Per l’Agenzia delle Entrate, condizione essenziale per far sì che i premi di risultato erogati dal datore ai propri dipendenti possano beneficiare dell’applicazione dell’imposizione sostitutiva dell’IRPEF nella misura del 10%, e delle relative addizionali, è rappresentata necessariamente dal fatto che il beneficio sia previsto dalla contrattazione collettiva e, in ogni caso, dagli accordi collettivi che vedano coinvolte le rappresentanze sindacali dei lavoratori.

Nota a Risposta AdE 17 maggio 2022, n. 265

Stefano Quaranta

La vicenda in esame trae origine da un interpello presentato all’Agenzia delle Entrate da una società operante nel mondo dei giochi e delle scommesse, con sede in Italia, e facente parte di un più ampio Gruppo societario, la cui capogruppo ha sede in territorio britannico.

L’istante intendeva sottoscrivere un contratto collettivo aziendale che prevedesse la possibilità di erogare un premio a tutti i propri dipendenti (esclusi i dirigenti) al raggiungimento di un incremento del margine operativo del Gruppo (c.d EBITDA) rispetto all’anno precedente. A tal uopo chiedeva all’Agenzia se a queste condizioni il premio fosse soggetto all’agevolazione fiscale di cui all’art. 1, co. 182 ss. della L. n. 208/2015 (c.d. Legge di Stabilità 2016).

Sul punto, la risposta dell’Agenzia (n. 265 del 17 Maggio scorso) è stata negativa.

L’Amministrazione ha infatti prima di tutto richiamato il quadro normativo esistente in materia, citando in primis l’anzidetto art. 1, Legge di Stabilità 2016, il quale nei co. dal 182 al 189 prevede una modalità di tassazione agevolata, consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del 10% ai «premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con il Decreto di cui al co. 188», ovvero il Decreto emanato dal Ministero del Lavoro, di concerto con il MEF in data 25 Marzo 2016. L’art. 2, co. 2, del Decreto stabilisce che i contratti collettivi devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo.

Richiamando la propria Circolare n. 5/E del 29 marzo 2018, l’Amministrazione ha poi precisato che per “periodo congruo” deve intendersi il periodo di maturazione del premio di risultato, ovvero l’arco temporale, contrattualmente individuato, al termine del quale deve essere verificato l’incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, costituente il presupposto per l’applicazione del regime agevolato.

La durata di tale periodo è rimessa alla contrattazione di secondo livello e non risulta sufficiente che, al termine del periodo di maturazione del premio, l’obiettivo prefissato dalla contrattazione di secondo livello sia raggiunto, dal momento che è, altresì, necessario che il risultato conseguito dall’azienda risulti incrementale rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo di maturazione del premio.

In ragione della funzione incentivante delle norme in esame, come ribadito anche nei documenti di prassi (cfr., ex multis, Circolare Agenzia delle Entrate 15 giugno 2016, n. 28/E), si è ritenuto che il regime fiscale di favore possa applicarsi purché il raggiungimento degli obiettivi incrementali alla base della maturazione del premio (previamente definiti nel contratto e misurati al termine del periodo congruo stabilito su base contrattuale), e non solo la relativa erogazione, avvenga successivamente alla stipula del contratto. Inoltre, e più in generale, l’Agenzia ha precisato che il riconoscimento del beneficio fiscale richiede che la verifica e la misurazione dell’incremento siano, prima di tutto, effettuate dalla singola azienda erogante il premio, in base ai risultati raggiunti al termine del periodo congruo di misurazione, salvo la particolare ipotesi di contrattazione collettiva unitaria a livello di gruppo. In secondo luogo, e non meno importante, è necessario altresì che si sia verificato un effettivo incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Conseguentemente, anche qualora la contrattazione collettiva aziendale subordini l’erogazione del premio di risultato al raggiungimento di un obiettivo di gruppo, affinché il premio possa essere agevolato è essenziale che l’incremento di produttività, redditività ecc. sia raggiunto dalla singola azienda, non rilevando il raggiungimento del risultato registrato dal Gruppo stesso.

Nel caso de quo, la politica premiale prevista dall’istante era invece strettamente correlata alla policy globale del Gruppo e definita mediante un regolamento aziendale (atto meramente unilaterale del datore di lavoro), strumento quindi del tutto diverso (e inidoneo ai fini agevolativi fiscali in questione) dagli accordi collettivi aziendali o territoriali richiamati dal quadro normativo disciplinante la materia e sopra richiamato.

In definitiva, non può non condividersi l’impostazione dell’Agenzia per cui, in mancanza delle descritte condizioni, la società non potrà applicare il regime fiscale agevolato ai premi di produttività che intenderà distribuire.

Premi di risultato e regolamento aziendale: no alle agevolazioni fiscali sui premi se non contemplati dagli accordi sindacali
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