In caso di trasferimento di azienda in crisi ai dipendenti il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trovano applicazione le tutele previste dall’art. 2112.

 Nota a Cass. 19 gennaio 2018, n. 1383

Miriam Sorrentino e Giuseppe Catanzaro

Le garanzie previste dall’art. 2112 c.c. sul trasferimento d’azienda non trovano applicazione nel caso in cui il trasferimento riguardi imprese assoggettate a procedure concorsuali (dichiarazione di fallimento; omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni; emanazione di provvedimento di liquidazione coatta amministrativa; sottoposizione ad amministrazione straordinaria) e per le quali non sia stato disposto l’esercizio provvisorio dell’attività (art. 47, co. 5, L. n. 428/1990).

Tuttavia, “queste deroghe alla disciplina non sono automatiche ma avvengono solo in seguito alla conclusione, durante apposita procedura sindacale, di un accordo collettivo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione. Tale accordo può altresì prevedere che il personale in esubero continui a rimanere anche solo in parte, alle dipendenze dell’alienante, conservando il diritto di precedenza nelle eventuali nuove assunzioni disposte dall’acquirente entro un anno dal trasferimento dell’azienda, salvo un eventuale maggior periodo previsto dall’accordo collettivo” (v. Min. Lav., Interpello 17 dicembre 2014, n. 32).

Come ha rilevato la Corte di Cassazione (19 gennaio 2018, n. 1383), l’art. 2112 c.c. tace circa il contenuto specifico dell’accordo e l’indicazione dei criteri di selezione dei lavoratori da trasferire, prevedendo unicamente che l’accordo medesimo riguardi il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione (come osservato anche di merito – App. Bologna 29 maggio 2015).

Secondo i giudici di legittimità, i principi vigenti in materia di licenziamenti collettivi di cui alla L. n. 223/1991, artt. 4 ss., e, nello specifico, quelli relativi alla obbligatoria indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e delle modalità di applicazione dei suddetti criteri, non “si estendono analogicamente alla fattispecie in esame”, stante la diversa ratio dei due istituti e l’assoluta difformità di disciplina. “Le norme in materia di cessione di imprese assoggettate a procedura concorsuale o di rami delle stesse hanno, infatti, il fine di privilegiare la salvaguardia, anche in parte, di posti di lavoro e sono quindi svincolati dai rigidi criteri previsti per la disciplina dei licenziamenti collettivi” (v. anche. Cass. 17 maggio 2016, n. 10066).

Del resto, il legislatore ha previsto sia la possibilità per l’impresa subentrante di concordare condizioni contrattuali per l’assunzione ex novo dei lavoratori (in deroga a quanto dettato dall’art. 2112 c.c.), che la facoltà di escludere parte del personale eccedentario dal passaggio, in quanto la possibilità per l’accordo sindacale di derogare anche in senso peggiorativo riguardo al trattamento dei lavoratori, “si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali, quando venga trasferita l’azienda di un’impresa insolvente e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie” (v. anche Cass. 4 novembre 2014, n. 23473; Cass. 22 settembre 2011, n. 19282).

In questo caso, dunque, la priorità di tutela si sposta dal piano del singolo lavoratore (cui risponde l’esclusiva applicazione dell’art. 2112 c.c.) al piano dell’interesse collettivo alla salvaguardia dell’occupazione a fronte della crisi imprenditoriale ed anche al prezzo di perdere talune delle garanzie previste dall’art. 2112 c.c.

Trasferimento di azienda in crisi, perdita di garanzie per i lavoratori e salvaguardia dei livelli occupazionali
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