La Cassazione riepiloga gli orientamenti della CGUE in materia di ferie annuali retribuite.

Nota a Cass. (ord.) 20 giugno 2023, n. 17643

Fabrizio Girolami

“Il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie non godute si prescrive a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie è stato perso dal lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l’invito a usufruirne. Tale invito deve essere formulato in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee a apportare all’interessato il riposo e il relax cui sono finalizzate, e deve contenere l’avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (ord. n. 17643 del 20 giugno 2023), riepilogando gli orientamenti della CGUE in materia di ferie annuali retribuite.

Come noto, l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE del 4.11.2003 (concernente taluni aspetti dell’orario di lavoro) stabilisce che “gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali” (paragrafo 1).

Il successivo par. 2 del medesimo art. 7 della direttiva 2003/88/CE prevede che – alla cessazione del rapporto (momento in cui il diritto alla fruizione effettiva delle ferie annuali non è più possibile) ed evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non possa beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria – il lavoratore ha diritto a una “indennità finanziaria” per i giorni di ferie non goduti.

In relazione alla corretta interpretazione della disposizione UE in materia di ferie annuali e relativa indennità sostitutiva, la Cassazione, con l’ordinanza n. 17643 del 20 giugno 2023, anche alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ha affermato che il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell’indennità per ferie non godute anche dopo il periodo di prescrizione del diritto (che decorre dal termine del rapporto di lavoro), se non ha adempiuto all’obbligo di invitare il lavoratore alla fruizione nei tempi previsti per legge.

Nel caso di specie, una lavoratrice dell’INPS, a seguito delle proprie dimissioni, aveva adito il Tribunale di Milano, chiedendo la condanna al pagamento di Euro 30.316,00 a titolo di indennità sostitutiva per ferie non godute e di Euro 10.000,00 per mancata tempestiva fruizione delle dette ferie. L’INPS si era opposta a tale richiesta, eccependo, da un lato, l’intervenuta prescrizione del diritto e, dall’altro, la mancata effettuazione delle ferie per esigenze di servizio previste dal c.c.n.l. applicato.

All’ esito del giudizio di legittimità (favorevole al lavoratore), la Cassazione ha respinto il ricorso dell’INPS (con conferma della sentenza della Corte d’Appello di Milano), affermando quanto segue:

  • secondo la giurisprudenza della CGUE, l’art. 7, par. 2, della direttiva 2003/88 assoggetta il diritto all’indennità finanziaria a due condizioni: a) alla cessazione del rapporto di lavoro; b) al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data di cessazione del rapporto (cfr., tra le altre, CGUE sentenza 20.07.2016, Maschek, C-341/15);
  • la menzionata disposizione osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in grado di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione del rapporto, in particolare perché era in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto (cfr., tra le altre, CGUE sentenza 29.11.2017, King, C-214/16);
  • l’art. 7 della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali e quello all’indennità finanziaria si estinguono a causa del decesso del lavoratore, sicché la relativa indennità per ferie si trasmette agli eredi del lavoratore deceduto (cfr. CGUE sentenza del 12.06.2014, Bollacke, C-118/13);
  • il pagamento delle ferie ex art. 7, par. 1, della direttiva 2033/88 è volto a consentire al lavoratore di fruire effettivamente delle ferie cui ha diritto (cfr. CGUE sentenza 16.03.2006, Robinson-Steele e a., C-131/04 e C-257/04). Inoltre, il diritto alle ferie annuali ha la funzione di consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di relax e svago (cfr. CGUE sentenza 20.11.2016, Maschek, C-341/15);
  • il datore di lavoro – che sia stato convenuto dal dipendente per ottenere il pagamento dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro – ha l’onere di provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite;
  • il diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto si perdono soltanto qualora il datore offra la prova: a) di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; b) di averlo avvisato – in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e il relax cui esse sono preordinate – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato;
  • inoltre, l’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003 prevede che “il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane” e che “i contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore”. Pertanto, la contrattazione collettiva non può essere letta “in maniera da introdurre un trattamento deteriore” per la lavoratrice;
  • nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato che l’INPS non aveva adempiuto all’onere probatorio su di esso incombente, ossia non aveva provato di avere operato con la massima diligenza in modo da consentire al lavoratore di godere delle ferie maturate;
  • ciò posto, la vicenda in esame va risolta sulla base del seguente principio di diritto: il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie non godute si prescrive a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie è stato perso dal lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l’invito a usufruirne. Tale invito deve essere formulato in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee a apportare all’interessato il riposo e il relax cui sono finalizzate, e deve contenere l’avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Sentenza

Indennità per ferie non godute, prescrizione e onere della prova in capo al datore di lavoro
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