 

l’Inps ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte d’appello di Roma la quale, a conferma della pronuncia del
Tribunale, ha dichiarato non dovuti dalla società E. T. s.p.a., per decorsa
prescrizione quinquennale, i contributi figurativi relativi al collocamento in
mobilità lunga di alcuni dipendenti;

l’Inps ha affidato le sue ragioni ad un unico motivo
di ricorso;

E. T. s.p.a. ha depositato controricorso;

 

Considerato che

 

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3, l’istituto ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione del D.L. 8 aprile 1998, n. 78, art. 1 septies, conv.to con modif.
nella L. 5 giugno 1998 n. 176, della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, comma
9, e della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9;

contesta la ricostruzione del quadro normativo
operata dalla Corte territoriale, escludendo che il credito vantato possa
essere ricompreso tra quelli per i quali trova applicazione il termine breve
quinquennale ed afferma che, nel caso in esame, opera l’ordinario termine
decennale;

la questione è stata definita negativamente per il
ricorrente dalla costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 28605 del
2018; Cass. n. 399 del 2020; Cass. n. 453 del 2022);

si è affermato che con la concessione della mobilità
lunga, volta ad accompagnare il lavoratore fino al momento del sorgere del
diritto al trattamento pensionistico, il legislatore ha introdotto l’anticipo
dell’erogazione della prestazione di mobilità da parte dell’INPS, così
tutelando il lavoratore dal rischio economico dell’inadempimento da parte del
datore di lavoro, e, contestualmente, la regola eccezionale che consente
all’ente previdenziale di vedersi ristorato dall’esborso economico connesso
all’accredito della contribuzione figurativa, ponendo a carico del datore di
lavoro il pagamento della somma corrispondente all’importo della contribuzione
figurativa accreditata;

la ratio dell’istituto della mobilità lunga è stata
pure di recente ribadita da Cass. 5 febbraio 2018, n. 2697 evidenziando che,
attraverso le disposizioni che consentono al lavoratore di utilizzare i periodi
di erogazione dell’indennità ai fini del diritto e della misura della pensione
(L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 9) e di completare così, nello stesso lasso
di tempo, i requisiti mancanti per il conseguimento del diritto al trattamento
pensionistico, non viene offerto un sostegno alla disoccupazione – che
altrimenti non vi sarebbe ragione di differenziare i limiti di durata tra
lavoratori che si trovino tutti nelle aree svantaggiate dal punto di vista
occupazionale – ma si permette l’acquisizione del trattamento pensionistico a
cui il lavoratore è prossimo, essendone prevista, per legge, l’erogazione solo
fino al compimento del periodo dei sette anni mancanti al raggiungimento dei 35
necessari per beneficiare della pensione di anzianità (L. n. 223 del 1991, art.
7, comma 7; cfr. Cass. n. 2697 del 2018 cit. e i precedenti ivi richiamati; v.
anche Cass., Sez. U., 21 luglio 2006, n. 16749, ed ivi il rilievo per cui la citata
norma non fa riferimento al momento in cui si perfezionerà il diritto alla
pensione, nè alla gestione che la erogherà, ma considera solo gli anni di
contribuzione necessari accreditati al momento della cessazione del rapporto di
lavoro);

si tratta, ora, di qualificare l’onere a carico
delle imprese, perchè così il legislatore ha inteso definire le somme dovute
dal datore di lavoro all’ente previdenziale, sia quanto alla prestazione
direttamente erogata al lavoratore sia quanto alla contribuzione figurativa
accreditata per il medesimo periodo, qualificazione che assume rilievo
dirimente agli effetti del regime prescrizionale applicabile;

alla variegata tipologia di oneri economici, che il
panorama legislativo offre in materia, ha già dato risposta, di recente, la
Corte di legittimità, con la sentenza 12 gennaio 2018, n. 672, rimarcando che
proprio per la molteplice varietà dei contributi (obbligatori, volontari,
figurativi, addizionali, di solidarietà, ritenute, oneri economici) e per la
diversità funzionale ad essi connaturata, potrebbero sempre farsi valere
diversità estrinseche tra le tante tipologie regolate dalla legge, allo scopo
di affermare che l’una specie risulti dissimile rispetto all’altra, anche in
considerazione dei differenti istituti che sono destinati a finanziare ed alla
diversa legislazione vigente nel tempo (v. anche Cass. 21 dicembre 2017, n.
30699);

le differenze terminologiche non possono, tuttavia,
incidere sull’appartenenza alla comune ed ampia categoria dei contributi
previdenziali (per gli ulteriori argomenti ed ipotesi esemplificative si rinvia
a Cass. n. 672 del 2018 cit.), ed ancor più sul regime prescrizionale, per cui
pur dandosi atto della precipua diversità, per natura e funzione, dei
contributi complessivamente considerati, risponde ad un criterio di
ragionevolezza assoggettare alla disciplina della prescrizione, dettata dalla
L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. b), tutti i contributi,
nell’accezione lata comprensiva, come nella specie, anche degli oneri economici
relativi alla permanenza in mobilità per i periodi eccedenti la mobilità
ordinaria, sopportati dall’ente previdenziale sia per erogare al lavoratore la
prestazione economica sia per accreditare la relativa contribuzione figurativa;

il motivo proposto dal ricorrente non prospetta
nessuna questione tale da indurre il Collegio a rivedere il richiamato
orientamento, da ritenersi ormai consolidato;

a tanto consegue che la sentenza impugnata non è
suscettibile di cassazione per cui il ricorso va rigettato;

le spese del giudizio, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6500,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura
del 15 per cento e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis, se
dovuto.

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