Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 aprile 2023, n. 9588

Lavoro, Contributi dovuti dall’avvocato alla Gestione separata INPS, Prescrizione, Decorrenza delle prescrizione dal momento in cui scadono i termini per il pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, Rigetto

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato prescritti i contributi dovuti dall’Avv. P.D. alla Gestione separata di cui alla L. 8 agosto 1995, nr. 335, art. 2, comma 26, in relazione all’attività professionale svolta nell’anno 2004;

2. per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che la pretesa contributiva dell’I.N.P.S. fosse prescritta in quanto il dies a quo del termine quinquennale andava computato con decorrenza dalla data di scadenza prevista per il pagamento dei contributi previdenziali, con conseguente tardività della richiesta dell’Istituto previdenziale, avanzata in data 23 agosto 2010 2016;

3. avverso tale pronuncia l’I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura, cui non ha resistito la parte privata;

 

Considerato che

 

4. con l’unico motivo di ricorso l’I.N.P.S. deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ. nonché dell’art. 2, commi 26 -31, della legge nr. 335 del 1995; degli artt. 10, 13 e 18 del d.lgs. nr.241 del 1997 (come modificato dall’art.2 D.lgs. nr. 422 del 1998); dell’art.17, commi 1 e 2, del d.P.R. nr. 435 del 2001, così come modificato dall’art. 2 D.L. nr. 63 del 2002, conv. con modificazioni nella legge nr. 112 del 2002; dell’art. 2, comma 1, del d.P.R. nr. 322 del 1998, così come modificato, dal d.P.R. nr. 435 del 2001; degli artt. 36 bis, comma 2, lett. f, e 36 ter, d.P.R. nr. 600 del 1973;

5. per l’Istituto, la Corte di appello avrebbe errato a ritenere prescritto il diritto ai contributi, non considerando che il professionista aveva presentato la dichiarazione dei redditi l’11 ottobre 2005 e che, solo da tale momento, l’Ente era nella possibilità di far valere il proprio diritto;

6. il motivo è infondato per le ragioni evidenziate in plurime ordinanze di questa Corte, pronunciate in fattispecie analoghe a quella oggetto di causa ed alle cui motivazioni si rinvia anche ex art. 118 disp. att. cdo.proc.civ. (da ultimo, v. Cass. nr. 28565 del 2022 e Cass. nr. 22309 del 2022; in precedenza Cass. nr. 10273 del 2021; Cass. n. 32467 del 2021);

7. la prescrizione decorre «dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così Cass. nn. 27950 del 2018, 19403 del 2019, 1557 del 2020): l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria» (Cass. nr. 10273 del 2021; conf. Cass. nr. 17970 del 2022); per quanto il debito contributivo sorga sulla base della produzione di un certo reddito, la prescrizione dell’obbligazione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento, come dispone il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 55 convertito, con modificazioni, nella L. 6 aprile 1936, n. 1155: i contributi obbligatori si prescrivono «dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati»; i termini di versamento dei contributi sono definiti dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 18, comma 4: «i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi»;

8. a chiarimento di quanto innanzi, la Corte ha, poi, precisato che assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione anche «il differimento» dei termini stessi, previsto dai D.P.C.M. (v. Cass. nr. 10273 del 2021, in relazione al pagamento dei contributi 2009, e plurime successive conformi) che, tempo per tempo, lo hanno stabilito mentre non rileva il «secondo termine per il pagamento» (id est: il secondo termine di pagamento previsto dai D.P.C.M. per i quali è stabilita una maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo). La Corte ha, infatti, chiarito che «la diversa data offerta dal legislatore al contribuente, attraverso un’onerosa facilitazione di pagamento di un debito già maturo e scaduto – tant’è che all’obbligazione contributiva si aggiunge l’obbligazione accessoria del pagamento degli interessi corrispettivi in misura predeterminata per legge- non muta il termine di scadenza dell’obbligazione principale e neanche connota diversamente la condotta inadempiente, non trattandosi di un termine alternativo per l’adempimento dell’obbligazione contributiva» (v., Cass. 21472 del 2020 con i richiami a Cass. nn. 12779 e 23040 del 2019);

9. per i contributi relativi al 2004, che riguardano la fattispecie concreta, il termine per il versamento era fissato al 20 giugno 2005. La successiva data del 20 luglio 2005 richiedeva il pagamento con maggiorazione;

10. la sentenza impugnata si è attenuta ai principi della Corte ed ha correttamente individuato il dies a quo di decorrenza della prescrizione quinquennale;

11. il ricorso va, dunque, respinto, nulla dovendosi provvedere in ordine alle spese, in difetto di attività difensiva da parte del professionista;

12. sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello previsto dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

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