I precedenti disciplinari, benché non contestati, possono giustificare il recesso per giusta causa qualora vi sia stata una violazione persistente e reiterata dell’obbligo di diligenza con irrimediabile lesione del vincolo fiduciario.

 Nota a Cass.  26 novembre 2018, n. 30564

Maria Novella Bettini

Non è necessaria la previa contestazione dei precedenti disciplinari qualora gli stessi vengano in rilievo non quali elementi costitutivi del complessivo addebito formulato, che va sempre contestato, ma quali meri precedenti negativi del comportamento del lavoratore, rilevanti esclusivamente ai fini della determinazione della proporzionalità della sanzione da irrogare.

Più specificamente, la necessità di previa contestazione anche dei precedenti disciplinari va esclusa qualora la recidiva venga in rilievo “non quale elemento costitutivo del complessivo addebito formulato, ma quale mero precedente negativo della condotta, rilevante ai fini della determinazione della sanzione proporzionata da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa”.

Secondo la consolidata giurisprudenza, infatti, ai fini della proporzionalità fra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e fare ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali e, quindi, anche eventuali precedenti disciplinari” (v. Cass. n. 2013/2012 e Cass. n. 14586/2009). Questa, dunque, l’interpretazione dell’art. 7, co. 6, Stat. Lav. (c.d. recidiva), secondo cui: “non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione (26 novembre 2018, n. 30564; in tal senso, v. anche Cass. n. 1909/2018) in relazione al licenziamento in tronco di un lavoratore per una mancanza all’apparenza lieve (utilizzo di vernice sbagliata). Pur avendo contestato lo specifico addebito, il datore di lavoro ha poi irrogato la sanzione più grave in quanto il comportamento del dipendente costituiva l’ultimo di ben otto precedenti disciplinari per fatti analoghi, che avevano condotto a due distinte sanzioni conservative. Nella fattispecie, dunque, i precedenti disciplinari hanno svolto unicamente la funzione di criterio di valutazione destinato ad “orientare la parte datoriale in ordine a possibili futuri inadempimenti del dipendente”.

La Corte conferma la decisione del giudice territoriale (App. Milano n. 1601/2016) secondo cui, nella fattispecie, i precedenti disciplinari evocati nella lettera di contestazione venivano in rilievo non come elementi costitutivi della condotta addebitata, bensì come “mere circostanze finalizzate all’apprezzamento della congruità e proporzionalità del provvedimento disciplinare”. Pertanto, le precedenti sanzioni disciplinari sono state prese in considerazione solo ai fini della valutazione della giusta causa di licenziamento.

Contestazione non necessaria dei precedenti disciplinari
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