Le ore non lavorate a causa del lockdown non possono essere qualificate come permesso non retribuito.

Nota a Trib. Milano 2 marzo 2022, n. 568

Daniele Magris

La chiusura del luogo di espletamento della prestazione in ragione delle determinazioni governative assunte per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 non giustifica la trattenuta dallo stipendio di una somma a titolo di permessi non retribuiti per le ore non lavorate.

Lo afferma il Tribunale di Milano 2 marzo 2022, n 568, che accoglie il ricorso di un lavoratore (“operatore unico aeroportuale) il quale, posto che le attività produttive ed erogatrici di servizi italiane erano state sottoposte a chiusure nell’ambito del c.d. “lockdown” nazionale dovuto all’emergenza sanitaria da Covid–19, era stato impossibilitato a rendere la propria prestazione lavorativa in ragione dei provvedimenti emergenziali emanati nelle more della crisi epidemiologica e, per tale periodo, aveva subìto l’indebita trattenuta di € 658,35 lordi a titolo di “permessi non retribuiti.”

Il Tribunale, disattendendo la tesi datoriale rileva che, secondo la normativa emergenziale, il datore di lavoro avrebbe dovuto ricorrere prioritariamente a ferie, permessi retribuiti o congedi e che, qualora il lavoratore non ne disponesse, doveva utilizzare i trattamenti di integrazione salariale introdotti in via straordinaria in quel periodo. In nessun modo poteva imporre, invece, ore di permessi non retribuiti, che possono essere concessi solo su richiesta del lavoratore, com’è previsto per quelli sindacali o per motivi di studio.

Chiusura dell’azienda per lockdown e ore non lavorate
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