Il dipendente non fumatore che abbia respirato fumo passivo per molti anni sul luogo di lavoro contraendo un tumore faringeo ha diritto al risarcimento del danno.

Nota a Cass. 9 gennaio 2019, n. 276

Kevin Puntillo

Il lavoratore che abbia prestato la propria attività lavorativa (per 14 anni) in locali insalubri, perché di ridotte dimensioni e saturi di fumo, così contraendo un tumore faringeo, diagnosticato dopo la cessazione del rapporto di lavoro (e dal quale era derivata una invalidità permanente quantificata nella misura del 40%) ha diritto al risarcimento del danno biologico.

L’affermazione è della Corte di Cassazione (9 gennaio 2019, n. 276) la quale:

a) precisa che il dipendente “era stato esposto in modo significativo all’inalazione di fumo passivo – riconosciuto, secondo le acquisizioni della scienza medica, quale causa di cancro delle vie aeree superiori – per circa quattordici anni e per una media di almeno sei ore al giorno; così indubbiamente fornendo positivo riscontro al quesito specifico formulato al riguardo”;

b) nel confermare la sentenza di merito (App. Messina 14 aprile 2014), rileva che è ravvisabile un vizio (denunciabile in sede di legittimità) della sentenza che abbia aderito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio solo “in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in una inammissibile critica del convincimento del giudice” (v. Cass. n. 1652/2012 e Cass. n. 4254/2009).

Risarcimento ad un lavoratore ammalatosi di tumore per aver lavorato in un ambiente saturo di fumo
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