Claudia Giagheddu Saitta
La responsabilità nella quale incorre “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta” (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte.
Così, la giurisprudenza ha ritenuto che la responsabilità contrattuale possa discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. Così, ad esempio, è stato attribuito carattere contrattuale non soltanto all’obbligazione di risarcimento gravante sull’ente ospedaliero per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico operante nell’ospedale, ma anche all’obbligazione del medico stesso nei confronti del paziente, quantunque non fondata sul contratto ma solo sul “contatto sociale”, poiché a questo si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire la tutela degli interessi che si manifestano e sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso (cfr. Cass. n. 9085/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 10297/2004, Cass. n. 589/1999).
Ne consegue che la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che la seconda deriva dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria; mentre la prima, quella contrattuale, presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti). In quest’ottica deve esser letta anche la disposizione dell’art. 1173 c.c. che classifica le obbligazioni in base alla loro fonte ed espressamente distingue le obbligazioni da contratto (da intendersi nella più ampia accezione sopra indicata) da quelle da fatto illecito (v. Cass. S.U. n. 14712/2017).
Tali principi possono trovare applicazione anche alla specifica materia lavoristica, nella quale è già stata ricondotta all’ambito della responsabilità ex art. 1218 e ss. c.c. la responsabilità dell’ex datore di lavoro che, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, fornisca informazioni inesatte all’ex dipendente, causandogli così un pregiudizio alla posizione previdenziale (v. Cass. n. 15992/2011).
Anche la responsabilità facente capo a soggetti che, se pur diversi dal datore di lavoro, siano titolari per legge di posizioni di garanzia nei confronti del lavoratore deve dunque ascriversi alla responsabilità ex art. 1218 e ss. c.c., traendo essa origine da inesatto adempimento di obblighi di comportamento preesistenti alla condotta lesiva (cfr., in termini, Trib. Genova n. 662/2017. Nel medesimo senso, App. Roma n. 2733/2020).
Lo stesso art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, pone in capo al committente precisi obblighi di cooperazione affinché negli appalti endoaziendali siano assicurate le condizioni di sicurezza dei lavoratori, nonché un obbligo di vigilanza sull’esatto adempimento dell’obbligo di sicurezza in capo all’appaltatore ed in favore dei dipendenti di quest’ultimo.