Nel caso in cui un lavoratore, distaccato dalla propria impresa per svolgere un lavoro in un altro Stato membro UE, sia poi sostituito, mediante distacco operato da un’ altra impresa, da un secondo prestatore, quest’ultimo è considerato “inviato in sostituzione di un’altra persona”.

Nota a Corte di Giustizia UE 6 settembre 2018, C – 527/16

Alfonso Tagliamonte

Al lavoratore distaccato da impresa straniera dell’UE in uno Stato membro trova immediata applicazione la normativa legale e contrattuale del Paese ospite. Viene così evitato, ai sensi del Reg. UE n. 883/2004 (art. 12, par.1), come modificato dal Reg. n.1244/2010, il fenomeno dei lavoratori distaccati in successione a fini sostitutivi allo scopo di fruire del costo contributivo dei paesi di provenienza, solitamente molto più basso.

È questa l’interpretazione fornita dalla Corte Europea di Giustizia 6 settembre 2018, C-527/16, in merito all’art. 12 richiamato relativamente al regime applicabile al distacco in sostituzione, la quale  afferma che, nell’ipotesi in cui un lavoratore distaccato dal datore di lavoro per effettuare un lavoro in un altro Stato membro sia sostituito da un altro prestatore distaccato da un altro datore, quest’ultimo lavoratore va considerato ‘inviato in sostituzione di un’altra persona’. Con la conseguenza che egli continua ad essere assoggettato alla legislazione dello Stato membro in cui il suo datore di lavoro esercita abitualmente la propria attività. Inoltre, “il fatto che i datori di lavoro dei due lavoratori interessati abbiano la loro sede nello stesso Stato membro o il fatto che essi intrattengano eventuali legami sotto il profilo personale od organizzativo sono irrilevanti al riguardo”.

La Corte rileva che il legislatore dell’Unione intende evitare che la norma in questione (art. 12) avvantaggi lavoratori distaccati uno dopo l’altro per svolgere la stessa attività lavorativa. E specifica che “il reiterato ricorso a lavoratori distaccati per coprire lo stesso posto di lavoro, sebbene i datori di lavoro all’origine dell’iniziativa dei distaccamenti siano distinti, non è conforme al tenore letterale né agli obiettivi dell’art. 12, par.1, del Reg. n. 883/2004 e non è nemmeno conforme al contesto in cui si colloca tale disposizione, cosicché una persona distaccata non può beneficiare della norma particolare prevista in detta disposizione qualora sostituisca un altro lavoratore”.

A tale scopo, infatti, si è inteso garantire nel modo migliore la parità di trattamento di tutte le persone occupate nel territorio di uno Stato membro, stabilendo “come legislazione applicabile, in via generale, la legislazione dello Stato membro nel cui territorio l’interessato esercita la sua attività subordinata o autonoma”.

In base all’art. 12 cit., “la persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata per svolgervi un lavoro per suo conto in un altro Stato membro, rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata.

In tema di distacco nell’ambito di una prestazione di servizi, v. D.LGS. n. 136/2016 e Direttiva UE 28 giugno 2018, n. 957 (entrata in vigore il 30 luglio 2018), che modificherà – dal 30 luglio 2020 – le regole del distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (contenute nella Direttiva n. 96/71/CE). In tale Direttiva si definisce in modo unitario la retribuzione e si stabilisce che i contributi previdenziali per il lavoratore distaccato continuano a essere pagati presso il Paese di origine solo per i primi 12 mesi (ad oggi e fino al 30 luglio 2020 si può arrivare a 24 mesi).

Distacco del lavoratore da un’impresa straniera ad uno Stato membro
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