La selezione di candidati da parte della Pa sulla base di una disciplina di diritto privato va sottoposta ad una verifica circa la legittimità delle scelte sotto il profilo della buona fede e correttezza.

Nota a Cass. 5 dicembre 2023, n. 33964

Marco Mocella

“Anche la selezione, da parte della P.A., di candidati esterni per un certo incarico, ai sensi dell’art. 12 o 17, L. 49/1987, secondo una disciplina paritetica di diritto privato, non si sottrae al controllo di legittimità nella conduzione delle operazioni di scelta, sotto il profilo del rispetto dei parametri di correttezza e buona fede, con riferimento, tra le altre ipotesi, al rispetto di regole procedurali fissate dalla stessa P.A. per tali operazioni, di eventuali prassi consolidate rispetto alle quali emergano deviazioni manifestamente ingiustificate o, ancor più, all’adozione di comportamenti indebitamente discriminatori. Fermo restando che è a carico di chi agisce la prova del nesso causale tra la violazione di tali regole di buona fede ed il danno da perdita di chance di cui si assume il verificarsi”.

Così, la Corte di Cassazione 5 dicembre 2023, n. 33964, la quale richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui nell’ambito dei rinnovi degli incarichi di cui all’art. 12, L. 49/1987 al pari del conferimento iniziale di essi (ed anche ex art. 17 della legge cit.), anche se non si configura “un diritto alla stipulazione del … contratto”, l’amministrazione “nei confronti dei dipendenti ammessi alla procedura …… è stata obbligata dalla legge alla emanazione di un giudizio, il cui esito può essere controllato, non certo sostituito, dal giudice, sia sotto il profilo del rispetto delle regole procedimentali che il datore di lavoro è obbligato ad osservare, sia sotto quello della conformità ai criteri di legge e ai precetti di buona fede e correttezza” (v. Cass. n. 10904/2005; Cass. n. 23925/2004; analogamente, in tema di assunzioni concorsuali di dipendenti presso un datore privato, v. Cass. n. 16233/2012 e Cass. n. 5119/2010).

Ne consegue che non può essere escluso il ragionamento in merito alla perdita di chance sulla base del rilievo assorbente della discrezionalità della PA perché occorre preliminarmente verificare eventuali violazioni delle norme e delle regole di buona fede.

Nello specifico, i giudici non concordano con la decisione della Corte territoriale incentrata sull’inutilità di una disamina delle illegittimità denunciate, sottolineando la necessità “di far seguire ogni valutazione sul rispetto della discrezionalità – e dunque della chance – alla verifica sull’osservanza o meno delle regole che governano questa fase”.

Il riferimento è alla denuncia di inosservanza di regole motivazionali, di una immotivata deviazione da prassi consolidate, o di un uso inadeguato della tempistica della selezione, di asserite discriminazioni per età o di scelte volontariamente pregiudizievoli per il ricorrente (ad es. trascurando la posizione preminente del ricorrente nella graduatoria preselettiva). Tali inosservanze infatti si porrebbero in contrasto con i principi di buona fede e correttezza e giustificherebbero il rimedio risarcitorio sub specie di perdita di chance, posto ovviamente il nesso causale tra violazione e chance, di cui resta onerato il ricorrente (Cass. n. 4014/2016 e Cass. n. 10429/2014).

Sui concorsi privati, v. M. MOCELLA, Concorsi privati, perdita di chance e risarcibilità del danno in Diritto del Lavoro, 1994, II, 313.

Sentenza 

CORTE DI CASSAZIONE 5 dicembre 2023, n. 33964

Lavoro – Procedura di selezione – Contratto di diritto privato – Annullamento procedura – Graduatorie preselettive – Disciplina paritetica di diritto privato – Accoglimento

Fatti di causa

1.La controversia concerne una procedura di selezione di un esperto coordinatore, con contratto di diritto privato per una missione in Libano, della durata di un anno più volte rinnovabile, da parte del Ministero degli Affari Esteri (di seguito, MAE), secondo la disciplina applicabile ratione temporis di cui alla L. 49/1987.

La procedura si era svolta sulla base di un avviso-proposta, cui era seguita la valutazione dei candidati da parte di un organo tecnico.

Successivamente vi era stato un interpello informale dell’odierno ricorrente, quale candidato con maggiore punteggio nelle valutazioni tecniche, cui sarebbe dovuta seguire la scelta da parte della competente Commissione.

È tuttavia accaduto che i lavori della Commissione siano stati dapprima rinviati, nel novembre 2008, ultimandosi la selezione solo per altra posizione della medesima missione e che quindi, nel marzo 2009, la procedura sia stata annullata, sul presupposto che l’organo tecnico, oltre alla graduatoria di idoneità, si fosse spinto a fare una proposta del candidato da prescegliere, in difformità dalle regole proprie di tali selezioni.

Era stato poi previsto, nell’aprile 2009, che per i futuri incarichi vi fosse il limite di età dei 65 anni, il che aveva reso impossibile la partecipazione del ricorrente.

La Corte d’Appello di Roma, rigettando il gravame contro la sentenza del Tribunale della stessa città, sulla premessa che l’intera procedura avesse carattere privatistico, riteneva di non affrontare il tema della legittimità o meno dell’annullamento e non affrontava neanche le questioni sui comportamenti discriminatori denunciati dal ricorrente, ritenendo che non vi fosse stata allegazione e quindi prova della probabilità di vittoria.

La Corte d’Appello aggiungeva altresì che potesse maturare alcun legittimo affidamento in capo al ricorrente, in quanto la Commissione era sempre libera di scegliere i candidati sulla base valutazioni proprie e diverse.

2. P.L.F. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di undici motivi, resistiti da controricorso del MAE.

Sono in atti memorie di ambo le parti.

Motivi della decisione

1.Il primo motivo denuncia l’omesso esame della norma contenuta nell’ordine di servizio n. 2/2000, con cui la P.A. si era comunque autolimitata nel senso di dover fornire motivazione alla scelta da effettuare, quale requisito di regolarità del corrispondente atto, sicché restava superato quanto affermato dalla Corte territoriale in ordine all’inapplicabilità delle disposizioni della L. n. 241/1990.

Il secondo motivo assume l’omesso esame di altri elementi, consistenti nelle risultanze della “prevalutazione” comparativa, nonché della prassi del Gruppo Selezione Esperti (di seguito, GESEP) di fare uso di tale graduatoria preselettiva, in sé compatibile con le norme di autoregolamentazione, rimarcando altresì come la comunicazione di servizio 7/1991 prevedesse espressamente l’interpello del candidato ritenuto migliore e di uno di riserva, cui usualmente procedeva l’esperto incaricato della preselezione. Era stato in esito a tale interpello – aggiungeva il ricorrente – che egli aveva dismesso tutta la propria attività professionale.

Il terzo motivo afferma che la sentenza aveva omesso l’esame della tempistica delle attività di selezione, in quanto se la posizione del ricorrente fosse stata inserita – essendo stata già svolta la fase preselettiva – nell’ordine del giorno della riunione del 14.11.2008, non vi sarebbe stato alcun ostacolo al suo accoglimento.

Il quarto motivo denuncia l’omesso esame dell’illegittimità dell’annullamento del procedimento di selezione e del relativo bando, per varie ragioni ivi addotte.

Il quinto motivo fa ancora riferimento ad un omesso esame in riguardo al fatto che l’individuazione delle candidature degli idonei era rimessa dalla segreteria del GSESP e non all’esperto UTC, cui faceva capo la successiva preselezione.

Il sesto motivo assume altresì l’omesso esame del fatto che era stata predisposta una nuova relazione ingiustificatamente riguardante la sola posizione dell’assistente del coordinatore, così che la selezione del novembre 2008 non aveva riguardato il coordinatore, con disparità di trattamento tra casi simili e violazione delle regole di buon andamento, perché non si sarebbe potuto mandare all’estero un assistente senza il coordinatore del progetto.

Il settimo motivo di impugnazione denuncia l’omesso esame della valenza discriminatoria dell’ordine di servizio 4/2009 con cui era stato fissato il limite dei 65 anni, allo scopo di impedire al ricorrente di potersi ricandidare, così come l’omesso esame della sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stato accertato che il MAE aveva reiteratamente praticato comportamenti discriminatori nei confronti del ricorrente.

Anche l’ottavo motivo denuncia l’omesso esame di ulteriori elementi comprovanti il fatto che la P.A. aveva tenuto comportamenti in spregio ai principi di correttezza e buona fede ed il nono motivo specifica tale omesso esame con riferimento ad alcuni ulteriori elementi, tra cui le pressioni esercitate sul valutatore perché retrocedesse il ricorrente dal primo posto in cui risultava inserito tra gli idonei.

Il decimo motivo assume invece la violazione dell’art. 2729 c.c. art. 360 n. 3 c.p.c.), in quanto non poteva dirsi che l’aspettativa del ricorrente non fosse rilevante, in quanto constava dalla graduatoria degli idonei che egli era il primo di essi.

Analogamente, l’undicesimo motivo adduce l’omesso esame della maggiore meritevolezza del ricorrente rispetto agli altri concorrenti quale risultante dalle graduatorie preselettive.

2. I motivi devono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione.

3. Vanno intanto disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente.

3.1 È noto che la disciplina della c.d. doppia conforme riguarda, come espressamente afferma l’art. 348-ter, co. 4, c.p.c., il caso in cui vi sia decisione sulla base di questioni di fatto identicamente risolte dalle sentenze di merito sui due gradi di giudizio. Fatto da intendersi come riguardante le vicende storiche delle situazioni sostanziali dedotte e non come riguardante profili tali da sollecitare la disamina di circostanze meramente processuali, ad es. sull’allegazione o la prova.

Nel caso di specie, dalla narrativa della sentenza impugnata si evince che in primo grado la domanda è stata disattesa per difetto di allegazione dei danni da perdita di chance, cioè come concreti pregiudizi consequenziali subiti ed in secondo grado invece, come si dirà di seguito, per difetto di allegazione degli elementi probabilistici idonei ad identificare la perdita di una concreta chance.

Non ricorre dunque né l’ipotesi della decisione sulla base dell’accertamento dei medesimi fatti sostanziali, e ciò già sarebbe assorbente, né a ben vedere una conformità di rationes decidendi.

Si resta dunque al di fuori della fattispecie della c.d. doppia conforme.

3.2 Quanto all’asserito deficit di sinteticità e chiarezza dei motivi, va detto che, a tutto concedere, è solo la non comprensibilità del significato da attribuire ad essi che potrebbe comportare in rito limiti all’accesso rispetto alla loro disamina di merito.

Tuttavia, già la sintesi sopra riportata, come anche quanto si preciserà di seguito, esclude che ricorra un tale presupposto.

4. Ciò posto – e precisato che sugli altri profili di inammissibilità si entrerà nel contesto delle argomentazioni che seguono – i motivi sono fondati, nei termini in cui si va a dire.

5. L’asse decisionale della sentenza impugnata si fonda sul rilievo per cui non vi sarebbe necessità di procedere all’esame delle censure di legittimità dei comportamenti tenuti in occasione della selezione, perché il ricorrente non avrebbe fornito prova del “tasso di probabilità” di risultare vincitore.

Nello sviluppo motivazionale, la Corte territoriale aggiunge poi che il ricorrente non avrebbe potuto maturare alcun legittimo affidamento rispetto all’esito per lui favorevole della preselezione tecnica, che lo aveva visto prevalere, quanto a punteggio, sugli altri candidati e ciò in quanto quello della fase preselettiva costituiva un “parere-proposta” non vincolante e suscettibile di modificazione per le previste e successive valutazioni riservate all’amministrazione secondo le prescritte competenze.

Da qui la mancata disamina dei plurimi profili di illegittimità addotti dal ricorrente e sul cui omesso esame fanno leva i primi nove motivi del ricorso per cassazione.

5.1 Il passaggio motivazionale sull’impossibilità di maturazione di un legittimo affidamento presenta tratti di ambiguità, potendo esso riferirsi sia ad un completamento del giudizio sull’assenza di prova della “chance”, nel senso che non vi è da discutere di probabilità se la scelta della P.A. risulti totalmente discrezionale e priva di parametri di controllo, ma potendo anche riferirsi più semplicemente al fatto che il ricorrente non poteva addurre come danno l’avere dismesso le proprie attività sul presupposto di prepararsi alla prospettata partenza per il Libano.

Si deve peraltro ritenere che il senso da attribuire sia il primo, ovverosia il completamento del ragionamento sulla chance, come può desumersi dal fatto che il contesto complessivo del passaggio motivazionale è quello per cui la scelta finale della P.A. sarebbe talmente libera da non potersi fondare alcun ragionamento su quella fase preselettiva.

Tanto che, dopo il passaggio sull’”affidamento”, la Corte territoriale torna al tema della mancanza di elementi comparativi con gli altri partecipanti alla selezione.

6. Ciò posto, il collegio ritiene che il ragionamento motivazionale sulla chance sia manifestamente insufficiente.

6.1 Intanto, la posizione preminente del ricorrente rispetto agli altri candidati ed in esito alla fase di preselezione è pacifica e dunque affermare che mancassero elementi di raffronto non può essere giustificato.

La perdita di chance per nozione non consiste nella prova del pieno diritto al conseguimento del risultato, ma ha caratura probabilistica, rispetto alla quale sfugge come possa dirsi che quel posizionamento divenga irrilevante.

6.2 Del resto, anche l’assunto in ordine al rilievo assorbente della discrezionalità è in sé errato.

È indiscusso che quella oggetto di causa sia selezione di pieno diritto privato, per quanto svolta da una P.A.

Presso questa S.C. è tuttavia maturato ed è qui condiviso l’orientamento per cui, nell’ambito di rinnovi degli incarichi di cui all’art. 12 L. 49/1987, ma certamente anche rispetto al conferimento iniziale di essi ed anche ai sensi dell’art. 17 della stessa legge, per quanto non sussista «un diritto alla stipulazione del … contratto», l’amministrazione «nei confronti dei dipendenti ammessi alla procedura ……, è stata obbligata dalla legge alla emanazione di un giudizio, il cui esito può essere controllato, non certo sostituito, dal giudice, sia sotto il profilo del rispetto delle regole procedimentali che il datore di lavoro è obbligato ad osservare, sia sotto quello della conformità ai criteri di legge e ai precetti di buona fede e correttezza» (Cass. 24 maggio 2005, n. 10904; Cass. 23 dicembre 2004, n. 23925; sul tema contiguo delle assunzioni concorsuali di dipendenti presso un datore privato, v., in senso analogo, Cass. 25 settembre 2012, n. 16233; Cass. 3 marzo 2010, n. 5119).

Da ciò deriva che non vale ad escludere il ragionamento sulla chance il fatto in sé che vi fosse quella discrezionalità, perché è preliminare la verifica su quali siano stati – e se vi siano state – le violazioni denunciate, alle norme ed alle regole di buona fede.

Dovendosi altrimenti giungere a dire – come palesemente non può essere – che anche una scelta dolosa ai danni di un candidato (profilo che non è estraneo alle denunce del ricorrente) non farebbe maturare comunque un diritto risarcitorio per la perdita di chance ad avere quel posto.

Più ampiamente, l’asse decisionale della Corte territoriale, incentrato sull’inutilità di una disamina delle illegittimità denunciate, non regge in ragione della necessità di far seguire ogni valutazione sul rispetto dalla discrezionalità – e dunque della chance – alla verifica sull’osservanza o meno delle regole che governano questa fase.

La denuncia di inosservanza, ad esempio, di regole motivazionali che (essendo pacifico ed incontestabile che trattandosi di procedure di pieno diritto privato non trovi applicazione diretta l’art. 3 L. 241/1990) si asserisce la P.A. si fosse data (primo motivo), di un’asseritamente immotivata deviazione da prassi consolidate (secondo motivo) o di un uso inadeguato della tempistica della selezione (terzo motivo), per non dire delle asserite discriminazioni per età o di scelte volontariamente pregiudizievoli per il ricorrente, ove realmente tali, realizzerebbero altrettanti comportamenti in contrasto con i principi di buona fede e correttezza che giustificherebbero il rimedio risarcitorio sub specie di perdita di chance, il tutto ovviamente calibrato sul nesso causale tra violazione e chance, di cui resta onerato il ricorrente (Cass. 1 marzo 2016, n. 4014; Cass. 14 maggio 2014, n. 10429).

Ciò non significa per nulla che quelle denunce siano fondate, né che necessariamente ricorressero i presupposti su cui esse sono impostate, quanto che esse devono essere disaminate nella loro fondatezza o meno, così come nella ricorrenza o meno di effettive violazioni rilevanti sul piano della buona fede, potendosi sviluppare un serio giudizio sulla chance solo dopo avere verificato se violazioni di regole di buona fede vi siano state o no e ulteriormente, in caso positivo, quale incidenza possano avere avuto o meno sulla pretermissione del ricorrente.

6.3 Riepilogando, la Corte territoriale non poteva obliterare del tutto la considerazione del posizionamento preminente del F. nella graduatoria preselettiva e ciò sia perché la manifesta importanza del dato ne imponeva la valutazione sotto il profilo almeno indiziario di cui consiste l’apprezzamento della chance, sia perché ad escluderne la rilevanza non poteva bastare, per quanto si è sopra detto, il grado di discrezionalità preservato alla P.A. e valorizzato in via assorbente dalla sentenza impugnata.

L’essersi inserito quel dato all’interno di un ragionamento errato sul piano del rilievo assorbente della discrezionalità comporta poi sia un errore di diritto sostanziale sul possibile rilievo delle ragioni di illegittimità addotte, sia un errore di diritto sulla prova, in quanto si è escluso il rilievo di un fatto manifestamente importante in forza di un ragionamento non congruo.

6.4 Ciò rende evidente perché anche i motivi sono da ritenere ammissibili.

L’insieme dei motivi rubricati come di omesso esame, al di là dei singoli profili che li riguardano, hanno infatti il fine di inficiare – ed inficiano, per quanto sopra detto – il ragionamento della Corte territoriale per cui si poteva fare a meno di valutare se le illegittimità denunciate sussistessero. Così non poteva essere, per le ragioni già spiegate e dunque, al di là delle singole questioni agitate nei diversi motivi dal primo al nono, quello che emerge è che il mancato esame delle ragioni di illegittimità addotte non era giustificato.

Parallelamente, il decimo e l’undicesimo motivo, incentrandosi, con il richiamo alle norme sulle prove (art. 2729 c.c. e 115 c.p.c.) sulla fallacia del ragionamento volto ad escludere il rilievo probabilistico del posizionamento preminente del F. in sede preselettiva, senza valide spiegazioni, individuano un complessivamente errato apprezzamento del dato indiziario, giustificato sulla base di un sostegno (l’assoluta discrezionalità), come si è detto, insufficiente e che invece sarà da valutarsi sulla base di una concreta disamina dell’intero evolversi fattuale della vicenda (v. anche, sulla sindacabilità del ragionamento presuntivo manifestamente incongruo, Cass. 16 novembre 2018, n. 29635; nonché, sulla necessità di un completo ragionamento indiziario, Cass. 16 marzo 2023, n. 7647).

7. In punto di diritto, può affermarsi che anche la selezione, da parte della P.A., di candidati esterni per un certo incarico, ai sensi dell’art. 12 o 17 L. 49/1987, secondo una disciplina paritetica di diritto privato, non si sottrae al controllo di legittimità nella conduzione delle operazioni di scelta, sotto il profilo del rispetto dei parametri di correttezza e buona fede, con riferimento, tra le altre ipotesi, al rispetto di regole procedurali fissate dalla stessa P.A. per tali operazioni, di eventuali prassi consolidate rispetto alle quali emergano deviazioni manifestamente ingiustificate o, ancor più, all’adozione di comportamenti indebitamente discriminatori. Fermo restando che è a carico di chi agisce la prova del nesso causale tra la violazione di tali regole di buona fede ed il danno da perdita di chance di cui si assume il verificarsi.

8. La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla medesima Corte territoriale, affinché decida facendo applicazione dei principi sopra espressi e previo accertamento dell’esistenza o meno delle illegittimità denunciate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Procedura di selezione privatistica e discrezionalità della PA
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