Permanenza al lavoro per i giornalisti fino a 70 anni solo con il consenso dell’azienda

Fabio Iacobone

I giornalisti che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia (sia dal punto di vista dell’età che dei contributi) non possono pretendere di permanere al lavoro fino al 70°anno di età  se il datore di lavoro non acconsente a far proseguire il rapporto.

La questione è stata affrontata di recente dalla Corte di Cassazione (15 marzo 2017, n. 6776), che ha  accolto il ricorso della Rai contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Milano nel 2014, confermando il verdetto emesso dal Tribunale di Milano nel 2012, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di una giornalista messa in quiescenza al raggiungimento dei 65 anni di età, una volta  maturati i requisiti assicurativi e contributivi per la pensione di vecchiaia previsti dall’ INPGI (istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani), condannando la società a reintegrare la dipendente nel posto di lavoro in base all’art. 18 della L. n. 300 del 1970.

La decisione della Corte di Cassazione richiama il principio stabilito dalla stessa Corte a Sezioni Unite (n. 17589/2015), la quale  ha statuito  che l’art. 24, co. 4, D.L. n. 201/2011, conv. in L. n. 214/2011 (c.d. Salva Italia del Governo Monti) “non attribuisce al lavoratore il diritto potestativo di proseguire nel rapporto di lavoro fino al raggiungimento del settantesimo anno di età, in quanto la norma non crea alcun automatismo, ma si limita a prefigurare condizioni previdenziali di incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che può estendersi fino ai settanta anni di età”.

Giornalisti ed età pensionabile
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