L’invio dell’istanza tramite comunicazione di posta elettronica certificata, in formato pdf scansionato, non firmata digitalmente e non accompagnata da attestazione di conformità, è idonea a realizzare i requisiti di cui all’art. 410 c.p.c., con conseguente valida interruzione della decadenza di cui all’art. 6, L. n. 604/1966.

Nota a App. Milano 12 ottobre 2021

Gennaro Ilias Vigliotti

L’art. 410, co. 5, c.p.c., stabilisce che “la richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, é consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alia controparte”. Tale disposizione, interpretata alla luce delle regole che presidiano il ricorso a documenti di tipo digitale nei rapporti giuridici tra privati, ammetterebbe, secondo un indirizzo giurisprudenziale in consolidamento, di inviare l’istanza in formato “pdf” (anche scansionato dall’originale e non sottoscritto digitalmente) e tramite comunicazione di posta elettronica certificata.

L’art. 48 D.LGS. 7 marzo 2005, n. 82 (“Codice dell’amministrazione digitale”, di seguito “CAD”), infatti, così dispone: “La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con Ie Linee guida. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta”. La trasmissione tramite PEC può, quindi, considerarsi del tutto equipollente a quella effettuata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno.

Il principio appena esposto è stato di recente confermato da un’interessante sentenza della Corte d’Appello di Milano, resa il 12 ottobre 2021, nel fascicolo r.g. n. 956/2021, Presidente il Dott. Vitali, con la quale i giudici di secondo grado hanno definito una controversia sorta dal licenziamento per giusta causa intimato da una società cooperativa ad una propria dipendente. Quest’ultima aveva impugnato il recesso esperendo tentativo di conciliazione inviato ai soggetti interessati tramite comunicazione PEC del proprio avvocato ed allegando l’istanza autografa scansionata ed in formato “pdf”, non firmata digitalmente e non accompagnata da attestazione di conformità all’originale. Secondo l’azienda, tale circostanza avrebbe reso il tentativo di conciliazione esperito formalmente illegittimo, con la conseguenza che la lavoratrice non avrebbe interrotto la decadenza prevista dall’art. 6, L. n. 604/1966, con conseguente inammissibilità del ricorso.

La Corte d’Appello, confermando le decisioni di primo grado rese dal Tribunale di Busto Arsizio, ha respinto la lettura interpretativa fornita dalla Cooperativa. Secondo la Corte, infatti, ai sensi dell’art. 2719, c.c., “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”. Con specifico riguardo alle “copie informatiche di documenti analogici” – quale il formato “pdf” trasmesso mediante la PEC in esame – l’art. 22, co. 3, CAD stabilisce, a propria volta, che “le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non é espressamente disconosciuta”. Ai sensi delle disposizioni appena riportate, quindi, la mancata contestazione, da parte del datore di lavoro ricevente, della conformità della missiva in questione all’originale consente di ritenere la trasmissione della stessa tramite PEC idonea a produrre gli stessi effetti dell’invio del relativo supporto cartaceo tramite raccomandata, ai fini di cui all’art. 410, c.p.c. Né potrebbe la società, secondo i giudici d’appello, fondatamente lamentare che il disconoscimento sia stato precluso dalla mancata conoscenza dell’originale, essendo questo stato prodotto fin dal primo grado di giudizio senza contestazione alcuna da parte del datore di lavoro. L’efficacia della descritta modalità di invio trova ulteriore sostegno net pacifico raggiungimento del suo scopo, per consolidata giurisprudenza sanante di eventuali vizi di carattere formale (peraltro non riscontrabili nel caso di specie). Infatti, come sancito dal Supremo Collegio, “l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza di esso e determinato così il raggiungimento dello scopo legale” (Cass. 19 febbraio 2019, n. 4721; conf.  Cass. S.U. n. 7665/2016; Cass. 20625/2017; Cass. S.U. 10266/2018). L’applicazione delle disposizioni e del principio giurisprudenziale sopra richiamati al caso di specie consentono, in definitiva, di escludere che sia incorsa nella decadenza, eccepita in primo grado.

La richiesta del tentativo di conciliazione tramite comunicazione PEC
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